E alla fine i rappresentanti venivano al dunque. La mezzadria era un sistema che non funzionava più. Un uomo solo, sulla trattrice, ora sostituisce dodici, quattordici famiglie. Gli si dà un salario e si prende tutto il raccolto. Non c’è scampo. È doloroso, ma è così. Il mostro è malato: qualcosa gli è accaduto.
Ma a furia di cotone la fate morire, la terra.
Lo sappiamo, ma prima che muoia vogliamo tutto il cotone che può darci. Poi la venderemo. C’è un mucchio di famiglie, nell’Est, che non sognano altro che comprare un pezzo di terra. I mezzadri alzavano gli occhi, pieni di spavento. E noialtri? Come si mangia?
Eh, a voi non resta che andarvene altrove. Viene la trattrice.
Così scrisse John Steinbeck in Furore”, quel romanzo sui migranti del Midwest verso la California in cerca di fortuna e che insieme a *Uomini e topi gli valse nel 1962 il premio Nobel per la letteratura. Steinbeck racconta in maniera esplicita e sofferta la disperazione dei coloni americani per l'impossibilità di vivere di quella sola terra che fino ad allora aveva sfamato generazioni di mezzadri. Di quanto i rapporti tra latifondista e colono erano ormai rotti da leggi che erano garanti a volte dell'una o dell'altra parte. Di tutta quella serie di difficoltà nella mediazione dei bisogni che portò indissolubilmente all'abbandono delle campagne come accadde anche in Italia dagli anni '50.
Il lodo De Gasperi del 1946 tradotto in legge nell'anno successivo si era dimostrato un capestro per i proprietari dei fondi agricoli e fu senza dubbio l'inizio della fine, poiché pur restando ferma la spartizione al 50%, i concedenti avrebbero dovuto erogare ai mezzadri, a titolo di compenso per i danni di guerra, l’equivalente in denaro del 24% del prodotto lordo della parte padronale di un anno agrario (più precisamente: il 14% per il 1945 e il 10% per il 1946). Inoltre, il valore del 10% del prodotto della parte padronale del 1946 avrebbe dovuto essere accantonato per eseguire lavori di ricostruzione e miglioria sui poderi, con esclusivo impiego di manodopera bracciantile. I proprietari avrebbero reintegrato entro il 1 ottobre ’46 il bestiame razziato o perduto durante la guerra, il cui prezzo al conferimento andava ripartito in ragione del 70% a carico del proprietario, 30% a carico del mezzadro. Era previsto un premio variabile fra le 1000 e le 2000 lire per ogni capo bovino che il mezzadro poteva provare “irrefragabilmente” di aver salvato dalla razzia con suo grave rischio personale. La legge doveva promuovere la creazione e lo sviluppo della proprietà contadina a spese del latifondo. La legge prevedeva inoltre l’esproprio di terre incolte da assegnarsi a contadini che ne fossero privi o che ne possedessero in misura insufficiente.
E' chiaro che i latifondisti non accettarono tutto ciò e trovarono sempre mille cavilli interpretativi per arginarla e aggirarla, i proprietari non riuscivano più né a vendere, né a riprendersi le terre, per cui dovettero in alcuni casi giungere a un compromesso con il mezzadro, lasciare loro il casale e una parte del terreno agricolo, per poter vendere tutto il resto della proprietà. Va da sé che questa situazione determinò la necessità di una vera e propria riforma, che il ministro dell’Agricoltura Antonio Segni riuscì a far sottoscrivere alle parti, detto di “tregua mezzadrile”. L'aggressione a Palmiro Togliatti dopo la vittoria della Democrazia Cristiana al governo fu la miccia che incendiò la rivolta dei contadini, la maggior parte dei quali di fede rossa, che già brontolavano delle condizioni contrattuali avverse, dettate dalle pressioni conservatrici. Il Parlamento approvò quindi il 4/8/48 la legge n. 1094 che, oltre a prorogare nuovamente di un anno i contratti salvo giusta causa di disdetta, dava valore di legge all’accordo di ‘tregua mezzadrile’; sospendeva inoltre le prestazioni gratuite “non aventi attinenza con la normale coltivazione del fondo” e gli “obblighi colonici” che erano la parte più discussa e onerosa per i contadini. La proroga venne poi rinnovata per legge di anno in anno, sicché divenne così di fatto.
Nel 1964 fu apportato un ritocco di legge che portò la ripartizione al 58% per i coloni. Ma solo nel 1982 la mezzadria fu trasformata in contratto d'affitto seppur con molte restrizioni e difficoltà. Questa difficoltà nel risolvere il difficile problema della mezzadria ebbe però la sua naturale soluzione nella fuga dai campi da parte dei contadini, prima dei giovani e poi delle famiglie, verso un'industria che garantiva paghe sicure e una vita più dignitosa, basti pensare che nel 1963 un’intera famiglia mezzadrile aveva un reddito pari a quello di un solo operaio dell'industria.
Adesso, la consapevolezza di una nuova forma di povertà globale, di un ipotetico problema di carestia alimentare dato dall'aumento della popolazione mondiale, porta a un recupero della tradizione contadina come necessità di fonte di cibo. Il ritorno alla terra da coltivare è la risoluzione alla quale fa riferimento la direttiva dell'ONU per l'anno 2014 ormai al suo termine. L'iniziativa è stata focalizzata sulla ricerca di risposte concrete ai problemi e alle aspettative delle comunità rurali, ovunque esse si trovino, per la tutela dell'agricoltura familiare sostenibile, poiché sia nel mondo sviluppato, sia nei Paesi in via dei sviluppo si contano oltre 500 milioni di aziende agricole a conduzione familiare che forniscono sostegno alimentare a più di 2 miliardi e mezzo di persone. Questa è la strategia avviata nel 2008, analizzata a livello globale nel 2014 e lanciata verso un futuro di sostenbilità.