La mostra Human dell’artista inglese Antony Gormley, curata da Sergio Risaliti e Arabella Natalini, vede riunite più di cento opere di Gormley nelle sale interne della palazzina, sui bastioni, sulle scalinate e le terrazze, occupando ogni lato della fortezza cinquecentesca con le sue straordinarie viste sulla città e le colline circostanti.
Come afferma Sergio Risaliti nel testo che accompagna la mostra: “fin dal titolo, Human, Gormley individua il suo orizzonte di riferimento culturale, l’Umanesimo, criticando le certezze ideologiche che hanno sostenuto l’arte occidentale. Entrando negli spazi del Forte di Belvedere egli ci ricorda che i secoli della magnificenza rinascimentale furono dominati anche da forze ostili alla dignità dell’uomo e che i ‘Principi’ furono capaci di cupa violenza e di calcolata persecuzione, spargendo terrore e fomentando discriminazione. Gormley assume su di sé il peso della grande tradizione dell’arte occidentale che ha attribuito alla scultura, e in particolare alla figura umana, una posizione privilegiata ponendo l’uomo – magnum miraculum – al centro di un sistema cosmologico matematicamente armonizzato nella geometria divina del cerchio, come in Vitruvio e Piero della Francesca”.
A Firenze nacque e si consolidò la fiducia nell’uomo e nelle sue possibilità, l’Umanesimo appunto che si contrappose alla visione religiosa del mondo. La visione scientifica ed economicistica del mondo contemporaneo, quella che oggi normalmente condividiamo, è comunque figlia di quella visione e di quella fiducia nell’uomo come centro dell’universo animato dalla cosiddetta humanitas cioè da quella voglia di conoscenza che distingue l’uomo dagli altri esseri viventi. Ma nel Novecento di quella visione abbiamo anche vissuto le accezioni negative e totalitariste che hanno cancellato qualsiasi residuo positivistico e di fiducia nel progresso dell’umanità richiedendo da parte di tutti una certa dose di criticità e riflessione sui governanti, sui processi organizzativi e burocratici e sulla regolazione più in generale della nostra vita.
È in quest’ottica che per esempio tra le opere in mostra va vista l’importante installazione Critical Mass, un “anti-monumento che evoca tutte le vittime del XX secolo”. L’opera è stata ideata originariamente nel 1995, per un vecchio deposito di tram a Vienna, ed era anche, per l’artista, un modo di “attivare l’intero edificio e farne un punto di riflessione su un momento buio della storia della Germania”. Collocata sulla terrazza inferiore del Forte di Belvedere, Critical Mass, acquisisce un nuovo significato nel confronto con la città rinascimentale, la storia dell’umanesimo e la continua e onnipresente relazione tra denaro e potere politico e militare. Gormley afferma: “Sul terrazzo più basso del Forte le 12 figure sono installate in senso lineare e progressivo dalla posizione fetale a quella assunta per osservare le stelle richiamando l’‘ascesa dell’uomo’. All’estremo opposto del terrazzo più basso si trova un ammasso confuso degli stessi corpi. Qui oggetti industriali in ferro sembrano abbandonati, ognuno dieci volte la densità relativa di un corpo umano vivente, riflettono la zona d’ombra che inevitabilmente accompagna ogni concetto del progresso umano, mettendo lo spettatore davanti ad un’immagine evocativa del conflitto del secolo scorso. Questa dialettica tra desiderio e abiezione è la tensione che sottende in modo capillare tutta la mostra”.
Human è una riflessione sull’uomo e sul suo destino partendo come abbiamo detto proprio dal periodo di centralità della figura umana, l’Umanesimo. Ma il termine “umano” richiama anche la capacità dell’uomo di provare certi sentimenti come la comprensione, la pietà, la benevolenza che soprattutto in un momento di crisi come quello attuale devono diventare il motore del nostro futuro prossimo in un mondo che crei continuamente differenze ma si riscopra capace di creare uguaglianze, identità, affinità.