Fin da piccolo il guerriero aveva sempre combattuto. All'inizio combatteva per avere un pezzo di pane, o un paio di scarpe, ma col passare del tempo aveva capito che affinché tutti avessero sempre pane e scarpe doveva cambiare il mondo. Così cominciò a combattere per cambiare il mondo. Quando era stanco e spaventato voleva smettere di fare il guerriero, ma lui non aveva niente se non la sua spada e le sue bombe. A volte pensava che senza combattere sarebbe sparito nel nulla, perché solo così poteva affermare se stesso.
Capitava che in primavera si sentisse malinconico, allora sognava una vita del tutto diversa, piena di amore e tenerezza. Un giorno si arrischiò a sognare nel momento sbagliato e venne ridotto in fin di vita. Mentre soffriva a terra era sicuro che sarebbe morto, ma un giovane lo raccolse. Il giovane aveva occhi ridenti e capelli scuri come terra bagnata. Lo guarì anche se non gli piacevano i guerrieri, perché lui aiutava tutti. Il guerriero gli spiegò che tagliava gole e faceva esplodere corpi per rendere il mondo un posto migliore, ma il giovane ogni volta scuoteva la testa: “Le gole sono voci e i corpi esseri umani,” diceva. Pur provando per lui affetto sincero il guerriero rimaneva ciò che era sempre stato, decise dunque che avrebbe combattuto ancor più duramente: voleva donare un mondo felice al suo salvatore. Eppure il giovane curava coloro che lui feriva, piangeva se morivano. Il guerriero, che non ne comprendeva il motivo, finiva sempre per arrabbiarsi.
Il giovane aveva quattro fratelli minori, e per dare ai più piccoli la speranza di un futuro migliore decise di abbandonare la povera terra natia, che tanto odiava e amava: partirono per il mondo ricco e civile. Il guerriero sapeva che quel mondo non era poi così splendente: promise all'amico che avrebbe cambiato la loro terra, promise che l'avrebbe protetto, ma non riuscì a fermarlo. Per qualche tempo il guerriero continuò a vivere come sempre aveva fatto, ma non possedeva più il cuore aperto di una volta: non poteva, dopo aver imparato a combattere per le persone che amava, tornare a combattere per un ideale. La sua vita era svuotata di senso. Un giorno, sperando di ritrovare il suo amico, decise di partire.
Viaggiò a lungo e vide molte cose, ma nessuno era mai in grado di dirgli dove fosse il giovane. Aveva quasi dimenticato il suo viso quando gli parse di scorgerlo, una mattina, in un cantiere abbandonato. Mentre il cuore gli batteva fortissimo chiese agli zingari del posto: “Vive qui un giovane con quattro fratelli?”. Ma tutti scuotevano la testa. Il guerriero aveva quasi perduto la speranza, quando un uomo molto vecchio, dalla barba appuntita e vestito di stracci, gli si avvicinò: “Io posso portarti da lui,” propose con un luccichio negli occhi, “il tuo amico e i suoi fratelli lavorano nel cantiere, per vederli devi accettare di lavorare con loro”. Il guerriero non si fece pregare due volte: “Portami subito lì! Lavorerò!”, esclamò con le pupille mosse di gioia. “Seguimi,” disse l'altro, “devi firmare il contratto”.
I due giunsero in una casupola di cemento, vuota. Prima che il guerriero potesse rendersene conto, il vampiro barbone aveva affondato i denti bianchi nel suo collo dorato. Da vecchio che era il vampiro barbone mutò in giovane e bello: la pelle diafana era come strappata alla luna, le labbra scarlatte calde e pulsanti di sangue. Il guerriero venne infine condotto nel cuore del cantiere abbandonato, e lavorò, lavorò senza sosta. Più volte gli fu accanto il suo caro amico, ma i loro occhi sbiaditi non sapevano più riconoscersi.