Cinquanta chilometri a nord-est di Kota Kinabalu, la capitale del Sabah, s’innalza il Low’s Peak del monte Kinabalu, la vetta più elevata di tutto il Sud-est asiatico (4101 m), circondata da una dozzina di altri picchi che, come denti aguzzi rivolti verso il cielo, compongono un’enorme bocca rocciosa formatasi nell’ultima era glaciale (terminata 10.000 anni fa) e ritenuta sacra dagli indigeni quale dimora temporanea dei trapassati in attesa di salire al cielo. Si dice che l’origine del nome derivi dall’espressione dei Dayak Dusun “Aki Nabalu” (“luogo sacro dei morti”). Ancora oggi, una volta all’anno, i sacerdoti Dusun si recano nei pressi della sommità per dedicare agli spiriti della montagna il sacrificio di sette galline bianche. Il monte occupa la parte centrale del Kinabalu National Park, il parco più visitato dell’isola, ricoperto da una lussureggiante foresta tropicale che si estende per un’area complessiva di 754 kmq. E’ considerata una delle cime più facili da scalare del pianeta tanto che folti gruppi di turisti di tutte le nazionalità salgono ogni giorno le sue pendici che nascondono una sorprendente biodiversità caratterizzata da più di 1500 varietà di orchidee, 27 di rododendri, 9 di piante carnivore nepenthes o pitcher, 450 di felci, le giganti e parassitiche rafflesia (a Poring), oltre a 300 tipi di volatili, cervi, cinghiali, scimmie, scoiattoli, serpenti e infinite altre forme animali e vegetali; più della metà delle specie che crescono oltre i 900 metri sono endemiche. Un paradiso per botanici e naturalisti, dichiarato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco nell’anno 2000. Il parco è ottimamente organizzato con varie possibilità di alloggio alle diverse altitudini, due ristoranti, un paio di negozi con cibi, souvenir e un eliporto da utilizzare in caso di necessità. Molti degli oltre 200mila visitatori che ogni anno affollano il parco, giungono fin qui semplicemente per il clima, ideale per la villeggiatura ma, solo il 15% scala il monte.

Come arrivare al parco

Per i viaggiatori solitari raggiungere il parco è semplice: basta recarsi al bus terminal di Kota Kinabalu (KK, amichevolmente detta key-key), salire sul primo pulmino o autobus diretto a Ranau o Sandakan e scendere dopo 83 km, all’ingresso. Le partenze dalla capitale KK iniziano dalle 7.30 e si susseguono durante l’arco del giorno; il viaggio dura un paio d’ore su strada di montagna stretta ma asfaltata. I bus sono confortevoli, la spesa minima e scegliere la compagnia non è difficili perché sono tutte abbastanza simili. E’ utile però ricordare che l’ultimo autobus da KK parte alle 20 e arriva proprio al limite poiché la reception del parco chiude alle 22. Per non rischiare di dormire al freddo, è necessario telefonare per chiedere d’aspettarvi. Da Sandakan (303 km) al parco, invece, occorrono 6 ore. Per il ritorno alla capitale, dalla fermata a lato della reception i minivan partono ogni mattina alle 8. Auto fuoristrada, piccoli aerei ed elicotteri sono disponibili per il noleggio. Se vi trovate a Ranau, provenienti da Poring, e avete fretta di arrivare al quartier generale del parco (22 km), per il passaggio in taxi chiedono una ventina di euro. Esiste, tuttavia, un servizio di pulmini per turisti (i minivan pubblici non ci sono più), che operano tra il parco, le terme di Poring e il Mesilau Nature Resort. Dal parco a Poring, o viceversa, si pagano 20 euro per il noleggio del mezzo (1-6 persone); per ogni passeggero in più si deve corrispondere un extra. Per/da Mesilau, stesso sistema e costo.

