Sono al pc in attesa del collegamento con Roma per intervistare un professionista della fotografia che si sta muovendo in campo internazionale e sta riscuotendo successo nella capitale italiana, rimanendo cosciente del fatto che la strada per il successo è comunque lunga. Ecco, finalmente sono collegato con Stefano Cocozza, riesco a sentire la sua voce in modo nitido e lui la mia, le immagini video sono un po’ troppo piccole per i miei gusti, ma va bene cosi… cominciamo con le nostre domande in uno stile radiofonico molto informale…
… Chi sei, da dove arrivi?
Mi chiamo Stefano Cocozza, classe '72, sono nato a Roma dove vivo con la mia splendida famiglia.
Bene Stefano, cosa hai fatto fino ad ora?
Il mio percorso fotografico parte da un ambito prettamente naturalistico. Grazie ai viaggi fotografici, a cui partecipo ogni anno, le mie foto naturalistiche si sono arricchite man mano di sentimenti, di popoli, di sguardi, di umori. Professionalmente ho fatto il docente, il relatore, il fotografo ufficiale per una nota agenzia che organizza eventi nel settore della moda e affini. Attualmente, dopo aver partecipato ad alcuni workshop fotografici di aggiornamento personale, faccio parte di DiaframmiAperti.it , gruppo nato per operare come fotografi nell’ambito delle cerimonie religiose, principalmente matrimoni e battesimi.
Come ti sei avvicinato all’arte, a cosa ti ispiri e cosa senti?
Vivendo in una città come Roma, sono circondato e sempre stimolato dall’arte. Fotograficamente parlando trovo ispirazione negli scatti di Steve McCurry. Artisticamente parlando sono sempre stato attratto dalla bellezza dei colori, delle forme, dai paesaggi e dai ritratti di Vincent Van Gogh. Ogni volta che impugno la reflex mi sento rilassato, la mente si svuota dai pensieri e problemi quotidiani, e ciò mi rende felice come solo la mia famiglia riesce a fare.
Ti definisci legato/a a qualche corrente artistica, a qualche stile contemporaneo, o ad altro?
No, seguo il mio istinto e miei sentimenti, cerco sempre di memorizzare nelle foto le emozioni mie e della gente.
… Una domanda difficile… Stefano, perché sei un’artista?
Forse perché riesco a emozionare le persone con le mie foto.
Quali preferisci tra le tue migliori opere?
Sono particolarmente legato a 3 scatti eseguiti in tre dei miei viaggi fotografici: The godly man, HOPE, The Elusive Woman. La prima, The godly man, è stata realizzata in Nepal, per la precisione alla grande Stupa di Boudhanath, in Kathmandu, prima del tremendo terremoto della primavera del 2015. Ne sono molto legato per il ricordo che ho di quei meravigliosi luoghi e per le splendide persone che ho conosciuto in quel paese. Mi ha colpito particolarmente la forza spirituale, di questo uomo, la sua faticosa postura e il bastone che lo aiutava a camminare attorno alla Stupa.
HOPE invece è legata alla meravigliosa esperienza di viaggio trascorsa nella capitale Leh in Ladakh. L’incontro con la madre e questo stupendo frugoletto è stato come un fulmine a ciel sereno. Dal “mei tai” che lo sosteneva sulla schiena della mamma, spuntavano solo questi occhietti pieni di voglia di vivere, curiosità, gioia e appunto "Speranza". Ho chiesto immediatamente alla mamma il permesso di eseguire lo scatto, la donna gentilmente e con un bellissimo sorriso ha concesso che lo realizzassi. Al momento è la foto che ho scelto come home page del mio sito personale.
The Elusive Woman è legata al mio sogno di sempre di visitare il Giappone. Il mito delle donne più elusive al mondo, le gheishe. Donne con straordinarie attitudini artistiche tra cui il canto, la danza e la musica. È emozionante poter assistere alle loro peripezie e corse, tra i turisti nel quartiere di Gion a Kyoto, per non farsi fermare e immortalare.
La tecnica, i colori, le scelte dei soggetti?
Le tecniche per riprendere i soggetti sono tra le più comuni, regola dei terzi, rapporto aurea, mosso creativo. Mi piace molto arrivare in un luogo e osservare per qualche minuto la vita che gira intorno ai soggetti, cogliere le sensazioni, osservare la gente locale e cercare di capire se in quel particolare luogo ci siano delle emozioni particolari da poter cogliere e immortalare. Per i colori scelgo sempre di riprodurre quelli che, nel momento in cui ho eseguito gli scatti, erano quelli che si presentavano davanti ai miei occhi grazie alla luce di quegli attimi. La scelta dei soggetti, a parte il bambino che è stato un incontro causale per le strade di Leh, di solito è sempre accurata e pazientemente attesa nei luoghi dello scatto. Ad esempio l’uomo alla Stupa di Kathmandu l’ho atteso a lungo, in quel luogo alle ultime luci del tramonto, come all’alba, è pieno di fedeli di tutte le età e classi sociali. Mi piaceva il luogo, tutti i colori del buddismo (bianco, nero, blu, rosso, giallo e verde), la luce giusta nel posto giusto, mancava solo il soggetto che alla fine dopo tanta attesa è arrivato.
Dove vorresti arrivare, come vedi il tuo futuro?
Mi piacerebbe molto poter leggere su qualche libro o rivista importante del settore qualche mio racconto fotografico. Per il futuro mi piacerebbe aprire un mio personale studio fotografico e passare la mia passione per l’arte fotografica a mia figlia e a mio figlio.
Cosa ti piace di te, come artista?
Di me mi piace molto la pazienza e la cura che cerco sempre di mettere nella realizzazione dello scatto.
Cosa non ti piace di te, da artista?
Ci sono tante di cose che non mi piacciono, forse quello che non mi piace di più è che in alcuni istanti mi lascio prendere troppo dal momento che sto vivendo e perdo qualche foto interessante.
Quale è stato il riconoscimento più gratificante?
Ad oggi sono due i momenti più gratificanti per la mia professione di fotografo. Il primo è stata la pubblicazione su di una rivista on-line specializzata in alta moda dei miei scatti eseguiti durante una sfilata di moda a Roma. Il secondo è stata la gratitudine ricevuta dai clienti alla consegna del materiale del primo matrimonio eseguito come DiaframmiAperti.
Per maggiori informazioni: www.stefanococozza.it