Quando la moda ha cominciato a collezionare riconoscimenti? Quand’è che un creatore di moda, un couturier (sarto), ha avuto voce in capitolo sul concetto di creatività slegato dallo status sociale? Quand’è che il nome del suddetto ha potuto esprimersi su una sua creazione sartoriale (etichetta) al punto da definirla e determinarne lo stile?
La risposta a questi quesiti è un nome su tutti: Charles Frederick Worth.
Nasce in Inghilterra, trascorre la sua giovinezza lavorando per commercianti di tessuti a Londra mentre faceva ricerche sulla storia dell'arte nei musei. Nel 1845 si trasferisce a Parigi e lavora come commesso e sarto prima di associarsi con Otto Bobergh per aprire un laboratorio sartoriale, nel 1858, intitolato ai due: Worth and Bobergh. Furono presto riconosciuti dalla famiglia reale al punto da divenirne fornitori ufficiali dell’imperatrice e da qui giunse il grande successo. Nel 1870 Worth divenne l'unico proprietario dell'attività.
In atelier realizzava creazioni complete che poi mostrava ai clienti su modelli dal vivo. I clienti potevano quindi ordinare i loro preferiti in base alle proprie specifiche. La sua fortuna critica e il suo percorso professionale coincidono con le forme della moda del così detto stile Milieu du Siècle. In piena Restaurazione, con Napoleone III e la di lui consorte Imperatrice Eugenia di Montijo, Worth racconta di un universo estetico eclettico e ramificato nelle trame del tessuto e del sapiente taglio del modellato. Il potere lo si rappresentava nelle fogge degli abiti, nei volumi importanti e nei diametri delle gonne. Le sue sono ispirazioni connesse al mondo naturale e ai rimandi lirici che da esso derivano.
Di fatto Worth è un atmosferico dello stile perché oltre che a lavorare sull’architettura del corpo con corsetto e stecche di balena, opera sulle percezioni dell’occhio attraverso l’uso delle trasparenze, del decoro trompe-l’oeil e dell’asimmetria. Genera, attorno all’anatomia femminile, l’esperienza termica e retinica degli elementi geofisici della terra e del cielo, dallo spruzzo cristallino della nebbia in forma di serico tulle che glassa le superfici di fiori e foglie rampicanti a vere cascate di stelle (celebri quelle d’argento di Sissi Imperatrice d’Austria per il pennello di Winterhalter) e ancora l’artificio del decoro zoomorfo di volatili farfalle e riccioli di nubi giunte ad avvolgere il sole del Giappone nell’ultima parte della sua produzione influenzata dall’Orientalismo che permeava il Vecchio Continente, nella seconda metà del XIX secolo. Worth ci lascia nel 1895 e a procedere nella fortuna di questa celebre Maison di Haute Couture parigina saranno i figli.
Poco prima, nel 1989, durante l’Esposizione Universale di Parigi (l'evento è ricordato in particolare per la costruzione della Torre Eiffel) il nostro riceverà il plauso critico (Grand Prix) per un suo progetto che diviene emblema dell’autorialità nella sartoria e del suo creatore. Un mantello da gran sera che è fusione di due culture e di due modalità di vestire il femminile tra Occidente e Oriente: busto affilato, gonna ampia e sviluppata, retroattivamente, dalla tournure (evoluzione raccolta della crinolina di forma cilindrica portata totalmente sul dietro per liberare dai volumi ingombranti il passo della dama) e ampie maniche a kimono, lunghe fino a terra, di chiara matrice nipponica, totalmente decorato dall’esotico motivo dei tulipani olandesi da cui deriva il nome del modello.
Worth è un sarto che ha del progetto la sua visione totale e per esso commissiona tessuti personalizzati al punto da patrocinare l'industria della seta francese incentrata a Lione. Tra le creazioni tessili speciali rientra quella del suddetto modello: Tulipani Olandesi. Questo tessuto dal particolare decoro floreale, fatto di petali giallo ocra e rosso acceso uniti al verde dello stelo e del fogliame su fondo nero, fu commissionato, dal couturier di origini inglesi, alla ditta Morel, Poeckès & Paumlin, per la creazione andata in scena all’Esposizione Universale parigina. Il design della superficie intendeva spingere l'arte del tessitore di seta oltre i suoi limiti, essendo un motivo molto esteso e ripetuto su un’altezza di tre piedi (circa 130 cm) che lo rendeva difficile da tessere.
A questo iconico mantello si è ispirato JW Anderson, per la creazione Loewe, indossata da Anna Wintour, per il Met Gala 2024 della mostra Sleeping Beauties che metteva in relazione la moda e la natura: naturalmente l’originale era presente nel percorso espositivo e in un secondo momento anche il modello di Anderson è stato integrato, in mostra, fronte a quello di Worth, come esempio di dialogo tra creatori di moda sullo stesso tema.
Quello che il “Tulipes Hollandaises” rappresenta nella storia del costume è l’approdo del Fashion Design e della creatività sartoriale agli onori della cronaca come soggetto a sé stante dall’uso e da chi lo indossa. Premiato con un Grand Prix, a una Esposizione Universale, per la sua peculiarità artistica, al di là di una cliente o di una dama committente, pone la moda come agente nell’arte e il creatore come autore d’arte e dunque artista: arbitro di stile e d’immagine che a questo tipo di creatività e visionarietà di frontiera deve oggi il riconoscimento dell’essere esposto e omaggiato con premi che guardano alla moda come progetto d’arte di valore.