Prenotazioni, permessi e possibilità di sistemazione

Gli alloggi e i rifugi all’interno del parco, devono essere prenotati con largo anticipo presso il Sutera Sanctuary Lodges Reservation Clerk [1], vicino alla Trekkers Lodge Guesthouse. In questa sede si stabilisce la durata della permanenza e si paga anticipatamente l’ingresso al parco e il tipo d’alloggio desiderato, mentre per il permesso alla scalata sul monte (vedi di seguito) e tutto il resto si stabilisce sul posto. Diversi turisti pensano di cautelarsi con una telefonata ma finché non si paga niente è confermato. Gli alloggi all’interno del Kinabalu Park (come quelli alle terme di Poring) non si possono prenotare al quartier generale del parco stesso, è inutile quindi presentarsi direttamente alla reception senza alcuna preventiva prenotazione e non rimarrebbe che riparare in qualche hotel di Ranau.

Per il pernottamento si può contare su diversi tipi di sistemazione, molto confortevoli con riscaldamento e cucine attrezzate, ma spesso al completo; esclusi gli ostelli, tutte le altre sistemazioni aumentano le proprie tariffe del 30% durante i weekend, i giorni festivi e nei periodi di vacanze scolastiche, mentre il 5% di tasse governative è generale. Gli alloggi più a buon mercato sono i due ostelli: l’Old Fellowship Youth, con camerate da dieci letti per a persona, e il vicino New Fellowship Youth, dove trovano posto 52 letti a castello per il medesimo prezzo (2). I ragazzi con meno di 18 anni pagano solo 2 euro a testa. Entrambi gli ostelli hanno la cucina in comune e la veranda rivolta verso la spettacolare cima del Kinabalu, nubi permettendo. Nelle notti più gelide (9-13°C), coperte extra sono facilmente disponibili a richiesta.

Sul lato opposto della strada asfaltata (Jalan Kambarangoh o anche Power Station Road), si possono trovare, allineati, chalet e cabine. Gli chalet con due camere doppie, e ampie vetrate, costano (4) e aumentano nei fine settimana e nei giorni festivi. Le cabine sono invece di diverse tipologie: casetta singola deluxe o a due piani per 6 persone (4); casette esagonali in cemento o “twin-beds cabin”, con letti a una piazza e, in parte, sprovviste di riscaldamento e cucina (2), “annex room”, stanze per 4 persone annesse all’edificio amministrativo (3). Nel lussuoso Kinabalu Lodge, lo chalet per 8 persone e quello a 2 piani, per 7 persone, superano i 100 euro; a un piano solo, per 5 persone, costa un po’ meno. Chi viaggia in coppia, una soluzione più conveniente del lodge rimane il bungalow a due letti (3). Al Nepenthes Villa si paga (5) per ogni “villa” (4-6 persone).

Rifugi

Il percorso che conduce alla vetta è costellato di rifugi, chiamati hat (“capanne”), perlopiù confortevoli costruzioni in legno e cemento col tetto in alluminio, fornite di luce elettrica e arredate con letti e stufe per riscaldare e cucinare: Kambarangah (2286 m) con 10 posti letto; Old Carson Camp (2713 m), 12 letti; Panar Laban (3344 m), 12 letti; Guntin Lagadan (3350 m), 44 letti; Waras (3350 m), 12 letti; Sayat Sayat (3800 m), bivacco in lamiera con 10 posti letto. Tra queste spicca il bianco edificio a tre piani del Laban Rata Resthouse [2] a 3272 m, che ospita 54 letti. Il costo nelle hat è di pochi euro, nella resthouse se ne spendono invece 10 a persona per una notte di sosta che in genere è sufficiente. Gli studenti provvisti di carta ottengono il 50% di sconto. I rifugi sono forniti di sacchi a pelo; meglio non dimenticare qualche indumento pesante per il freddo e tenete presente che piove spesso.

