Ambasciatrice culturale a Chicago, città gemellata con Milano e membro della Loyola University di Chicago, in collaborazione con il Comune di Milano e la Regione Lombardia, Francesca Parvizyar ha ideato progetti e iniziative per promuovere nuovi giovani talenti nel campo della musica della poesia e del lavoro. Di origini ungheresi, ha fatto scoprire e riscoprire la magia della musica magiara, dal folklore a Bela Bartok, ai contemporanei.
Cosa vuole raccontarci di lei?
È difficile parlare di me, un po’ per pudore, un po’ perché non saprei da dove iniziare, ma anche per un carattere che a volte mi sembra “esagerato”, nel bene e nel male, forse perché risente del mio essere in parte palermitana e in parte mediorientale, e quindi non penso di essere adatta a descrivermi...
La sua immagine esteriore come “personaggio” e il suo sentire come “persona”
Una cosa mi sento di affermare, non sento uno stacco, una frattura, fra il mio essere “personaggio” e “persona”. Amo molto il mio lavoro, che mi impegna mente e cuore, devo “sentire” profondamente quello che faccio, altrimenti non riesco a dare il meglio. Quindi accade spesso, vorrei dire quasi sempre, che vita pubblica e privata si incontrino o si sovrappongano, senza che questo costituisca un problema. Chi mi conosce lo sa, ho una professionalità consolidata che mi permette di occuparmi di progetti complessi che richiedono grande attenzione e concentrazione, ma questo non soffoca la mia spontaneità, un’esuberanza che può travolgere, ma è anche una grande energia che mi fa affrontare le difficoltà più grandi e gli obiettivi più ambiziosi. Credo di essere un giusto “blend” di ragione e sentimento, che si traduce in creatività finalizzata al fare, al realizzare.
Si sente di raccontare il suo sogno?
I sogni sono tanti, sono una donna, sono una mamma, sono una professionista… Forse posso riunirli tutti in una unica aspirazione che sento profondamente e che cerco di ottenere in tutto quello che faccio. Una tensione all’armonia dentro e fuori di me, fatta di luce, di pace e benessere che ho cercato sempre in tutte le fasi della mia vita, e che a volte mette a dura prova questo mio carattere “esuberante”.
Per lei il piacere è…
Il piacere? Guardare i miei figli, un lavoro ben fatto, la musica che rapisce, un bagno caldo, un paio di Louboutin, una cena sfiziosa… La bellezza delle cose e dei momenti, anche piccoli, può essere molto voluttuosa.
La donna oggi: liberazione o integrazione?
Mi sembra che parlare di una “questione femminile” come liberazione o integrazione oggi sia riduttivo. La società del terzo Millennio è diversa da quella degli anni ’70, e sicuramente Milano è una bellissima piazza, piena di opportunità e di occasioni per tutti quelli che hanno qualcosa da esprimere e voglia di fare, siano uomini o donne. Credo che se qualcuno discrimina l’interlocutore perché donna sia solo uno stupido.
Il rapporto della donna con l’uomo contemporaneo: confronto o scontro?
Non credo di essere la prima a dire che i rapporti uomo/donna in questo momento sono un po’ squilibrati perché, se noi “ragazze” ci siamo appropriate felicemente della nostra vita anche a costo di fatica e sacrificio, al contrario penso che in Italia la maggioranza dei maschi contemporanei non si sia ancora abituata alla nostra indipendenza, e non abbia ancora imparato a confrontarsi con noi su un terreno di serena parità.
Sessualità, maternità, lavoro: tre fili che s’intrecciano, confliggono o si elidono?
Non è facile conciliare tutte le parti della mia vita, ma lo faccio in un mio modo un po’ creativo, che può sembrare un po’ folle. La verità è che non mi piace rinunciare a niente, ma di sicuro non farei mai niente che possa turbare la mia famiglia o danneggiare il mio lavoro.
La musica è poesia e la poesia è musica…
Musica è poesia, e poesia è musica. Entrambe si costruiscono con rigorosi rapporti matematici, eppure niente come una melodia o un verso può stimolare i sentimenti più profondi. Non è solo cultura, è vita.
Musica e poesia è anche un binomio che lei sta promuovendo con impegno e passione: ci descriva le sue iniziative in merito.
Gran parte dei progetti culturali che seguo sono dedicati in toto o per buona parte ai giovani. Non è giusto che i ragazzi di oggi rinuncino a un talento o a una passione per mancanza di mezzi e di possibilità. E’ un impegno cui tengo molto, ad esempio su mio progetto già da anni ormai Provincia di Milano e Comune di Milano conferiscono le borse di studio “Milano premia i giovani”, per sostenere i percorsi di crescita professionale dei giovani talenti milanesi nei campi della musica e della danza, della sommellerie e della cucina. E con il premio annuale “Primaveradellapoesia”, giunto alla sua terza edizione con il patrocinio degli Assessorati alla Cultura di Regione Lombardia e Comune di Milano e quest’anno anche Expo Milano 2015, ho voluto sostenere i giovani aspiranti poeti, anche con un risvolto sociale importante: un corso di scrittura creativa nelle carceri femminili grazie al Comune di Milano e all’Assessorato alle Politiche Sociali.
