"Ho sempre visto quello che gli altri non vedevano; e quello che vedevano loro, io non lo vedevo". Autoritratto verbale di Salvador Dalì: artista anche della sintesi. Di Elsa Schiaparelli, sarta italiana, che fu sua amica nella Parigi degli anni Trenta, si potrebbe dire lo stesso. Anche lei aveva prospettive diverse dal solito. Insieme disegnarono un’aragosta fiammeggiante di sensualità su un celestiale vestito da sera di Wallis Simpson, tanto per sottolineare la disobbedienza della donna, immortalata con quella mise da Cecil Beaton. E vivacizzarono il tailleur nero e rigoroso con un motivo di bocche rosse, riproduzione delle labbra di Mae West, irresistibile spudorata di Hollywood.
Schiap conobbe il bello e lo individuava persino nel “brutto”: con audacia sensazionale lo mostrava agli altri. "Un abito Schiaparelli è come un quadro di arte moderna" scrisse The New Yorker nel 1932. E’ per questo, soprattutto, che ora “dialoga” con Miuccia Prada nella mostra del Metropolitan Museum: Schiaparelli Prada: impossible conversations che esplora le affinità delle due stiliste italiane così lontane nel tempo, ma così uguali nel praticare la stupefazione.
Anche Prada, che precisa di non essere un’artista e di dover fare i conti con l’aspetto commerciale della vita, conosce il bello assoluto e, insieme, estrae il bello dal “brutto” imponendo la sua visione in collezioni sempre inattese, spesso capaci di ribaltare lo stile appena acquisito dalle clienti della maison milanese. Dall’asciuttezza di una gonna al ginocchio in tessuto sintetico all’opulenza di una cascata di pietre colorate e bordi di pelliccia, le idee di Prada costringono la donna a seguire un percorso estetico complesso e a sfoderare la propria personalità per decidere in autonomia“lo voglio non lo voglio”. Una moda accattivante ma “scomoda”, e le taglie non c’entrano. Culturalmente “scomoda”.
Non a caso Schiap chiamò il suo profumo più celebre Shocking, come il rosa legato alla sua haute-couture, e Shocking Life l’autobiografia. "Profondamente umana, disprezza gli esseri umani e nel contempo li ama: attraversa con lo sguardo chi non le piace come se fosse trasparente-scrisse la Schiaparelli di Schiap -. Accetta senza problemi il dolore e la perdita, ma di fronte alla felicità non sa come reagire". Per Yves Saint Laurent, che la ebbe per maestra prima di andare da Christian Dior, era una maga.
La nipote Marisa Berenson racconta che per lei vivere con Schiap è stata una fortuna immensa, sebbene fosse terrorizzata dai suoi giudizi: ai tempi la super chic attrice e modella sfoggiava pantaloncini corti e minigonne: "Negli anni Sessanta e Settanta la moda si trasformava -scrive la Berenson in Momenti intimi –. Perdeva di eleganza ma diventava creativa, follemente divertente, ultracorta, osée, libera come la mentalità. Mia nonna non ha mai accettato questo cambiamento di stile e di costume. Ha molto sofferto per quella che lei chiamava la “volgarità”. E questo non solo sul piano dell’abbigliamento".
Le conversazioni impossibili di New York fra Elsa e Miuccia avvengono in un film diretto dall’australiano Baz Luhrman interpretato da Judy Davis nei panni di Schiap e da Prada in quelli di se stessa: il pensiero di Schiap arriva dalle memorie.
Al Met sono esposte le creazioni di entrambe e, se alcuni richiami, come il motivo delle bocche, possono essere omaggi di Prada alla stilista antenata, è evidente la somiglianza nell’essenza. Di alcuni vestiti un po’ troppo perbene e compiacenti Prada si dichiara pentita.
La galleria più stimolante è quella che affianca i cappelli di Schiap e le scarpe di Miuccia: un gioco d’artificio di fantasia, provocazione, libertà, conoscenza delle donne e della loro smodatezza emotiva e intellettuale che in un accessorio estroso si placa e vira nella più riposante vanità. Prada, dalle caviglie e dai piedi elegantissimi, spiega che nell’immaginare le scarpe la sua creatività è torrenziale. Schiap una scarpa la rovesciò, la ingrandì e la piazzò in testa alle signore: un cappello di tale originalità da far impallidire i defilè delle dame inglesi alle corse dei cavalli e ai matrimoni reali.