Quando si nomina Trainspotting tutti, immancabilmente, pensano al film cult di Danny Boyle, che, grazie ai suoi bizzarri personaggi e alle sue tematiche controverse (droga, sesso, violenza, il tutto condito da una spruzzata di sana ironia), riuscì a ritagliarsi un posto speciale tra le pellicole anni 90. Chi di noi non ricorda l'allora esordiente Ewan McGregor nei panni del tossico Mark Renton, l'ossigenato Jonny Lee Miller in quelli di Sick Boy, e il buon Robert Carlyle in quelli del sociopatico Francis Begbie? Personaggi d'impatto, i loro, caratterizzati da un'assoluta mancanza di coscienza, dalla noia per la vita, da uno sfrenato egoismo, e, nondimeno, da una certa ironia.
Sembrerà strano, ma ancora oggi quello che non tutti sanno è che, prima di essere un film, Trainspotting è un romanzo; come spesso accade, la fama di una pellicola può precedere quella del libro da cui è tratta. Solo in pochissimi, però, sono a conoscenza del fatto che lo stesso autore del romanzo ha recitato nel film assieme ai personaggi che ha creato. Sì, perché Irvine Welsh, edimburghese verace e ormai scrittore affermato, aveva espressamente chiesto a Boyle di poter avere una piccola parte in Trainspotting. E fu accontentato; chi di voi non l'avesse mai visto in faccia, può ammirarlo nelle vesti dello spacciatore Mikey Forrester a inizio film.
Correva l'anno 1993 quando Trainspotting, il romanzo, fece la sua comparsa nelle librerie, e da allora di acqua sotto i ponti ne è passata. Welsh ha pubblicato più di dieci romanzi, si è trasferito a Miami, tiene corsi di scrittura creativa e si è sposato due volte. Se fosse stato per lui, probabilmente, Trainspotting non avrebbe mai visto la luce, e lui non sarebbe mai diventato quello che è oggi. Il romanzo non voleva essere altro che una catarsi legata al periodo di tossicodipendenza che l'autore aveva attraversato e la pubblicazione non era contemplata. Fu una sua amica a mandare il manoscritto alla casa editrice: l'editor rimase così colpito da contattare subito Welsh e dirgli di volerlo pubblicare a tutti i costi. Il suo stile era nuovo, sconosciuto, fuori dagli schemi: il mondo doveva scoprirlo.
L'uscita di Trainspotting fu accompagnata da numerose polemiche e da un certo sdegno, sia inerenti alle tematiche trattate, che alla forma in cui l'opera era stata scritta. La critica si divise così tra chi acclamava Welsh come autore geniale, capace di rompere con la tradizione narrativa, e chi lo riteneva incapace di saper scrivere.
Parlando strettamente di tematiche, non c'era nulla in Trainspotting di così scandaloso che non si potesse già leggere in autori quali Bret Easton Ellis o, addirittura, Charles Bukowski. Le droghe (tutte), la tossicodipendenza, l'alcol, il sesso sfrenato visti come modi per “scegliere di non scegliere”, tanto per citare Renton, erano stati già affrontati da molte altre penne prima di Welsh. A suscitare scalpore fu piuttosto il suo stile, la grammatica, il linguaggio con cui aveva scelto di esprimersi.
Chi non è avvezzo alla lettura di Irvine Welsh, ed è invece abituato a opere di narrativa classica quali Orgoglio e Pregiudizio, si troverà spiazzato, oserei dire sconvolto, di fronte alla sua prosa. Quasi impossibile da leggere in inglese, difficile da digerire perfino in italiano, il “cattivo ragazzo di Edimburgo” offre al lettore un'immersione totale e vivida nei sobborghi della sua città, quelli di Leith, e lo fa proprio attraverso il linguaggio dei suoi personaggi, tutti appartenenti alla working class scozzese. Se in alcuni romanzi (come in Skagboys) abbiamo un saltuario narratore onnisciente, educato e distaccato, a collegare le vicende dei protagonisti, il registro stilistico cambia drasticamente non appena si passi alla narrazione in prima persona.
Coloro che si imbarazzano facilmente davanti al turpiloquio, faranno meglio a evitare la lettura: la prosa welshiana è infatti intrisa di così tante parole ed espressioni colorite e sopra le righe, da disturbare (e far arrossire) il lettore più timido e meno spregiudicato. Il continuo slang, il dialetto scozzese, i neologismi, le forme grammaticali volutamente errate, le scene di sesso narrate senza troppi complimenti rendono la lettura pesante ma intrigante al tempo stesso.
