In pochi decenni la Cina è passata dall’essere una statica società rurale a una dinamica potenza globale che ha ospitato anche grandi eventi internazionali come le Olimpiadi del 2008 e il World Expo nel 2010. Questo eccezionale sviluppo ha avuto una risonanza globale tale da attirare grande attenzione anche sul mondo dell’arte contemporanea che, probabilmente facendo seguito a una visione occidentale dell’argomento, viene solitamente ridotto all’arte degli ultimi due decenni, caratterizzata da un diffuso atteggiamento di rifiuto e contestazione nei confronti della cultura ufficiale seguiti alla morte del presidente Mao avvenuta a metà anni ‘70.
Pensiamo all’azzeramento, basato su ironia e sarcasmo, di tutti i simboli più famosi dell’esperienza ideologica di Mao come nelle opere di Feng Mengbo, oppure all’ironia sul materialismo sfrenato che ormai definisce la società cinese contemporanea come nelle opere di Wang Qingsong. Lo scenario è comunque complesso e necessita di competenze specifiche. Ho così provato a capirne di più ponendo qualche domanda a uno dei più importanti esperti del settore a livello internazionale: Paul Gladston.
Negli ultimi anni le principali gallerie d’arte internazionale e alcune delle più importanti fiere d’arte hanno trovato una sede aggiuntiva in Cina, così mentre gli artisti cinesi a partire dagli anni ’90 e in misura più massiccia dagli anni 2000 entrano nel circuito del sistema dell’arte internazionale, il sistema dell’arte internazionale entra nel territorio cinese. Quanto è corretto parlare di “arte cinese” in quanto dotata di una propria autonomia (stilistica, concettuale, ecc.)? Oppure si tratta solo di un'eccezione geografica in quanto l’arte contemporanea è oramai un linguaggio internazionale globalizzato?
Non c’è una risposta “corretta” a questa domanda. Da un punto di vista accademico occidentale (occidentalizzato) contemporaneo saremmo portati a respingere l’idea ottocentesca di un’arte definita da confini culturali nazionali. La cosiddetta arte contemporanea (dangdai yishu) prodotta da artisti della Repubblica Popolare Cinese o che in essa ci lavorano è caratterizzata da intersezioni tra pensiero e pratica culturale “cinese” locale, modernista occidentalizzata, postmodernista e contemporanea. Ne è un esempio l’uso che fa Ai Weiwei di pratiche artistiche post-duchampiane per affrontare le circostanze economiche, politiche, sociali e culturali della RPC. Infatti molti artisti cinesi ora lavorano a livello internazionale – attraverso confini culturali nazionali. È anche possibile invertire la traiettoria di questa analisi per comprendere la natura culturalmente mista dell’arte modernista occidentale (o occidentalizzata), postmodernista e contemporanea.
La Cina ha influenzato in modo significativo la modernità culturale occidentale dal 18° secolo in poi. Per esempio l’inserimento del pensiero culturale e della pratica cinese come parte della formazione degli artisti statunitensi dalla fine del 19° secolo in poi ha influito sull’opera di numerosi artisti tra i quali Georgia O’Keefe, Agnes Martin e Brice Marden. In ogni caso è impossibile parlare di una categoria di arte contemporanea definita “cinese”. Potremmo infatti chiederci: quale Cina o Cina di chi? Le economie di produzione artistica, esposizione e ricezione nella RPC non hanno lo stesso significato. Ci sono differenze significative anche tra la Cina continentale e Hong Kong, Macao e Taiwan. L’arte moderna e contemporanea si è sviluppata in queste ultime tre località in anticipo rispetto alla Cina continentale e sotto differenti condizioni locali di tipo culturale, economico e politico. Inoltre non possiamo dimenticare l’arte prodotta in relazione alla diaspora cinese in tutto il mondo. Tutto ciò premesso, nelle RPC c’è l’attitudine a sostenere l’idea di una identità culturale specificamente cinese. Questo fa parte di una persistente resistenza anti-imperialista alle influenze culturali occidentali (o occidentalizzate) che ha caratterizzato lo sviluppo della modernità in Cina fin dai primi anni del 20° secolo.