Dove mangiare

Ci sono due ristoranti, chiamati canteen, e in entrambi servono specialità cinesi, malesi e occidentali. Il Kinabalu Balsam, vicino alla reception, è il più frequentato per la terrazza panoramica e i prezzi più accessibili. La sua specialità è il linogu beef servito con chilli padi (“piccantissimo”). L’altro ristorante, il Liwagu Restoran, si trova nell’edificio amministrativo e ha una scelta di piatti maggiore. L’ambiente è rilassante, con sottofondo musicale e con l’appartata “fern room” riservata alle tavolate speciali. Entrambi aprono alle 6 e chiudono alle 22 e sono gestiti dalla Sutera Lodges. Il luogo di ristoro più conveniente, però, si trova subito fuori dal parco, dall’altro lato della strada. Si mangia bene ed è molto più economico di quelli situati all’interno del parco. Nell’androne dello stesso stabile, un negozio con alimentari (frutta sciroppata, cioccolato o biscotti), sigarette, alcolici e qualche souvenir. Una terza cantina è nella Laban Rata Resthouse, lungo il tragitto a oltre 3000 metri, ma la cucina è aperta solo dalle 2 alle 3 di notte per gli escursionisti che si avviano a vedere l’alba sulla vetta. Coloro che intendono prepararsi il cibo nei propri ostelli o chalet, tutti attrezzati con stufa, elettricità, acqua corrente e legna da ardere, dovranno giungere al campo con la spesa già fatta; il cibo del negozio è più indicato per le escursioni.

La scalata al monte

Prima di accedere alla vetta del Kinabalu occorre acquistare alla reception, posta all’ingresso del parco, il “climbing permit”, una specie di biglietto d’ingresso al Low’s Peak, fare l’assicurazione obbligatoria, pagare il passaggio in auto per la Power Station e infine prenotare la guida, considerando che il biglietto collettivo costa meno in rapporto al numero delle persone: fino a 4 persone ha un prezzo fisso, poi aumenta per ogni individuo extra. La tariffa del portatore, facoltativo per chi desidera fare la scalata senza zaino, è valutata in cifra per un peso di 10 chili fino a Panar Laban, mentre per la cima il prezzo aumenta. Meglio non attendere l’ultimo minuto per sbrigare queste procedure, perché solitamente c’è un po’ di fila. I bagagli superflui si possono lasciare in un’apposita stanza, il servizio è gratuito. Per vivere l’esperienza nel modo più consapevole, nell’edificio amministrativo ogni giorno alle 14 fanno lezioni gratuite di trekking e proiettano diapositive che illustrano il percorso e la straordinaria ricchezza animale e vegetale presente nel parco. Vengono inoltre dati suggerimenti sull’abbigliamento più idoneo che in genere consiste in un paio scarpe da ginnastica, maglione e giacca a vento impermeabile, bottiglie d’acqua, torcia, guanti, cappello, un paio di medicine e qualche alimento ricco di glucosio. Si consiglia inoltre un cambio di abiti dentro a una busta di plastica, per evitare che ci si bagni in caso di pioggia.

L’escursione

Il normale programma di escursione alla cima del monte Kinabalu (9 km) prevede 7-8 ore di marcia in salita, una tappa intermedia per la notte a Panar Laban, e 4 di discesa per un totale di circa 30 ore: partenza alle 7.30 e ritorno verso le 13 del giorno successivo. Lo scopo è quello di trovarsi sul Low’s Peak quando il sole sorgerà all’orizzonte. Volendo è possibile completare l’andata e il ritorno in giornata, ma sono in pochi a farlo perché, oltre alla fatica, l’impresa ha un valore in quanto offre una vasta gamma di immagini e sensazioni che, nella fretta, si sprecherebbero anche se, il record del percorso di andata e ritorno, registrato durante la competizione annuale dell’International Climbathon, appartiene a un militare nepalese Gurkha ed è di sole 2 ore e 42 minuti. Dalla Power Station, le tappe d’avvicinamento alla vetta sono posizionate a intervalli che variano di 1-2 ore di tranquillo cammino: Kambarang Telekom Station, Layang Layang, Pakka Cave, Panar Laban, Sayat Sayat, Low’s Peak.

