Si è conclusa da poco al Tate Modern di Londra un’importante mostra dedicata all’artista sudafricana Marlene Dumas: The Image as Burden, realizzata in collaborazione con due grandi musei europei, la Fondation Beyeler di Basilea e lo Stedeljik Museum di Amsterdam. Dai primi schizzi ai ritratti più recenti e collage inediti, realizzati a partire dagli anni '70, quella del Tate Modern è sicuramente la più significativa retrospettiva realizzata in Europa.
La mostra prende il nome da un suo lavoro realizzato nel 1993, The image as Burden (L’immagine come fardello), che ritrae Greta Garbo, l’eroina morente del film Camille (1936), sorretta dal suo amato, Robert Taylor. Un dipinto chiave dove l'artista individua una viscerale connessione tra il soggetto del quadro e il pittore, che porta il peso stesso del proprio soggetto. The image as Burden è un’opera che indaga il rapporto tra l’artista e le immagini: la sfida di lavorare con figure che diventano opere d’arte, l'intimità coinvolta nel processo di creazione e il crollo dell’artista sotto la propria immagine pubblica. È proprio questo il fulcro del lavoro della Dumas, che non perde occasione per ricordare allo spettatore come la pittura sia solo un mezzo influenzato dalla relazione corporale con il soggetto. “La pittura è la prova della presenza del tocco umano" – dice la Dumas – " ...è la pelle di una superficie. Un dipinto non è una cartolina”.
Per chi non la conoscesse, Marlene Dumas è considerata dalla critica una delle più importanti artiste internazionali. Al pari di alcuni dei suoi predecessori, come Egon Schiele e Leon Golub, dei quali è possibile notare le influenze, è definita dalla critica come "pioniera della ritrattistica umana contemporanea", nonché una delle più autorevoli pittrici nel campo dell'arte iconografica e raffigurazione di nudi. In ognuno di questi lavori emerge un filo comune: la continua ricerca dell'artista relativamente al concetto di immagine nella società contemporanea. Un tentativo (spesso portato all'estremo) di indagare incessantemente sull'arte della raffigurazione con l'utilizzo di tecniche sempre nuove che infondono sconcerto e sorpresa nell'animo dell'osservatore moderno.
La Dumas nasce nel 1953 in Sudafrica dove studia Belle Arti all’Università di Città del Capo prima di stabilirsi nei Paesi Bassi, nel 1976. Durante gli anni di studio a Città del Capo, ha la possibilità di ammirare solo alcuni esempi di opere d'arte originali, affidandosi quindi a immagini e riproduzioni su libri e riviste per accedere all’arte europea. In questo periodo l’artista inizia ad esplorare e lottare con i limiti della rappresentazione e con la sperimentazione della ritrattistica, ma anche ad applicare solventi su magazine di moda al fine di distruggere deliberatamente le immagini raffigurate.
Le immagini hanno anche un altro importante significato per la Dumas. Sono infatti legate al tema di ingiustizia sociale e al periodo dell’anti-apartheid vissuto in Sud Africa durante quegli anni, alla prigionia di Nelson Mandela e al divieto d’utilizzo di ogni tipo di immagine che lo raffigurasse o che potesse simboleggiare la libertà. La televisione, infatti (e di conseguenza una diversa esposizione alle immagini), arriva in Sud Africa solo nel 1976, anno in cui l’apartheid viene dichiarato crimine internazionale. Gli anni dell’apartheid, così come il ruolo politico-sociale dell'arte, continueranno sempre a influenzare i temi dei lavori dell'artista. Nello stesso anno, il 1976, la Dumas decide di trasferirsi ad Amsterdam, dove inizia a studiare all’Ateliers ‘63 e comincia a lavorare con l'acquerello, dimostrando una passione per il disegno tradizionale e assaporando finalmente l'arte che aveva a lungo letto e ammirato sui libri.
Durante la sua carriera la Dumas esplora una serie di preoccupazioni artistiche formali come mezzo per spingere idee concettuali di rappresentazione. Nel 1991 inizia una serie di Portrait Heads (Ritratti di teste), di cui 111 vengono riunite su un pezzo di ardesia per formare l’opera Black Drawings (Disegni neri). È questo un tentativo di esplorare il nero come colore e l’inchiostro come mezzo. Pur non trascurando riferimenti al sistema politico razzista dell'apartheid in Sud Africa, la sua preoccupazione principale riguarda ciò che accade alla nostra concezione di individuo quando si è visti come parte di un gruppo.
Tra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, con la nascita della figlia Elena (1987), inizia una nuova serie di lavori. Un ciclo di opere riguarda lavori realizzati durante la gravidanza, dove a essere dipinte sono le trasformazioni del suo corpo. Un interesse all’esplorazione della maternità dunque, ma anche dei bambini e dell’infanzia. Tra i lavori più interessanti del periodo troviamo The First People, una serie di quattro tele dedicate ai neonati. Ogni dipinto è di grandi dimensioni (molte volte superiore alla grandezza naturale) e ciascuno è composto verticalmente. Le immagini dei neonati sono tutt’altro che idealizzate: i bambini sono poco attraenti, dei piccoli esseri con le dita nodose, ventri gonfi e la pelle rugosa. In The Painter (1994) una bimba guarda fuori dalla tela il suo spettatore con uno sguardo fermo e le mani sorprendentemente colorate. La Dumas elimina ogni riferimento alla fotografia originale, che mostra la figlia Elena in un giardino, ricoprendo lo sfondo con vernice e creando una figura estranea all'ambiente circostante e allo spettatore stesso. La mancanza di una vasta modellazione sul corpo, le gambe poco definite e i piedi inesistenti rendono la figura quasi un'apparizione.
Descrivere l’infanzia per molti artisti è spesso un mezzo per ritornare all'origine dei problemi e indagarli, per investigare i propri tumulti interiori, slegando queste figure dallo stereotipo dell’innocenza infantile che normalmente le riguarda. I corpi dei bambini per la Dumas sono spesso anonimi; il volto perde le sue caratteristiche di comunicazione tradizionale con il mondo, nascondendosi dietro un vestito, uno sguardo o un’espressione maliziosa.
Dopo varie personali, il 1995 è un anno importante per il percorso professionale dell'artista, grazie a due importanti esposizioni: la Biennale d’arte di Venezia, in rappresentanza del padiglione olandese, e un’importante mostra al Castello di Rivoli dove ha l’opportunità di costruire il suo lavoro su quello di Francis Bacon, altro indubbio punto di riferimento. Diversi percorsi dunque, che rivivono nelle opere contemporanee della Dumas, tra cui i ritratti dedicati a personalità celebri come Amy Winehouse o quelli di noti personaggi omosessuali, rappresentati in Great Men (2014) in risposta alla situazione politica ostile nei riguardi dell’omosessualità in Russia.
Sono questi lavori che ripercorrono la moltitudine di modi con i quali la Dumas si interroga sull’immagine all’interno della società contemporanea, spingendosi "oltre" con diverse tecniche di pittura e sorprendendo allo stesso tempo le aspettative dello spettatore moderno.