L'impressione che a questo punto ci si potrebbe fare di Welsh è che sia un analfabeta, uno zotico, un maniaco sessuale, e che qualche folle abbia voluto pubblicarlo per provocare un mercato letterario saturo di buonismo. La verità, però, risiede su ben altre stelle: lo scrittore scozzese sa padroneggiare la sua penna alla perfezione e, quando vuole essere “educato”, ci riesce benissimo (basti pensare a Storie di una città, tre racconti dedicati a Edimburgo, scritti con A. McCall Smith e I. Rankin). Ma che motivo avrebbe di mettere in bocca a personaggi senza istruzione, irrispettosi e delinquenti un registro che non è il loro? Così il turpiloquio welshiano si configura come elemento caratterizzante e totalmente funzionale alla resa del contesto, ma soprattutto, dei personaggi; senza di esso nessuno di noi si ricorderebbe di Renton, di Sick Boy o di Begbie. E a questo proposito, conviene soffermarsi su una tecnica in cui Welsh è, a mio avviso, magistrale: far capire in pochissime righe chi sta parlando, senza dirlo esplicitamente.
Quasi tutti i suoi romanzi, tranne Il lercio e Tolleranza Zero, sono corali: non c'è un protagonista a prevalere su tutti (a differenza del film di Trainspotting, in cui emergeva Renton), semmai tutti sono allo stesso modo protagonisti. Nonostante una simile pluralità di personaggi a cui dare voce, Welsh riesce comunque a destreggiarsi bene, e in poco tempo, che si citi Sean Connery, o che si ripeta la parola “cazzo” ogni due congiunzioni, siamo sempre in grado di capire davanti a quale narratore ci troviamo.
Tornando alle tematiche, se c'è qualcosa che Irvine Welsh vuole fare attraverso i suoi romanzi, è farci respirare Edimburgo a pieni polmoni. La capitale scozzese è una presenza “ingombrante” nella sua bibliografia, al pari delle donne amate dai poeti del Dolce Stil Novo. È a Edimburgo che viene dedicata la sua attenzione, è lei la vera protagonista, nei suoi pro e nei suoi contro. Bisogna puntualizzare che, comunque, l'autore non si perde mai in descrizioni pedanti e sofisticate delle zone, degli edifici o delle strade. Quello che fa, piuttosto, è farci amare Edimburgo attraverso i caratteri e le abitudini dei suoi personaggi; ci porta in giro per la città, ci fa prendere il bus in Princes Street, ci fa camminare fino all'Holyrood Park, ci mostra Leith, ci accompagna per i pub dei sobborghi, o per i club del centro. L'amore che questo scrittore dimostra nei confronti della sua città natale è raro e sconfinato, e se leggerete uno o più dei suoi libri non vi servirà alcuna guida turistica qualora vogliate visitare Edimburgo.
Per concludere, a inizio articolo abbiamo detto che quando si parla di Trainspotting si pensa inevitabilmente al film. Allo stesso modo, chiunque conosca il romanzo di Trainspotting pensa inevitabilmente a Welsh. Devo però ammettere che per quanto trovi Trainspotting un romanzo unico nel suo genere, e per quanto l'abbia sicuramente apprezzato, non lo giudico come il migliore, forse a causa della sua genuina immaturità. A detta di molti, il vero capolavoro di Welsh è probabilmente Colla, anch'esso romanzo corale, per certi versi simile a Trainspotting.
Una storia incentrata sui legami (come da titolo), in cui i protagonisti fanno capire che, nella vita, nonostante le continue avversità, i diversi percorsi di crescita e gli immancabili dolori, non rimangono che gli affetti, quelli veri, che nessuna pasticca o dose potranno mai sostituire. Fra i quattro protagonisti spicca sicuramente Terry Lawson, alias “Gas Terry”, impenitente donnaiolo nel giro delle bibite gassate. Il suo è un personaggio molto amato, non solo dai lettori, ma evidentemente anche dallo stesso Welsh, dal momento che lo farà tornare spesso nella sua produzione letteraria: in Porno, accanto Sick Boy, in qualche racconto breve, e infine come protagonista assoluto del suo ultimo romanzo, Godetevi la corsa. Un titolo che la dice lunga: una filosofia di vita, quella di Terry, ma soprattutto un consiglio spassionato che Irvine Welsh rivolge a tutti coloro che amano leggerlo.