Dal quartier generale al campo base di Panar Laban

Dal quartier generale (1588 m) si parte alle 7.30; in genere si usa il pulmino per risparmiare circa un’ora di marcia priva d’interesse fino alla Power Station (1880 m), distante 4 km. La pendenza si accentua subito dopo il Timpophon Gate, l’arco d’ingresso al monte, e nonostante il sentiero sia facilitato da scalini artefatti con rami d’albero e corrimano, rimane una salita decisamente faticosa. Fortunatamente le guide si fermano abbastanza spesso per indicare le particolari bellezze naturali del percorso e inoltre esistono diverse fonti sorgive e aree opportunamente costruite per consentire brevi soste. Una corda al lato del sentiero consente di aiutarsi nei punti più critici. La cosa più sorprendente è il passaggio, in mezza giornata di cammino, attraverso quattro eco-sistemi diversi: dal paesaggio tropicale agli scenari alpini. Salendo la vegetazione gradatamente cambia forma, si abbassa e si dirada fino a scomparire. Il concetto di equatore qui viene ribaltato e i boschi di conifere, l’aria fresca, gli scoiattoli che si rincorrono sugli alberi ricordano piuttosto il nord Europa o il Canada. A completare il quadro ci sono anche gli scoiattoli che, scendendo velocemente da ogni ramo, non disdegnano di mangiare direttamente dalle mani dei turisti.

Attorno alle 13, dopo 5 ore di trekking, si giunge al campo base di Panar Laban (3344 m) accolti da un grandioso scenario di massi granitici che dominano sulla Laban Rata Resthouse. Qui termina la vegetazione, la cima della montagna sembra a due passi e verso valle si gode un’ampia veduta. La cantina prepara cibi semplici e bevande calde. I prezzi sono maggiorati rispetto alla power station ma è giustificato dal fatto che tutta la merce viene portata in cima “a mano”. Nelle giornate soleggiate infatti, non è difficile imbattersi in esili donne anziane che portano 20 kg di provviste ciascuna fino al campo base. Se comunque volete risparmiare, si possono acquistare solo bicchieri di acqua bollente, nei quali i turisti più organizzati inseriscono bustine di thè portate da casa e spesso per la cena ognuno si arrangia con cibi semplici (sandwich al formaggio, biscotti, cioccolato, noccioline). Importante che siano cibi calorici e, se portati da valle, anche molto leggeri! Durante la salita, soprattutto se non si è allenati, è necessario ridurre al minimo il peso dello zaino. Per dissetarsi a piacere, nei pressi della casa scorre un limpido ruscello. Col buio la temperatura scende notevolmente e, volendo, si può accendere la stufa del capiente ostello. La nottata nel campo base inizia molto presto, alcuni turisti vanno a dormire già alle 19. Comunque non è difficile prendere sonno, le ore di trekking cominciano a farsi sentire. Chi non è abituato a queste altezze può avvertire il “mal di montagna” e faticare a fare anche il minimo movimento, fosse anche salire sul letto a castello.

La cima

Il secondo giorno di scalata inizia molto presto: il risveglio è previsto per le 2, si consuma la colazione al ristorante della resthouse e alle 3 si riprende la marcia verso la vetta ormai vicina. Il percorso è caratterizzato in parte da scalini rocciosi, ma bisogna fare ugualmente attenzione perché sono spesso ripidi e scivolosi e il fascio di luce della torcia penetra nel buio più totale. Mentre ci si incammina vale la pena girarsi di tanto in tanto per osservare il resto della spedizione, che appare come una splendida fiaccolata notturna e il tutto assume un’atmosfera decisamente fuori dal comune. In un’ora si giunge alla baracca-rifugio di Sayat Sayat (nome locale per indicare il Leptospermum, un fiore d’alta quota di colore bianco), dove gli addetti del parco hanno il compito di annotare i passaggi di tutti gli escursionisti. Al ritorno tutti i nomi verranno “spuntati”; in tal modo si è ragionevolmente sicuri che nessuno si è attardato nella discesa o si è perso, nonostante lo sguardo vigile delle guide. La salita si presenta impegnativa solo se si soffre l’altitudine. L’aria è povera di ossigeno ed è necessario fermarsi ripetutamente e aspettare che i battiti cardiaci, schizzati a 150 in pochi minuti, tornino alla normalità. Ognuno nel gruppo (fatto anche di 100 persone) ha un proprio ritmo, la “spedizione” si snoda formando un cordone lungo almeno un chilometro e visibile facilmente attraverso le fiaccole delle guide.

