L'agente di viaggio mi aveva avvertito, ma il primo impatto coi beach boys in Kenya è davvero disarmante. Arrivano in spiaggia all'alba a decine dai villaggi vicini, e sbarcano il lunario cercando di vendere fino a notte fonda servizi, escursioni e artigianato locale. Non appena il turista esce dallo spazio protetto del suo albergo per avventurarsi sulla spiaggia, viene circondato da decine di giovani ragazzi che lo inseguono fino alla barriera corallina... e spesso tenta di fuggire in acqua approfittando della bassa marea. Se è il malcapitato è una donna la sorte è uguale, non mi risultano aggressioni, semmai seduzioni on the beach, alcune con esiti a lungo termine… Prima di esprimere giudizi sommari occorre tuttavia considerare che in Kenya le occasioni di lavoro sono pochissime e, tutto sommato, i ragazzi che cercano di guadagnarsi il pane senza entrare a far parte della feroce malavita locale vanno considerati con rispetto.
Ci sono due tipi di beach boys: quelli più professionali sono veri e propri procacciatori d'affari che lavorano su mandato delle locali agenzie di viaggio; propongono escursioni e sono autorizzati con tanto di tesserino rilasciato dalla polizia kenyana. Gli altri, cioè la stragrande maggioranza, vendono piccola bigiotteria e oggetti d'artigianato, e sono perseguitati quotidianamente dalla polizia. Parlano quasi tutti un discreto italiano e si fanno chiamare con improbabili nomi di attori, cantanti o calciatori: quasi tutti gli alberghi della zona di Watamu, Malindi, sono gestiti e frequentati da italiani che gradiscono di trovarsi a casa in ogni parte del mondo, in quanto noti per il loro spirito di adattabilità. Malindi è luogo di vacanza, e per alcuni di dimora, soprattutto di inglesi e tedeschi, entrambi cordialmente detestati dai beach boys perché, dicono, essere scontrosi e voler fare sempre di testa loro. Ma probabilmente per gli italiani ci saranno equivalenti. Il primo approccio col turista è, diciamo così, informativo: i ragazzi della spiaggia distinguono subito dal grado di abbronzatura quelli appena arrivati (i migliori potenziali clienti), e si fanno un'idea delle possibilità economiche da diversi indizi: tipo di fotocamera e abbigliamento, e soprattutto domande senza limite. Per avere conferma chiedono anche che mestiere fate e quanti figli avete, perché il numero dei figli è direttamente proporzionale ai regali che porterete a casa e che loro sperano di vendervi. Ma mica tutti gli italiani sono fessi. Ognuno può raccontare la storia che vuole, e loro stanno al gioco.
Da qui in poi le informazioni vengono passate l’uno all’altro, contando sulla buona fede dell’italiano medio, in modo che, tempo due giorni, tutti i beach boys della zona sapranno vita e miracoli del turista di turno. Passiamo quindi alla proposta d'affari: "Vi interessa un safari fotografico nello Tsavo East National Park?" Il vostro albergo certo lo propone, ma se l’organizza il "Dottore", vi darà la garanzia di avvistamento di ippopotami, coccodrilli e leoni e, con sovrapprezzo, anche di ghepardo. Volete un giornale italiano? Ve lo porta "Franco Nero", anche se di tre giorni prima! Volete visitare Malindi senza correre rischi di essere rapinati? Vi accompagna "Zucchero Fornaciari". Vi interessa un (falso) villaggio masai? Vi porta "Totti" che, guarda caso, sostiene di essere masai da parte di madre, anche se è di piccola statura.
Non rispondere e ignorarli è del tutto inutile perché continuano imperterriti con le loro proposte. Dare una piccola mancia sperando di toglierseli di torno è controproducente, poiché il gesto viene visto da tutti, con effetto moltiplicatore. La mia personale opinione è la seguente: meglio scegliere un beach boy tra quelli apparentemente più professionali che, appunto, sono autorizzati con tesserino. Dopo aver acquistato un'escursione, a prezzo peraltro ridotto del 30 o 40% rispetto a quello proposto dai tour operator, ci penserà lui a proteggervi dai suoi colleghi, anche se con risultati a volte discutibili.
E quindi come trovare un beach boy affidabile? Molti di loro hanno un sito internet e i loro servizi sono recensiti su diversi forum, ma la strada migliore è il passaparola. Dopo una settimana a Watamu tutti i turisti conoscono i nomi dei beach boys migliori. Rintracciarli in spiaggia è altrettanto facile. Basta chiedere di "Franco Nero" a uno qualunque di loro e dopo pochi minuti questi si materializza. Dopo aver superato la diffidenza e lo sconcerto iniziale ho acquistato diverse escursioni: mantengono ciò che promettono e sono simpaticissimi.
Testo di Tiberio Frascari (http://www.flickr.com/photos/tango-/collections/72157632083642005/)