È quasi mezzogiorno a San Cristóbal de las Casas e il sole splende alto nel cielo con l'intento di spazzare via il gelo della notte precedente. Da qualche minuto sto aspettando il taxi collettivo che mi porterà il più vicino possibile alla meta, il CIDECI o Unitierra (conosciuta anche come Università zapatista).
Situata all'estremità orientale della città la comunità si snoda sulle pendici di una delle montagne che fanno da corollario alla città. Fuori dal finestrino le case vivacemente colorate vengono mano a mano sostituite da case sempre più rarefatte e precarie lungo una strada disseminata di buche di dimensioni apocalittiche. Il taxi giunge così alla fine della sua corsa che coincide con la fine della strada tuttavia praticabile e il giovane autista mi indica la direzione verso cui proseguire. Una decina di minuti e mi trovo di fronte all'entrata.
Mi affaccio e saluto un gruppo di ragazzi che prontamente salutano e si avvicinano aprendomi così le porte del CIDECI. La prima sensazione che mi colpisce è l'atmosfera di totale tranquillità che il posto trasmette, in totale dissonanza con il caotico vociare della periferia al di fuori del cancello d'entrata. Per poter ottenere l'autorizzazione a visitare il centro è necessario avere il permesso dal "dottore" che della comunità è una sorta di padre-direttore.
Giungo così alla dimora del "dottore" e aspetto. Dopo una breve attesa si avvicina un uomo (effettivamente con tutto l'aspetto di essere un dottore), mi saluta e mi chiede che cosa stia cercando. Rispondo che vorrei conoscere la scuola e le sue finalità e dopo alcune ulteriori domande sulla mia provenienza e intenzioni, mi viene concessa finalmente la possibilità di visitare la comunità a patto che una guida mi segua e mi accompagni nella visita. La mia guida sarà Santiago, un ragazzo sui vent'anni che appartiene alla comunità da circa cinque anni. Sembra sereno e trasmette un'aria di tranquillità poco comune a quell'età. Il tour comincia.
È come se stessi passeggiando in un paese perso nei secoli addietro, ogni costruzione ha il proprio scopo ben preciso, dalla mensa/cucina per arrivare ai vari laboratori dove si apprendono una serie di arti e mestieri funzionali alla crescita e al mantenimento della comunità. Passiamo accanto alla chiesa e dopo aver costeggiato la sala designata per i convegni arriviamo alla zona dell'insegnamento. Al momento i corsi attivi sono: panetteria, cucina, calzoleria, sartoria, meccanica, scrittura, falegnameria, carpenteria, disegno, decorazione, disegno architettonico, stampa, musica, medicina naturale, computer, elettronica.
La parte più esterna è invece riservata all'allevamento del bestiame e all'agricoltura. La stragrande maggioranza della produzione è votata al consumo interno, eccezione fatta per alcune produzioni animali destinate al mercato cittadino, che sommate alla produzione letteraria e alle donazioni di chi supporta la causa zapatista, formano il totale delle entrate della comunità.
La visita volge così al termine, un ultimo pensiero va al viso del ragazzo che mi accompagna, alla sua serenità salvata dal mondo della povertà o da una potenziale carriera nel narcotraffico, e mentre mi allontano si fa sempre più viva in me l'idea che forse sì, un altro mondo è possibile!
Testo di Matteo Bacigalupi