Forgiò il suo animo di ferro, vivendo in un mondo tra il concreto e l’incantato. Ma chi era davvero il principe romano Massimo Gallio? L’accaduto iniziò da un fatto bizzarro in un mondo eroso dal tempo nella Roma del 260 a.C.

Un ladro malvagio - dopo essere stato messo al rogo - rinacque nelle carni di un bambino da poco partorito (un giovane principe) che vivrà rocambolescamente la sua sorte, in un’avventura tra la mitologia e la fantasia, tra la mezza verità e la mezza stravaganza. Una storia nella quale qualunque situazione, potrebbe degenerare in una faccenda rischiosa e turbolenta, all’interno di un realistico meccanismo di circostanze strambe. L’opera letteraria, ben congeniata sia nell’acume penetrante e sia nella lungimirante conclusione, s’ispira al romanzo di Valerio Massimo Manfredi: Alexandros. Il lettore sarà catapultato in un metaforico campo di battaglia, dove il rivale peggiore di tutti - la noia - sarà debellato in un conflitto privo d’armistizio.

Prima parte

Chi?
Tra un principe e una guardia pretoriana.
Che cosa?
Il principe aspetta una guardia pretoriana.
Perché?
Il principe ha affidato una missione alla guardia pretoriana.
Quando?
Nella antica Roma.
Dove?
Dentro un bagno turco.

Il principe Massimo era su una panca del bagno turco, avvolto da un asciugamano con il prezioso amuleto appeso al collo, baluginante nel bagliore delle torce accese. Al suo fianco vi era Flavio: il suo fidato braccio sinistro, la sua devota guardia pretoriana. Il principe Massimo, lo guardò, nell’aria nebulizzata della stanza e gli chiese:
“Novità su Cassius?”
Flavio guardandolo, scosse il capo, e replicò:
“Niente, nessuna!”
Poi, nell’istante seguente, aggiunse:
“La cosa non mi piace: troppo tempo è trascorso da quando è partito!”
Restarono a guardarsi per molto tempo in quello stato di completo rilassamento. Poi, un latrato alto e rabbioso, penetrò attraverso gli spessi muri del bagno: era il cane del principe; era Cesare. Entrambi - sia il principe, sia la guardia pretoriana - si guardarono l’un l’altro. Flavio si alzò incuriosito e guardò l’ingresso dicendo:
“Sarà meglio che vada a controllare.”
Il principe replicò:
“Abbaierà canzonacce alla luna.”
“Lo verificherò.”
Infine aggiunse:
“A questo servono le guardie, no?”

Massimo non rispose. Sapeva che non serviva a nulla farlo: conosceva con estrema scrupolosità la sua guardia pretoriana; era quello uno dei motivi per cui lo aveva scelto. Flavio con passo spedito si allontanò scomparendo tra le nuvolette di vapore biancastre. Quando uscì dalla stanza, lasciò il principe da solo. Dopo un breve periodo la porta dell’ingresso si spalancò di nuovo, e la sagoma di un uomo si disegnò nella coltre di nuvolette lattiginose.

Gli effetti ottici distorcenti (assai simili a quelli dei miraggi in pieno deserto) impedivano la chiara visuale della scena. L’uomo penetrato da fuori - perlustrò - con lo sguardo l’intera stanza offuscata. Nell’istante successivo scorse la figura del principe Massimo seduto sulla panca. Non perse altro tempo e si recò verso di lui. Quando arrivò a poca distanza da lui, si fermò a osservarlo in silenzio. Il principe Massimo impiegò pochi istanti, a riconoscere la figura dell’uomo di fronte a lui, quindi esordì sbalordito:
“Cassius...!”

L’uomo (Cassius?) sordo a quel nome, estrasse da sotto il mantello, un pugnale che sfavillò nell’aria rarefatta. Nella confusa mescolanza di sensazioni, il principe Massimo spostò lo sguardo dal volto dell’uomo allo scintillio del coltello, e gridò:
“Cassius, ma...!”

La sagoma dell’uomo (Cassius?) restò immobile nel silenzio. L’istante seguente parve amplificarsi all’infinito. Il cuore del principe prese a battere all’impazzata, e nel cupo rimbombo di quel tamtam impazzito, rimase vittima dello sberleffo della sua emozione: l’immobilità... l’odiosa, vecchia, scolorita immobilità. Poi l’uomo (Cassius?) sferrò una pugnalata al ventre del principe che con occhi velati dallo scompiglio emotivo, osservò il sangue fuoriuscire a fiotti dalla ferita. L’uomo (Cassius?) estrasse il pugnale dalla ferita e lo buttò a terra. Quindi fuggì dal bagno.

Dal giardino attorno al bagno turco - Flavio - alzò il capo nel buio. Aveva udito l’urlo agghiacciante, venir fuori dalle mura del bagno. All’inizio non comprese, né di chi fosse l’urlo, né che cosa dicesse, ma poi capì sia l’uno sia l’altra cosa. Quell’invocazione d’aiuto, quella voce piena di angoscia, apparteneva al principe che chiamava la sua guardia pretoriana: Cassius.

Flavio, perciò, agitato indirizzò lo sguardo alla porta del bagno e si precipitò all’ingresso. Quando arrivò lì vicino, mentre percorreva gli ultimi passi prima di varcare la soglia, la sua attenzione fu catturata dal profilo di un uomo in sella a un cavallo. Era Cassius. Flavio, con una sensazione di strano sbalordimento, afferrò in un istante tutte le strane confluenze degli eventi:

1- Sente Cesare abbaiare all'esterno del bagno;
2- Esce per verificarne il motivo;
3- Trova la carcassa di Cesare - morto - con la testa fracassata;
4- Sente in quell’attimo il principe gridare il nome ''Cassius, ma…!''.

Nel profondo si domanda con rapidità:

1- Cassius ha ucciso Cesare per farmi uscire dal bagno?
2- Cassius è entrato nel bagno quando sono uscito?
3- Cassius ha aggredito il principe?

Tutte quelle incertezze, quei dubbi sommergevano Flavio. Alla fine riuscì a trarsi in salvo, da quello scomodo momento, ricordando a se stesso quanto aveva detto al principe poco prima di uscire dal bagno turco:
“Lo verificherò: a questo servono le guardie, no?”
Flavio allora puntò alla sagoma di Cassius, incoccò una freccia nell’arco, e gridò a gran voce:
“Non muoverti Cassius, scendi da cavallo!”
Cassius disorientato replicò:
“Flavio sei ammattito tutto di colpo?”
Flavio con ferma risolutezza ripeté:
“Ti ho detto di scendere da cavallo. Adesso!”
L’ordine di Flavio echeggiò nella notte, come il fragore di un fulmine. Cassius lo guardò attraverso l’oscurità della notte stellata e comprese che era del tutto inutile, frapporsi fra lui e quella minaccia.

Anteprima del romanzo inedito Il principe e l’Amuleto magico di Dante Torrieri.