In fratellanza con la fioca luce di una unicità di intenti, le tastiere italiane all’unisono vanno a digitare ragionata, ampliata ricerca in una parola dai risvolti misterici: “sinonimo”. E' “sinonimo” infatti, uno dei termini più ricercati nelle sezioni web italiane.
Si affaccia sorniona, la definizione dello Zingarelli V°, Ed. Agosto 1935, fedele compagno di lunghi itinere dell’uomo, ove ivi è così arguito: "parola che ha lo stesso significato di un’altra. Nome equivalente ad un altro". Il Niccolò Tommaseo spese la vita nell’argomentare, sottilizzare, raffinare ed indurre largo campo alla ricerca in tale materia: la sinonimia. Epico è infatti lo storico aforisma del nostro nato a Sebenico in Dalmazia: "Se tutti si potessero raccogliere e sotto certi aspetti ordinare i proverbi italiani, i proverbi d'ogni età, colle varianti di voci, d'immaginazioni e di concetti, questo, dopo la Bibbia, sarebbe il libro più gravido di pensieri".
Seppur gravata da mille e uno “movimenti tellurici” costume dei tempi che viviamo, la creatività italica, non doma, instilla, nel ricercar nuove albe, la ricerca di una varietà di linguaggio che fece trascrivere al Leopardi nei suoi Pensieri inalienabili ponti celestiali: "Una lingua non avrà più mestieri di accrescimento allora solo quando o essa o il mondo sarà finito".
Nel neologismo rinveniamo dunque la luce più pura dell’espresso pensiero leopardiano; nel sinonimo, quella ferrea volontà di ricerca ad un più ricco vocabolario, una maggiore densità espressiva, un colorato arcobaleno di significato pur nel medesimo ambito.
I latini usavano per “sinonimo” l’allocuzione [idem significans-antis], corroborando in noi la necessità di affrontare le origini di due parole: l’aggettivo “stesso” e il nome “significato”. Allocuzione sì, perché nel proseguire coglieremo la reale potenza misterica umana di due termini così tanto elementari, quanto generatori di pathos.
La parola “stesso” rievoca la metafisica della bodhi alias “illuminazione propria dell’intelletto” per cui il Buddha soleva dire essere rinato da Sé. Solo in se “stesso” Egli aveva estrapolato la salvezza.
“Stesso” ha, infatti, in seno il concetto di ricerca dell’unicum, nascente dalla compenetrazione necessaria per allocare propriamente paritetiche parole con molteplici sfumature: "acqua dolce o salata, altro saria senza acqua" o ancora, e con crescente specificità: "aliusque et idem" dal v.10 dei Carmen Saeculare di Orazio in cui il Sommo latino andava ad indicare il sole nascente ogni giorno medesimo, con afflati diversi sul popolo da esso baciato.
Basti a noi per l’accento misterico, purché ben oltre si possa scrivere ed argomentare entrando negli androni dell’Arcadia metafisica.
Ora, esiste agli occhi nostri, svelare le origini recondite di “significato”, ovvero, quella parola cardine della scienza etimologica e semiotica; scienza su cui i grammatici greci si interrogarono a lungo, senza giungere alle fonti della lingua, senza sciogliere i loro dubbi che rimasero inesorabilmente irrisolti.
Il gotha dei loro migliori pensatori, tra cui annoverare Platone, Parmenide, Aristotele, Socrate, Eraclito, Democrito si confrontarono a lungo sulla questione enunciando: "la lingua è figlia del caso [tykhē]" scriveva l’uno; "Essa è creazione della Natura [physei]" pronunciava l’altro; "l’essere umano declina i suoni delle parole nell’ispirazione divina [teìa moīra]" argomentava un terzo; "Non essendo definito il rapporto tra i nomi ed suoni non è definibile avere la certezza di arrivare a compenetrare l’essenza delle cose attraverso le parole" ribatteva un quarto; "Nel corso dei secoli, i nomi degli oggetti, per ragioni eufoniche, sono andati talmente distorti e travisati, con l’aggiunta o la sottrazione di lettere che da allora non sia stato più percorribile risalire al significato originario delle parole" scriveva Platone nei suoi Dialoghi.
Ben più trancianti i latini che, come si evince nel libro V° del trattato De Lingua Latina di Marco Terenzio Varrone, nonostante esternassero molteplici dubbi sulle origini della lingua, liquidarono l’argomento contrassegnando il rotore della semiotica, nel termine “obscuritas”, alias oscurità derivante non altro che dalla “vetustas” cioè antichità delle origini proprie delle parole. A conferma di tale impostazione accademica, Sesto Pompeo Festo, nella sua opera omnia di oltre 4mila voci De significazione verborum, non si andò a curare delle radici dei termini latini, assurgendo ad assunto la ora ben nota, bensì sprangata porta del cielo al raffinato semantico, “obscuritas".
E' con l’andare dei secoli che, a fasi alterne, si raffinano i principi dell’etimologia, fino ad arrivare alla poco nota e miliare opera di Antoine Court de Gébelin che, in Storia naturale della parola, o sia Grammatica universale ad uso de’ giovani, afferma: "la prima lingua non è composta se non da monosillabi presi nella natura, ed atti a dipingere fisici soggetti; essa è la sorgente di tutte le parole>".
Non mancano astrazioni ardite e avanguardisti proponimenti, nello scritto di fine ‘700 del pastore protestante; purché, ingrato sarebbe il contrario, sia corretto riconoscergli aver, con grande vigore, dato l’impulso a nuove visioni prospettiche, spalancando le strade ad interpretazioni, oggi, sempre più accreditate.
Alle origini di “significato” pertanto, troviamo la parola [signum] da cui altresì il verbo latino [sequor] a cui ricondurre i termini greci [sēma] e [semeīon], tradotti in segno, segnale, da cui appunto [sēmainómenon] alias semiotica; termini questi derivanti, a loro volta, dalla radice verbale indoeuropea e prosanscrita [saj] ove la lettera [s] indica il legame inscindibile, la legatura, a ciò che abbia moto in avanti orientato linearmente a noi [aj] cioè, quindi, ciò che si manifesta in testa ai nostri occhi; altresì, dal termine sanscrito [saj], derivano anche la parola greca [sēmantikós] tradotta quale ciò che indica essere significativo e il verbo latino [signum-are], quindi mettere un segno, marcare, segnare. Nel sacro cerchio dello scibile umano, dalla forma [saj], le connessioni ritrovate alla sua espressione estesa [sanj] ci indirizzano verso la congiunzione di altre parole sanscrite, tra le quali spicca [sap] di cui appunto legarsi [sa] a ciò che sia puro [p] evolutasi nella latina [sapiens-entis] saggio, sapiente.
Concludendo, la ricerca della parola “sinonimo” pone alla nostra raffinata comprensione, persone che, consciamente o inconsciamente, stiano andando a compiere quell’atto di virgulto umano, identificabile nella ricerca di uno stesso segno; questa è prima ancestrale azione di autonomo pensamento umano, a suggello che l’italico essere umano sopendo comunque vibri, facendo girare le eliche del proprio intelletto con elegante discrezione; forse con tale discrezione solamente per non essere intercettati dai sottomarini della barbarie, forse per sfociare in un neo umanesimo o innovate forme di fratellanza, con eroicità ferina, a rinnovato stupore del Mondo intero.