L'approdo sulle nostre terre di quelle persone distrutte dagli orrori di un interminabile viaggio e da ciò che le ha fatte fuggire dalle loro terre, case, famiglie o defunti è solo il sunto di un'odissea personale.
Uomini, donne, bambini, per questi ultimi e per molti di loro, neanche il conforto di un familiare perché viaggiano soli. La legge li aiuta appena toccano il suolo di arrivo ed è carico del primo comune, quello di approdo, gestirne la tutela. Essi vengono registrati, viene loro data accoglienza e conforto, e in seguito vengono smistati nei centri preposti per minori non accompagnati e sono fortunatamente diverse le associazioni riconosciute.
A questi minori si dà vitto, alloggio, si fa scuola e inserimento, oltre a una preparazione per quando arriveranno alla maggiore età e perderanno il privilegio dell'accoglienza dei giovani. È qua che molti di loro si perdono, trovandosi dall'oggi al domani fuori dagli schemi protettivi e, non avendo al contempo trovato una sistemazione lavorativa, cadono nelle mani della malavita organizzata e vengono sfruttati come corrieri e spacciatori di droga o incanalati nelle trame della prostituzione.
Bambini perduti, come perduti sono quelli che appena sbarcati, senza nemmeno venire registrati, vengono immediatamente dirottati nel sistema illegale con la scusa di un lavoro immediato, e purtroppo fanno la stessa fine. In altri casi si sfrutta la sovvenzione che lo stato offre per chi ospita i minori, 70 euro al giorno, per lucrare su di essi. Sono tante le maglie del sistema di accoglienza che ancora sono larghe, da regolamentare.
Sono necessari decreti a tutela, e soprattutto controllo, perché questi ragazzini costituiscono la nuova gioventù integrata a quella autoctona, costituiscono un potenziale umano grande. Le loro storie, raccontate molto bene da Luca Attanasio nel suo libro Il Bagaglio (Albeggi Edizioni), fanno venire i brividi: il tratto via mare è solo l'ultimo rispetto a un agghiacciante percorso attraverso i deserti, le frontiere, le milizie pronte a bloccarli.
Questi ragazzini fuggono perché i loro genitori sono stati uccisi, o perché la famiglia è perseguitata politicamente, o semplicemente sono mandati a cercare lavoro in Europa per sostentare la famiglia indigente. Questi piccoli esseri umani che partono bambini, giungono sulle nostre coste forzatamente uomini per ciò che hanno vissuto nel viaggio. Vengono stivati in modo inverosimile su jeep che attraversano il deserto e chi cade per mancanza di spazio non viene fatto risalire, rimane senza cibo né acqua a morire. Alle frontiere spesso vengono incarcerati per mesi, in stato di semi digiuno, picchiati, maltrattati; molti di loro maledicono il giorno in cui sono partiti ma ormai sono in cammino, devono arrivare in Italia. Si portano addosso il peso del debito che hanno nei confronti della famiglia che paga il loro viaggio che può arrivare a costare fino a 10.000 dollari e che la famiglia paga a step, mandando i soldi agli organizzatori dei viaggi, un tanto a raggiungimento di ogni frontiera.
Quanti bambini hanno visto amici, compagni di viaggio crollare, addirittura morire, hanno visto compagni obbligati a buttare in mare i più deboli per alleggerire il barcone. Sono cammini quasi paragonabili alle marce dei deportati dei campi di concentramento, dove chi cadeva veniva lasciato sul suolo in attesa della morte, o agli ebrei costretti a finire chi rimaneva vivo nelle camere a gas; così è per questi Cristi, soli e spaventati. Quando arrivano sono pronti a tutto, vogliono rendersi utili, lavorare essenzialmente, devono mandare i soldi a casa per ripagare il loro debito alla famiglia, fremono per questo e nel frattempo le pastoie burocratiche di una nazione che non è attrezzata per queste emergenze, che non ha sufficienti leggi, che non ha strutture adeguate, in sostanza che non sa bene come e cosa fare, li tiene in stand by, inoccupati, facendo aumentare il senso di inutilità della fuga fatta, di incapacità di assolvere alle aspettative della famiglia lontana, creando profondi sensi di colpa.
Cosa faremmo noi se fossero i nostri bambini? Tutti noi genitori sappiamo cosa vuol dire avere l'ansia verso un figlio che va lontano, oltretutto in questi casi con la consapevolezza che dovrà affrontare situazioni ad alto rischio, che non potrà comunicare e che potrà non essere aiutato. Sono minori, necessitano di tutela, devono essere protetti dagli abusi e dallo sfruttamento, sono figli di un unico mondo, insegniamo loro a costruirsi un futuro poiché questi ragazzi rappresentano un potenziale utile, un'energia da incanalare in positivo. Salviamoli per salvare noi stessi, la nostra coscienza.