Oggi entriamo nel mondo di un giovane attore, che lavora tra cinema, televisione e teatro e ci spiega l'importanza del sapersi trasformare.
Come eri da bambino, i tuoi gusti, le tue manie, il tuo modo di relazionarti, le tue paure? Raccontaci un ricordo della tua infanzia.
Ero molto vivace ed irrequieto. Giocavo moltissimo coi soldatini e m’immaginavo storie, battaglie e amori. Mi divertivo spesso anche da solo. Mi ricordo che una volta creai un percorso di guerra in casa. Lo scopo era attraversare tutto il salotto ed arrivare fino alla cucina, senza mai toccare terra. Dunque bisognava camminare sui divani, sui mobili, sopra il camino, sul bordo del battiscopa, ma mai mettere i piedi sul pavimento. Mi divertivo come un pazzo, con somma gioia di mia madre, come puoi immaginare.
Come mai hai deciso di fare l'attore?
Forse proprio per questo mio bisogno di esprimere una irrequietezza, un senso di solitudine che mi porto dietro dall’infanzia. Ciò non significa essere una persona triste, intendiamoci. Anzi, proprio per reagire a ciò che mi opprimeva, ho deciso di prendermi gioco delle cose brutte facendo l’attore. Esorcizzandole. Le mie prime esperienze sono state grandi commedie dell’assurdo durante gli anni della scuola. Ci si divertiva moltissimo. Ed anche il pubblico per fortuna.
Quale tipo di studi hai intrapreso per imparare a recitare o sei un "talento nato"?
Non dimenticherò mai quando la moglie del mio primo insegnante di recitazione, sempre ai tempi del liceo, mi disse al telefono: “Ha detto Luciano ‘Quel ragazzo è un mostro!’ Ma tu non glielo dire che te l’ho detto...” Fu un apprezzamento che mi fece molto piacere e che, purtroppo o per fortuna, mi ha spinto ad intraprendere questa carriera. Avevo diciassette anni. Il mestiere vero, però, lo s’impara con la scuola: io ho fatto l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica e devo a questa formazione molte delle conoscenze che mi servono tuttora per poter dire di essere un attore. In seguito ho continuato e continuo ancora a studiare. Master e stage che ho frequentato come allievo e che, da qualche anno, dirigo io stesso.
E' vero che un bravo attore deve allenare anche il corpo?
Assolutamente sì. L’attore è corpo. Spesso in Italia siamo abituati a pensare che l’attore sia solo voce, specialmente in teatro. Invece è dal corpo che partono tutti gli stimoli. Ciò non significa allenarsi per fare i muscoli e diventare un culturista, bensì allenare la reattività del proprio corpo, la prontezza e imparare a rilassarsi, che è uno dei segreti per vincere ed essere un gradino sopra gli altri.
Come sei riuscito a ricavarti uno spazio nel mondo della recitazione? E' possibile farcela senza raccomandazioni in questo tipo di ambiente e a quali compromessi sei dovuto sottostare?
Questa domanda mi piace moltissimo e mi fa soffrire allo stesso tempo. E’ durissima ricavarsi uno spazio. Che cosa ho fatto io? Non lo so. Non posso dire di essere riuscito a raggiungere un traguardo, dovrebbero essere gli altri a dirlo. Giovani leve, volete un consiglio? Non appassionatevi a questo lavoro, oppure, se siete bilingue, andatevene all’estero e fatelo seriamente. Restate, invece, se vi interessa solo apparire ed essere lo chaperon di qualche potente. La raccomandazione è una delle regole principali per giocare, non l’eccezione. Poi c’è anche la prostituzione, la politica, l’imbecillità, la bellezza vuota, la falsità, l’opportunismo... Se avete tutte queste belle caratteristiche, avrete sicuramente il successo immediato. Io ho scritto anche una commedia che parla di questo “Il lavoro dell’attrice sul produttore”. Attenzione però, parlo di un successo che dura al massimo un paio di stagioni. Per quello duraturo, che non passa, serve qualcosa di più serio. Io ci sto provando, ma sputo sangue ogni mattina, e a volte, mi sputo pure in faccia nello specchio.
Quali sono ad oggi le tue esperienze nel teatro, nel cinema e nella televisione?