Il recente sostegno del Partito Comunista Cinese all’arte contemporanea nella Cina continentale come parte della proiezione internazionale del “soft power” e dello sviluppo delle industrie creative della RPC è supportato da questo modo di pensare. Il Presidente della PRC, Xi Jimping ha ribadito l’idea di una cultura nazionale a sostegno degli obiettivi politici del PCC al Beijing Literature and Art Forum del 2014. Pur rifiutando posizioni nazional-culturali di questo tipo dobbiamo però riconoscere che l’arte contemporanea prodotta dagli artisti della grande Cina (RPC, Hong Kong, Macao e Taiwan) così come quella prodotta dalle comunità cinesi sparse per il mondo non è semplicemente una “copia” di modelli esistenti occidentali (occidentalizzati). L’assimilazione dell’arte occidentale (occidentalizzata) in Cina comporta sempre effetti di rifrazione dell’acquisizione culturale. Quindi rispondendo brevemente alla tua domanda, il mio punto di vista è no non esiste una forma di arte specificamente cinese – in senso nazional-culturale – ma esiste un’arte contemporanea prodotta in relazione alle differenti identità culturali cinesi e all’interno di differenti condizioni locali riferita e pensata come culturalmente cinese. Molti nella RPC potrebbero non essere d’accordo trovando la mia risposta sintomatica di una continua volontà imperialista occidentale di minare le basi di una identità cinese specifica. Il mio punto di vista non è diametralmente opposto rispetto a questo disaccordo. Per capire l’arte contemporanea cinese dobbiamo attraversare le diverse prospettive culturali che ho descritto senza rifiutare un titolo definitivo a favore di un altro.
Pensando al mondo dell’arte, come è cambiato in questi anni il rapporto tra Cina e mondo occidentale?
I cambiamenti più rilevanti hanno cominciato a rivelarsi durante i primi anni ‘90. Prima di allora l’arte moderna/contemporanea nella RPC era in larga parte locale, un fenomeno diretto all’interno. Lo sviluppo dell'arte moderna/contemporanea nella RPC era poco compreso dal mondo internazionale dell'arte (in gran parte lo è ancora). Durante i primi anni ‘90 un numero crescente di artisti ha lasciato la RPC per vivere e lavorare altrove, a volte per sfuggire alle restrizioni politiche ed economiche locali sulla produzione artistica imposte come parte della repressione post-Tienanmen e, talvolta, nell'ambito di programmi di trasferimento sponsorizzati dal governo. Questo ha portato artisti cinesi ad agire direttamente con il mondo dell'arte internazionale. I primi anni ‘90 hanno visto anche la nascita di un mercato locale per l'arte moderna/contemporanea della RPC, che nel corso degli ultimi due decenni è diventato sempre più sincronizzato con il mercato internazionale dell'arte.
Accanto a questi si è sviluppato in modo sempre più veloce un settore all’interno della RPC con musei e gallerie private internazionalmente orientati. Gli artisti provenienti dalla RPC hanno beneficiato degli aspetti della globalizzazione in termini di esposizione del loro lavoro a un pubblico locale e internazionale e, in alcuni casi, di prezzi elevati che le loro opere hanno ottenuto sul mercato internazionale dell'arte. La straordinaria fama mondiale di Ai Weiwei è sintomatica di questi sviluppi. Più di recente, le dichiarazioni supportate dal governo di una identità culturale specificamente cinese all'interno della Repubblica Popolare Cinese hanno portato a una resistenza all'impatto occidentalizzante della globalizzazione. Ciò è dimostrato dalla diffusione di modi tradizionali della pratica artistica come per esempio la cosiddetta pittura “New Ink”. Di conseguenza, c'è una tensione significativa tra la crescente internazionalizzazione del mondo dell'arte della RPC e il desiderio di mantenere una certa eccellenza culturale specifica. Va anche detto che, mentre i prezzi delle opere d'arte contemporanea di artisti provenienti dalla RPC sono aumentati in modo significativo dalla fine del millennio, al di là del caso specifico di Ai Weiwei l’arte cinese contemporanea non sempre è stata presa sul serio dal mondo dell'arte internazionale. Molti la vedono come priva di qualità e/o di senso critico.
