Quattro amici di Perugia uniti dallo studio e della passione per la musica che scelgono il genere indie rock da salotto, in armonia con la natura e non solo...
Come è nato il vostro gruppo?
Eravamo tre amici in cerca di un cantante: il destino ha voluto che ci imbattessimo invece in un violino, rimandendone folgorati.
Ognuno di voi oltre a suonare, fa un’altra professione, quale?
Eh eh..questo ce lo teniamo per noi..
I tratti distintivi di ciascuno, fisici, caratteriali e musicali e come questi si mischiano insieme armonicamente?
Siamo un gruppo ben assortito sotto ogni punto di vista, ma per fortuna essendo cresciuti assieme abbiamo coltivato di fondo uno stesso modo di vedere il mondo e di immaginare la felicità.
Avete o vi siete dati dei soprannomi o nomi d’arte?
Non siamo grandi amanti dei “personaggi”, musicali o meno, quindi non ci abbiamo mai pensato seriamente. In realtà siamo restii anche ad usare i nostri veri nomi, ritenendo This Harmony una sorta di entità impersonale.
Perché avete scelto questo nome per il gruppo, proprio “questa armonia” e non un’altra?
E’ vero che molti fraintendono il nome e vi chiamano “Disarmony”?
Il nostro nome intendeva giocare proprio su questa assonanza, quindi un po’ ce la siamo cercata. “This” aveva il sapore di una sorta di celebrazione di un equilibrio appena scoperto.
Cosa è per ognuno di voi l’armonia?
Sia in musica che nella vita, è forse quel momento speciale in cui ogni tensione si risolve, regalando una parentesi di pace.
Come e dove cercate l'ispirazione?
La composizione è per noi una sorta di ricerca, soprattutto da un punto di vista armonico, di qualcosa che sembra venire da lontano, come se fosse innato. Col tempo abbiamo cercato di affinare la nostra sensibilità e la capacità quindi di riconoscere la congiuntura anelata.
Fate qualcosa di scaramantico o di meditativo prima di entrare in scena e la timidezza vi ha mai giocato qualche brutto scherzo?
Purtroppo ogni contesto offre un pre concerto differente e raramente riusciamo a fare l’unica cosa che riteniamo indispendabile: rilassarci. L’emozione c’è sempre, ma per fortuna troviamo ogni volta il modo di cavarcela.
Perché spesso suonate seduti a terra e in Zerovolt, ovvero senza amplificazione acustica e cosa sono per voi rispettivamente il suono, lo spazio e la natura?
L’idea dello Zerovolt è nata dall’esigenza di vivere i nostri brani prescindendo dalle timbriche a cui eravamo abituati, potendo ridurre i brani all’essenziale e portare l’interpretazione ad un apice di morbidezza. È un set che richiede estremo silenzio e noi stessi in realtà ci siamo da subito seduti istintivamente a terra per sentirci meglio a vicenda. È difficile dire cosa rappresentino suono, spazio e natura per ognuno di noi, ma sicuramente il connubio dei tre elementi è un qualcosa di ideale e che ci mette d’accordo.
Il vostro concerto più bello e perché?
Gran parte dei nostri concerti ci coinvolge molto emotivamente, quindi abbiamo accumulato già tanti bei ricordi, ma sicuramente sotto certi aspetti l’apertura a Yann Tiersen di due anni fa, che ci ha permesso di confrontarci sia con un palco importante che con un pubblico ampio e selezionato, che si è dimostrato estremamente caloroso.
Un commento di un fan che vi è rimasto impresso e che vi rappresenta davvero e vi conferma che è giusto continuare sulla strada che avete scelto, perché è proprio quella che vi permette di essere capiti e apprezzati?
I commenti son fatti di parole e, pur essendo molto recettivi a qualsiasi spunto, preferiamo di gran lunga sapere che un ascoltatore si è commosso. Questa è forse la reazione che riteniamo più significativa: da un lato è la prova della forza della musica e dall’altro dell’essere riusciti a offrire un momento di raccoglimento.
Progetti futuri e cosa è il tempo per voi?