Quando finalmente si raggiunge la meta, dopo un’ora, si è ripagati di ogni sforzo. Sul punto più alto svetta un cartello che riporta l’altezza della del Kinabalu: 4.095,2 metri. Sul Low’s Peak l’aria è gelida, attorno agli 0-2°C (niente neve), per cui è importante essere ben coperti nell’attesa dell’alba (il sole sorge verso le 5.30-6.00). La luce del nuovo giorno che si diffonde nel cielo, seguita dal sole tra le nubi all’orizzonte, crea una magica sensazione che ripaga abbondantemente delle fatiche del percorso. Trovarsi nel punto più alto di tutto il sud-est asiatico, al di sopra delle nuvole, circondati da uno scenario dall’incredibile purezza, renderà quest’alba indelebile nella memoria di ognuno dei fortunati presenti. Gli altri picchi circostanti hanno nomi suggestivi come Ugly Sister’s, Donkey’s, St. John’s, ecc. Subito dopo lo spettacolo naturale con veduta aerea, quasi tutti gli escursionisti hanno fretta di fare ritorno alla cantina dell’ostello per riscaldarsi con qualche bevanda calda. La discesa è rapida, relativamente impegnativa e l’arrivo al quartier generale del parco è previsto per le 13. Anche in questo caso, se non si è abituati a questo genere di attività, il Kinabalu lascerà un simpatico ricordino: dolore ai polpacci per almeno tre giorni. Alla reception rilasciano un diploma che certifica l’impresa.

Il Mesilau Nature Resort

Raggiungibile dall’abitato di Kundasang, il lussuoso Mesilau Nature Resort [3], costruito all’interno dei confini orientali del parco a un’altitudine di circa duemila metri, rappresenta la nuova via d’accesso al Kinabalu Park. Diretto e amministrato dal Sutera Sanctuary Lodges, il complesso forestale è composto da un edificio centrale che comprende il Kedamaian Restaurant, con cucina internazionale e aperto dalle 7.30 alle 21, il Renanthera Lounge & Bar, che offre un notevole assortimento di vini europei, la Meeting Room, dove si proiettano filmati e diapositive sul tema del parco, e un negozio di souvenir. I raffinati chalet (con tv) e lodge (senza tv), classificati coi nomi delle cime del Kinabalu, consistono in baite sparse tra il verde, tutte dotate di bagno, cucina, saletta e veranda in comune. I prezzi s’intendono per unità e le camere sono doppie. Il Low’s Peack Chalet e il St. John’s Chalet, hanno entrambi tre camere; l’Ugly Sister Chalet, il Donkey’s Ear Chalet sono più economici, mentre il King Edward Chalet è più confortevole e costoso; il Witti Range Lodge, il Croker Range Lodge, hanno tre camere ciascuno. Nel dormitorio della Bishop’s Head Resthouse, ugualmente con bagno, cucina e colazione compresa. Per raggiungere la vetta dal resort, un sentiero conduce in 5,5 km di cammino alla base di Layang Layang (2740 m), da dove si può anche scendere al quartier generale del Kinabalu Park; qui cresce la “Nepenthe Rajah” (“pitcher plant”), una grande pianta insettivora a forma di brocca capace d’inghiottire un ratto. La costruzione del Mesilau Nature Resort e il vicino Mont Kinabalu Golf Course a 18 buche, hanno determinato in breve un notevole sviluppo turistico nell’area. Per giungervi, dalla statale si prende la bella strada asfaltata che scorre verso nord lasciando le case in cemento di Kundasang sulla destra e le bancarelle d’ortofrutta a sinistra. Dopo il “war memorial” e la “mushroom farm”, entrambi sul lato destro, si entra nel Kampung Mesilau, che dà il nome alla regione, e si prende la strada verso ovest. Al bivio successivo, a destra si va ai campi da golf, mentre seguendo a sinistra si superano due ponti, il secondo dei quali indica il Sabah Park Border, a 1500 metri dal resort. Un servizio di pulmini collega il resort al quartier generale del parco Kinabalu.

[1] Sutera Sanctuary Lodges Reservation Clerk
G15, Ground Floor, Wisma Sabah - KK
Tel. 088-88 303 917, 243629
info@suterasanctuarylodges.com
[2] Laban Rata Resthouse
Tel. 088-267402; fax 267289
[3] Mesilau Nature Resort
Tel. 088-871 519