Nel teatro ho iniziato prestissimo, come ti accennavo, e da allora ho fatto almeno una cinquantina di spettacoli tra dilettantismo e professionismo. I più importanti sono stati “Antonio e Cleopatra” di Shakespeare a Roma, Taormina e Segesta, una breve tournée estiva con Michele Placido sempre su Shakespeare, “Edipo re” con Franco Branciaroli e, recentemente, un reading su Giovanni Paolo II in Vaticano, di cui ho curato anche regia e adattamento, con attori del calibro di Giuliano Gemma, Monica Guerritore, Francesco Pannofino, Massimo Dapporto, Serena Autieri, Nicoletta Romanoff e altri grandi. Nel cinema ho fatto un piccolo ruolo in “Vallanzasca” sempre con Placido e sono stato protagonista di “Young Europe”, un film sul tema degli incidenti stradali. In televisone, infine, sono stato Valentino, il cattivo di “Centovetrine” per circa una stagione, esperienza molto interessante ed il protagonista del film polacco “Le voci interiori” col maestro Krzysztof Zanussi.
Cosa è la televisione per te e cosa sono invece il cinema e il teatro?
La televisione è il media dei media, secondo me. Nonostante internet. Se fosse utilizzata in modo corretto, sano, intelligente, oggi vedresti in giro degli scienziati, delle persone altruiste, uomini e donne di un certo spessore culturale. Mentre di norma, siamo abituati a vedere esseri lobotomizzati che guardano per terra, che ringhiano se un mendicante gli chiede un centesimo o che se l’inviti a un evento culturale ti dicono che hanno la cena sul fuoco. Da ciò, puoi dedurre, che non ho una grossa considerazione della tv attuale. Credo che qualcosa si stia facendo d’interessante sui canali del digitale terrestre, che spero prendano sempre più spazio. Il cinema sarebbe un altro grande mezzo di diffusione di sogni, ma ultimamente mi sembra che diffonda solo banalità e scontatezza. Il teatro, infine... è morto. Tu adesso, leggi le mie parole su questo foglio di carta, ma in realtà le avevo già scritte, io sono già passato. Scherzo, dai... No, sono serio.
Preferisci fare l'attore o il regista?
L’attore. Ma fare uno spettacolo ogni sei mesi, una fiction ogni tre anni e un film per tutta la vita è un po' poco per sopravvivere. Quindi ho iniziato a fare anche il regista. Ottima motivazione, non ti pare? Altamente artistica...
Sei autore teatrale de "Il lavoro dell'attrice sul produttore", cosa rappresenta per te scrivere e portare poi in scena il frutto della tua scrittura?
Una liberazione totale. Ho scritto anche un altro testo teatrale su Lucio Battisti e ora sto lavorando a un’altra idea, perchè è proprio una necessità che ho – anche questa – sin da piccolo. Prima lo facevo riscrivendo canzoni famose e inserendo testi inventati da me, adesso lo faccio basandomi su quello che mi trovo a vivere ogni giorno, in particolare nel mio mestiere.
A quale attore ti ispiri e a quale regista?
Non c’è un unico attore cui m’ispiro, nel tempo ho creato un collage di vari maestri e personaggi, che mi è servito a creare il mio stile. Se devo affrontare un ruolo, studio dei film oppure studio delle persone che penso possano aiutarmi a creare il mio personaggio. Ne osservo il modo di camminare, la voce, i gesti, ecc. Fra gli attori di cinema che preferisco, ai giorni nostri, ci sono Gary Oldman, Edward Norton, Daniel Day Lewis, Kevin Bacon, Pierfrancesco Favino, Elio Germano. Fra i registi di cinema non posso non guardare un po' indietro e dire: Bergman, Bunuel, Risi e Monicelli. Fra i più recenti direi invece Eastwood, Allen, Sheridan, Nicols, Leconte, Lars Von Trier, Salvatores.
Cinema italiano, americano o francese?
Attualmente direi cinema francese, hanno parecchie idee e sono film di qualità che non scadono nel già visto. Andando indietro di un venti-trent’anni direi cinema americano, mi piacevano molto i film epici o di avventura alla Indiana Jones. Guardando alla dolce vita dico Italia e penso a Gassmann, Mastroianni, Manfredi, Ferzetti e qui non basterebbe l’intera pagina...
Ho avuto il piacere di vederti a Terni qualche giorno fa nel corso dell'Umbria Water Festival in Passion in Water. Acqua madre e matrigna. Un grande viaggio alla scoperta dell'eterno confronto tra uomo e acqua, attraverso la poesia, la musica e il racconto, diretto ed interpretato da te. Che rapporto hai con l'acqua? Nonostante tu ora viva a Roma, sei rimasto molto legato alla tua città, visto che spesso partecipi a festival e rassegne, hai fondato nel 2009 il Festival di arti varie "Stravalentino", alternativa agli Eventi Valentiniani e hai partecipato al video "L'amore originale" del gruppo musicale emergente ternano Matteo Sperandio&Q-artet, per citarne alcune.