Attualmente siamo molto concentrati sull’organizzazione dell’uscita del nuovo disco, che è praticamenete ultimato. È un lavoro a cui teniamo molto, avendoci dedicato molta cura sia dal punto di vista compositivo che realizzativo. Anche se siamo vogliosi di proporlo al pubblico al più presto però, il tempo ci ha insegnato a difenderci dal tempo.
Avete un'etichetta e un'agenzia che vi segue?
Per tre anni abbondanti siamo stati seguiti dall’agenzia romana Martelive, che ci ha fatto crescere molto sotto vari aspetti. Poi la scelta di lanciarci nel vuoto in vista della pubblicazione del nostro prossimo lavoro. È un salto al rallenty e tecnicamente siamo ancora per aria.
Quanto è difficile ricavarsi uno spazio in Umbria e che rapporti avete con l’estero?
L’Umbria è in generale una regione generosa di spazio, ma musicalmente non ne abbiamo mai chiesto tanto, in quanto probabilmente non avrebbe neanche senso. Per quanto riguarda la nostra esperienza diventare una realtà di fatto del territorio è stato molto naturale e graduale: abbiamo sempre trattato gli spettacoli locali e il pubblico locale con un’attenzione e un affetto particolari e credo che siamo stati semplicemente ripagati. Per quanto riguarda l’estero abbiamo capito col tempo che può rappresentare una sorta di miraggio, almeno dal punto di vista qualitativo: da un punto di vista quantitativo invece sappiamo che c’è un mondo intero che potrebbe ascoltarci con le stesse orecchie di un italiano e questo ci invoglia a non accontentarci dei confini nazionali.
La canzone che vi rappresenta di più?
Il brano d’apertura del nuovo disco. È perlomeno quello che all’unanimità reputiamo l’episodio più bello della nostra produzione.
Con quale artista vi piacerebbe suonare e in quale location?
La natura di This Harmony non è molto incline alla collaborazione, anche se amiamo una moltitudine di artisti, per cui è difficile scegliere un nome in particolare. Per quanto riguarda la location invece non abbiamo dubbi: quelle naturalistiche sono le nostre preferite!
Cosa si intende per genere indie rock da salotto?
È un’espressione nata più con spirito provocatorio che altro, di fronte al bisogno di catalogazione presente nell’ambiente musicale: se proprio dovevamo avere un’etichetta preferivamo darcela da soli.
Cosa ne pensate di Umbria Jazz e in generale dei festival musicali della vostra regione?
Umbria Jazz e Rockin Umbria su tutti sono festival che apprezziamo, ritenedoli sia un’opportunità per vedere artisti di grande calibro che per divertirsi. Il festival che più ci piace e a cui più siamo legati è però Music for Sunset, a cui quest’anno partecipiamo per il terzo anno consecutivo.
Quanto è presente l'amore nelle vostre canzoni?
In quantità direttamente proporzionale a quello presente nell’ascoltatore.
Avete mai avuto degli screzi durante la creazione o la registrazione di un disco e se sì, come li avete risolti?
Il gruppo è come una famiglia e l’obiettivo è sempre quello di convivere nella maniera più democratica possibile. Per cui l’unico modo per andare avanti è quello di superare gli attriti costruttivamente, riuscendo anche a interpratare i cambiamenti dati dal tempo.
Da poco avete iniziato a suonare per qualche privato, che esperienza è stata? E vi piacerebbe ad esempio suonare ad un matrimonio? Io vi vedrei molto adatti...
Una volta abbiamo suonato al matrimonio di una persona a noi cara, sia in chiesa che all’aperitivo, ed è stato molto bello perchè abbiamo sia reinterpratato dei classici che creato del materiale per l’occasione. Ad ogni modo anche suonare per un privato non può che farci piacere.
Nella vostra pagina di fb sulle info c'è una frase di Kandinskij che si conclude con questo pensiero: "eppure ci sarà sempre qualcosa che la parola non può rendere compiutamente e che non è il superfluo, ma l'essenziale", dunque per voi tutta l'energia è racchiusa nelle note?
Decisamente sì, ma ciò non va inteso come discriminante verso lo strumento voce, quanto piuttosto verso il testo, che è un rafforzativo importante, ma troppo spesso anteposto alla musica.