Le grandi biblioteche pubbliche talvolta sembrano quasi cinte d'assedio dagli invisibili eserciti di un nemico senza corpo e senza armi materiali. Se un magico sortilegio rendesse visibili le energie che si affollano nei programmi informatici e si compattano e si comprimono, disciplinati e strettissimi, nelle memorie dei computer, nei dischetti e in quelle voraci pennette che ci portiamo in tasca, potremmo trovarci di fronte a scenari d'apocalisse.
Immaginate un film di animazione, spettacolare e denso di effetti speciali, di quelli molto di moda. Un fantasioso sceneggiatore trasforma i misteriosi metadati in tanti guerrieri a metà strada tra eroi mitologici e combattenti di guerre stellari, che danno l'assalto a un'antica fortezza. È la fortezza del sapere abitata nei libri e difesa dai libri che si battono disperatamente dagli spalti e dalle torri del loro castello, opponendo coraggiosamente fragili pagine di carta alle micidiali armi dei soldati byte. Il combattimento appare subito impari, perché i libri sono stati traditi. Le fortezze del sapere si sono lasciate abbindolare da proditori infiltrati informatici che hanno introdotto il computer tra le loro mura, un tempo sicure e invalicabili, con il menzognero proponimento di alleviare le loro fatiche, come vero e proprio cavallo di Troia. E dai computer si sprigionano altri guerrieri byte che, come i furbissimi greci usciti nottetempo dalla pancia del cavallo di legno per invadere in ogni angolo la città di Troia, si spargono numerosi e imprendibili, veloci come le cavallette, tra le stanze monumentali, gli scaffali e i libri.
E mentre il combattimento infuria cruento all'esterno delle mura della biblioteca, le schiere dei combattenti byte che già sono all'interno vanno stanza per stanza, scaffale per scaffale, palchetto per palchetto a far prigionieri i volumi. La battaglia alla fine volge al termine; le mura sono prese d'assalto e abbattute; il fronte dei libri ormai è spaccato. Non resta che la resa. I combattenti byte, tracotanti e vittoriosi, imprigionano i libri. Li dispongono in file per deportarli verso un luogo di tortura che s’intravede alla fine di ogni stanza, dal quale provengono sinistri bagliori biancastri accompagnati da un lugubre e minaccioso sibilo. Uno per uno, implacabilmente, sono cacciati in una macchina di tortura, un mostruoso ordigno, sottoposti alla mortificazione della scansione: un caldo e un bagliore insopportabili e dolorosi, che sembrano non finire mai, con quel maledetto e assordante sibilo! Mesti e tristi, come vergini violentate da un’orda d’invasori, con le costole e le cuciture della rilegature ancora dolenti per l'impudica postura alla quale sono stati sottoposti negli scanner, vengono ricondotti ai loro palchetti, condannati a un futuro di perpetua immobilità, prigionieri a vita, per diventare – estrema mortificazione - tappezzeria policroma per qualche architetto che progetta percorsi turistici.
Resteranno per sempre lì, immobili, poveri libri, privati del loro immenso piacere di essere abbracciati per essere prelevati dagli scaffali, di essere accarezzati dalle mani dei lettori, di dispiegare le linee della scrittura sotto i loro occhi. Nelle ore di chiusura notturna si consoleranno raccontandosi l'uno con l'altro degli studenti, degli studiosi, dei curiosi che tra loro si sono aggirati. Saranno per sempre tormentati dal presentimento che quegli spazi potranno servire per chissà quale turistica fantasia e loro finiranno chissà dove. Leniranno la loro tristezza, come quella di alberi, sui cui rami gli uccelli non si fermano più, sostenendosi, comunque, con l'orgoglio di essere gli ultimi esemplari di una razza che la tecnologia moderna ha estinto.
Il film termina con l'ingresso trionfale del comandante dei guerrieri byte nella nuova Biblioteca Universale. È una stanza bianca e luminosa, senza finestre, stretta e lunga, attraversata dal leggero venticello dell'aria condizionata: al centro una fila nera di server pieno di spie luminose. A riceverlo ci sono le massime autorità del paese che inaugurano la nuova Biblioteca Universale, che contiene tutto e che sarà consultabile da tutti in tutto il mondo. I titoli di coda del film scorrono su una panoramica dei libri abbandonati, mentre va allegra e spensierata la musica del Ballo Excelsior, che, alla fine dell'Ottocento, celebrò trionfalmente il progresso rappresentato dall'elettricità, dal vapore e dai grandi trafori, che rendevano tutto più veloce.
Fantasie? Certo fantasie! I film e i romanzi sono fantasiosi, che qualche volta somigliano come certi sogni, premonitori. Jules Verne, in Parigi del XX secolo, del 1863, scrisse: “Tutti sapevano leggere, ma nessuno lo faceva più”. Anatole France, nel romanzo Sulla pietra bianca, del 1905, immaginò la presenza di reti per comunicare in tempo reale da un punto all'altro dell'oceano.
La biblioteca pubblica è qualcosa di più che una raccolta di dati o di libri. È ancora un luogo bello dove è bello stare, ricercare, leggere, scoprire e soprattutto incontrarsi. Più di ogni argomentazione può convincere una bellissima poesia di Charles Bukowsky dedicata alla Biblioteca Pubblica di Los Angeles, che lo scrittore frequentò abitualmente quando aveva sedici anni. Se ne citano alcuni versi in una traduzione che circola in rete. La vecchia biblioteca di Los Angeles continuava a essere la mia casa, la casa di molti altri vagabondi... Meraviglioso luogo, la biblioteca pubblica di Los Angeles fu una casa per chiunque avesse una casa d'inferno... La biblioteca mi evitò di finire suicida, di diventare uno scassinatore di banche, uno che picchia la moglie... Io ringrazio la mia buona sorte, e il mio cammino, ringrazio di aver incontrato quella biblioteca, quando ero giovane, e cercavo qualcosa cui afferrami, e non sembrava esserci molto.
Nella biblioteca ci saranno sempre i computer, i programmi e le reti, utili e indispensabili, gli uni e le altre. Facciamone uso, senza farci usare, per non trovarci nelle condizioni del film d'animazione che abbiamo immaginato, nel quale i terribili guerrieri byte conquistano e invadono i luoghi del sapere.