I suoi progetti sono rivolti in larga parte ai giovani: che rispondenza ha riscontrato alle sue iniziative?
La mia ricetta è composta da giusta intuizione e grande tenacia, con cui concepisco e realizzo iniziative premiate da istituzioni pubbliche e private che le sostengono e rendono possibili. Iniziative cui posso dare anche il respiro internazionale che meritano con il mio ruolo di ambasciatrice culturale a Chicago, città di cui quest’anno ho seguito le celebrazioni del 42esimo anniversario di gemellaggio con Milano, e di membro (l’unico non americano) del board del LUMA, Loyola University Museum of Art di Chicago.
È di origini ungheresi e sta facendo molto per promuovere la cultura e la musica magiara, come, ad esempio, lo straordinario restauro del pianoforte di Liszt del Museo della Scala: esiste una linea musicale ungherese, che dal folklore popolare porta fino a Bartok e Kodaly?
Il rapporto con l’Ungheria è molto speciale. Anni fa ho promosso il restauro del pianoforte di Liszt conservato al Museo Teatrale alla Scala, progetto molto emozionante che ho condotto a fianco di istituzioni pubbliche e sponsor privati. Quest’anno ho seguito le celebrazioni legate alla presenza dell’Ungheria a Expo 2015 con un calendario complesso e variegato: la presentazione del nuovo piano Boganyi, i concerti dentro e fuori Expo, il festival dell’Opera Contemporanea in Triennale, i cori di musica religiosa al Sacro Monte di Varese, la maratona di pianoforte accanto alla Palazzina Liberty e il concerto di chiusura alla Scala. La tradizione musicale ungherese è profonda e radicata, e ha espresso i grandi compositori che ne hanno contrassegnato la storia, fino a Bartok, Kodaly e Lajtha, quest’ultimo particolarmente attivo nel campo della musica folklorica ungherese, e più recentemente Selmeczi e Vajda. Non solo, in Ungheria ci sono ottime scuole che trasmettono questo DNA e formano artisti di altissimo livello.
Milano, i milanesi e la musica…
Credo che poche altre città al mondo possano vantare un pubblico attento, entusiasta, anche critico e comunque presente come Milano. E’ una città che viene definita “capitale” in molti sensi e contesti, la musica è senz’altro uno di questi. Basta pensare al numero di manifestazioni, concerti, locali in cui si suona ogni tipo di musica, dalla più tradizionale a quella più di avanguardia, per platee da stadio o pochi adepti. Milano ha una grande tradizione di accoglienza, anche per la musica è stata una seconda patria e ha dato il successo a molti compositori e artisti. Basti pensare alla Scala, che anche fuor di retorica è da sempre un sommo tempio della musica. Per la tradizione prestigiosa tuttora intatta, e per la formidabile “macchina”, un organismo vivo e pulsante che non può non affascinare e lasciare sopraffatti gli spettatori di tutto il mondo. Per me che ho vissuto di “pane e lirica” per anni, entrarci è sempre l’emozione più grande, non a caso tengo moltissimo ai miei eventi Waiting For, che sono proprio serate in omaggio alle più importanti opere che si tengono alla Scala.
Ci sveli gli angoli, gli ambienti, i monumenti milanesi che le sembrano più poetici e affascinanti…
Anche se non sono nata a Milano, mi sento profondamente milanese, e non potrebbe essere altrimenti: è Milano che mi ha adottata, con il suo fascino non privo di contrasti, le opportunità che mi ha offerto e che continua a propormi per mettere in gioco la mia creatività, la mia voglia di fare. E pur avendo l’allure della metropoli, mantiene sempre una dimensione molto calda nei quartieri, che sono come veri e propri villaggi dove la gente si conosce. Io ad esempio amo frequentare i locali delle zone dove abito e dove lavoro, il baretto all’angolo, i ristorantini, soprattutto quelli etnici, l’edicola sotto casa… in poco tempo tutti mi conoscono, riconoscono i miei figli, diventano come appendici di casa dove mi fermo anche se non ho bisogno di consumare o comprare niente. E’ un orizzonte sempre nuovo, perché io mi tuffo nei quartieri anche per poco, nei luoghi e nei periodi in cui avvengono i miei progetti, ma se scopro un locale o un negozio in cui mi trovo bene, ci torno appena posso.
È un’instancabile animatrice culturale, quali sono i suoi progetti per il futuro?
Amo sperimentare sempre cose nuove, dopo il grande impegno di Expo il sogno è di lavorare con le Nazioni Unite per scoprire talenti musicali nelle zone di guerra, dare una possibilità di emergere e di esprimersi a chi sembra non averne alcuna.