Cosa manca all’arte occidentale che invece ha l’arte cinese e cosa manca all’arte cinese che invece ha l’arte occidentale?
La questione della “mancanza” è ingannevole. La mancanza suggerisce la possibilità di una sorta di pienezza e completezza. Non sono sicuro che si tratti di qualcosa del genere nel caso dell’arte contemporanea o qualsiasi altra cosa relativa a quest’argomento. Tralasciando questa osservazione, come ho appena detto c'è stata una tendenza a considerare da un punto di vista internazionale occidentalizzato l'arte cinese contemporanea come priva di qualità e/o di importanza critica. È stato certamente questo il caso della mostra The Revolution Continues: New Chinese Art alla Saatchi Gallery di Londra nel 2008-2009, che ha attirato recensioni molto negative. C’è stato anche un chiacchiericcio di fondo alla recente immissione della collezione di arte contemporanea cinese Uli Sigg a Hong Kong. Un'anteprima della collezione Sigg a Hong Kong quest'anno è stata ampiamente vista come priva di mordente critico. Questo è comprensibile data la crescente autorità che Pechino sta ora esercitando su una Hong Kong mentalmente democratica e politicamente recalcitrante.
Tuttavia, sembra rafforzare il senso persistente che l'arte contemporanea cinese è in qualche modo criticamente compromessa. L’effettivo silenziamento di Ai Weiwei all'interno della Repubblica Popolare Cinese dopo la sua detenzione aggiunge semplicemente l'impressione che la criticità dell’arte contemporanea cinese sia più o meno stata fatta deragliare da un assenso all’autorità politica. Ci sono artisti provenienti dalla Cina che hanno prodotto opere che corrispondono maggiormente alle aspettative tecniche del mondo dell'arte contemporanea internazionale; per esempio l'artista Huang Yongping di base a Parigi, che ha prodotto negli ultimi due decenni un corpo eterogeneo di installazioni museali tecnicamente ambiziose e altamente spettacolari, e, naturalmente, il regista/artista Yang Fudong. Tuttavia, queste e altre opere contemporanee di artisti provenienti dalla Cina mostrano spesso una apparente mancanza di attenzione alla rifinitura tecnica così come nella sofisticazione nell'uso formale dei linguaggi visivi.
L’arte contemporanea cinese può quindi apparire sia dal punto di vista critico che tecnico sotto tono. Probabilmente, entrambe queste mancanze sono apparenti da un punto di vista occidentale più che reale. Nell’arte contemporanea cinese c’è certamente una tendenza durevole a resistere a valori di produzione troppo scivolosi che in parte emergono in relazione al desiderio tradizionale Tao-confuciano alla spontaneità secondo “la via della natura”. C'è stata anche una tendenza a misurare il valore critico dell’arte cinese contemporanea in contesti del mondo dell'arte internazionale dal punto di vista delle visioni occidentali post-illuministe stabilite del rapporto critico tra arte e società, tralasciando in tal modo le differenze locali di quel rapporto nei contesti culturali cinesi.
Diversamente da un punto di vista culturale cinese che continua a dare grande importanza all’aspetto estetico, l’arte contemporanea occidentale sembra spesso priva di bellezza. Lo scorso anno ho curato insieme a Lynne Howarth-Gladston una mostra di video arte contemporanea da Shanghai e Hangzhou. Molti degli artisti coinvolti hanno affermato la necessità dell'arte di essere molto estetizzata per essere "arte". Questo non è qualcosa che risulta sempre condivisa in un contesto occidentale (occidentalizzato) post-duchampiano.
Paul Gladston insegna Teoria Critica e Culture Visive Contemporanee all’Università di Nottingham dove è direttore del Centre for Contemporary East-Asian Cultural Studies. È autore dei testi: Contemporary Art in Shanghai: Conversations with Seven Chinese Artists (2012), 'Avant-garde' Art Groups in China, 1979-1989 (2013), Deconstructing Contemporary Chinese Art: Selected Critical Writings 2007-2014 (2015) e Yu Youhan (2015). Contemporary Chinese Art: A Critical History è stato premiato come “migliore pubblicazione” al 9th annual Award of Art China (AAC) nel 2015.
Continua il 15 Luglio.