Il mio rapporto con l’acqua è impari. Nel senso che io sono ingrato verso di essa. La spreco spesso e manco di rispetto verso questo preziosissimo elemento della natura. Ne sono affascinato, specialmente dalla pioggia e non è un caso che la poesia che più amo interpretare sia “La pioggia nel pineto”. Con Terni, invece, ho da sempre un rapporto di odio e amore. La critico e la amo. Me ne vado e ci torno. La verità è che vorrei vederla in mano a gente più sensibile, che la ami realmente e la valorizzi nella sua bellezza, e che non la sprema soltanto per perseguire i propri fini personali e - onestamente - poco utili alla comunità.
Da poco sei stato protagonista di un importante progetto per il cinema Young Europe, prodotto dalla Polizia di Stato. Che tipo di esperienza è stata? A tal proposito ho letto una tua intervista di qualche giorno fa rilasciata a panorama.it dal titolo: "Gli adulti di oggi? Peggio degli adolescenti", come mai questa affermazione? Matteo Vicino, il regista, presentando il film, ha dichiarato "In strada si muore come in guerra". Cosa ne pensi?
Young Europe è un film che salva la vita ai ragazzi. Lo abbiamo presentato a duemila ragazzi delle scuole della provincia di Siracusa e sono rimasti sbalorditi. Commenti entusiastici al film e frasi del tipo “Ora ho veramente capito cosa rischio se guido ubriaco”. Il problema è il solito, non vorrei ripetermi, ma siamo in Italia, dunque non credo lo vedrai al cinema. A meno che la protagonista femminile non diventi Laura Chiatti. La dimostrazione che è un film di livello non te la do io – sarebbe un pò troppo di parte... - ma il premio come Miglior Regia a Matteo Vicino al Milano Film Festival pochissimi giorni fa. La mia frase sugli adulti è il frutto di una semplice riflessione che faccio da tempo: se i ragazzi di oggi sono sbandati, si sentono soli, bevono e si drogano nonostante abbiano materialmente tutto, di chi è la colpa? Chi li ha abbandonati? Chi li ha ingannati? Chi li ha privati di un futuro per tenersi tutto per sé e per la sua vecchiaia? A volte le risposte più scontate sono anche le più vere. L’affermazione di Matteo è verissima, la condivido in pieno e i dati stanno a dimostrarlo: in Italia 13 morti al giorno sulle strade. Io poi ne so qualcosa: sono un miracolato, cinque anni fa sono uscito dal finestrino della mia auto ribaltata completamente illeso.
Ci hai detto che hai diretto la lettura drammatizzata "Passione e morte di Karol" in occasione della beatificazione di Giovanni Paolo II. Cosa è per te le religione?
Io sono cattolico, dunque per me la religione è parte integrante della vita. Tuttavia, non sbandiero nulla, non lancio anatemi, non mi cospargo il capo di cenere, né mi azzardo – fossi matto – a cercare di convertire i colleghi. Se qualcuno mi chiede io rispondo, l’esempio cerco di darlo con le azioni più che con le parole. Nonostante quello che dica nei suoi film Woody Allen circa i cattolici, sono una persona come tutte le altre.
Quale pensi sia il tuo tratto distintivo, quello per cui le persone ti ricordano e ti apprezzano? Credi che esperienze televisive come CentoVetrine ti abbiano portato la grande popolarità?
Il mio tratto distintivo credo sia la capacità di trasformazione. Il fatto di essere stato scelto per fare l’assassino e il delinquente in tv e al cinema e di riuscire ad essere San Francesco o Padre Pio in teatro, mi conforta sul fatto di essere in grado di entrare nei panni di personalità profondamente diverse fra loro. La grande popolarità è un’altra cosa rispetto a quella avuta con Centovetrine, tra l’altro, io sono molto lontano dal Jet Set e dalla vita mondana di Roma. Mi sono creato un ristretto numero di persone che mi stimano, che ogni tanto mi scrivono su facebook e che mi seguono con affetto, ma per il grande salto c’è ancora parecchio da fare.
Concludo l'intervista con una domanda che mi riguarda personalmente. Quali domande pensi dovrebbe porti una brava giornalista? :-)
Beh, credo proprio quelle che mi hai fatto tu!