La percezione del mondo si modificò durante il Rinascimento e nei secoli successivi. Prima molto era affidato alle qualità sensibili dell’ambiente umano e al divino, in seguito questa visione sarà sostituita dal pensiero razionale.
Sotto il Portico degli Innocenti a Firenze nasce la modernità, l’architetto Filippo Brunelleschi utilizza la prospettiva a punto unico di fuga: si tratta di un metodo di rappresentazione atto a creare l’illusione di un mondo reale, il trucco della prospettiva funziona se il soggetto rimane immobile. Questo sistema di rappresentazione fu ampliamente applicato nell’arte visiva. Finché il soggetto resterà immobile, il problema dell'identità non esisterà.
Nel portico si pone il problema dello sdoppiamento intellettuale dell’uomo moderno che deve ora decidere a cosa deve credere: alla vista o al tatto. Il soggetto inizia a muoversi e il mondo diviene un insieme di luoghi nello spazio. “Ogni uomo, ogni donna è un luogo, una terra che non si riesce/non riesce mai a scoprir(si) del tutto, ha tanti confini a seconda del corografo che lo/la descrive (corografo è chi descrive zone geografiche particolareggiate)". Ecco perché chi insegue molteplici viste dello spazio per cogliere lo spazio nelle sue infinite forme, spesso insegue le forme del suo territorio sconosciuto”. (Paola Zaccaria, Mappe senza frontiere, cit., p.8).
Lo spazio gravità intorno al corpo
Spesso nelle arti sarà ripresa la metafora della relazione tra il corpo (soprattutto femminile) e la mappatura/geografia; nella letteratura, per esempio, lo scrittore Ngugi wan Thiong’o in una sua opera fa dire al narratore che il Nuovo mondo è una donna. “Con i suoi rilievi, le sue valli, i suoi fiumi, le sue colline, montagne, brusche curvature, salite improvvise, discese a picco, e soprattutto lo zampillio delle fonti segrete della vita …”. (Ngugi wan Thiong’o, Petali di sangue, 1979). Notiamo che c’è una trasformazione del corpo in paesaggio, dove lo spazio è percepito come un corpo femminile. È il corpo a conferire una misura del mondo. Si può rintracciare nella letteratura e nelle arti visive una trama tra il corpo e la cartografia.
Un'importante artista che ha lavorato al corpo come paesaggio è Kathy Prendergast, originaria di Dublino, vive e lavora a Londra. Nella serie di opere dal titolo Body Map (1983), rappresenta il corpo femminile sezionato, nel tentativo di articolare “una geografia personale”. La serie di illustrazioni comprendeva undici disegni su carta, realizzati con una tecnica mista, inchiostro e acquerello. Queste opere nascono da una commistione tra diversi linguaggi scientifici e poetiche visive. L’illustrazione si presenta schematica, tripartita: questa divisione in tre sezioni può essere letta come un riferimento visivo alle tavole dell'Encyclopédie. Prendergast crea una mappa dalle vicinanze topologiche d’incontro tra corpi e territori, con intersezioni tra corpi, lavoro e paesaggio.
Prendergast nella serie Body Map accede al potere trasversale dei corpi intimamente mappati sciogliendo la carne e il paesaggio. Nelle illustrazioni dal titolo To Alter a Landscape (1983), della serie Body Map, sono rappresentate sezioni anatomiche di aree del corpo femminile come il seno, l’addome e il bacino; tutte le parti rappresentate sembrano essere sottoposte a processi automatizzati di controllo del paesaggio, alla manipolazione e all'alterazione. Visivamente il soggetto appare come un paesaggio, caratterizzato da promontori "Vulcano/ Montagna" dai quali si esce dell’acqua, le montagne sono il seno femminile, dalla cima/capezzolo l’acqua “sgorga” pompata attraverso le ghiandole interne.
In un altro progetto dal titolo The Black Map Series, del 2010, Prendergast tenta di creare un atlante emozionale del Mondo. The Black Map Series, nasce da un laborioso processo d’inchiostrazione su tutta la superficie ma dopo un’attenta osservazione è possibile discernere sotto le linee tratteggiate densamente di nero: le strade, i nomi dei luoghi e i dettagli geografici. L’opera vista da lontano, restituisce l’impressione al fruitore, che Prendergast abbia trasformato le mappe in un’affascinante e misteriosa vista di un cielo notturno, le città diventano complicate costellazioni di pianeti e stelle. Nell’oscurità creata l’artista ha lasciando visibili piccoli punti bianchi “di luce” che denotano aree di abitazione.
Le opere della serie Lost, del 1999, hanno la caratteristica di apparire come una normale mappa degli Stati Uniti, ma inaspettatamente si nota che tutti i nomi dei luoghi sono stati rimossi dalla mappa ad eccezione per quelli che iniziano e finiscono con la parola LOST (ad esempio, Lost Creek, Lost Island, e Lost Canyon); queste mappe disorientano lo spettatore, Prendergast ha cancellato la funzionalità della mappa togliendo le informazioni razionali, scientifiche o utili. Prendergast crea un suo riordino del mondo. Recentemente ha commentato: “La mappa è un'espressione del paesaggio, ma al di là di questo, è l'espressione di noi sul paesaggio.”
L’artista di origine francese Annette Messager, si è autodefinita una “pittrice d’amore", nel 1988 scelse come titolo per una sua mostra Map of Tenderness, una dichiarazione e un omaggio nei confronti di Madaleine de Scudéry (La Carte de la Tendre, 1654), una mappa che visualizzava, in forma di paesaggio, il mondo degli affetti. Il disegno Le jardin du tendre (Il giardino delle regioni tenere), è un disegno ma è anche un giardino reale. Viaggiando su questa mappa si parte "dall’albero del silenzio" da dove dipartono vari sentieri: "la curva della tenerezza", "il monte dell’assiduità", "i rami dell’oblio", "il cammino del caso", "la strada delle confidenze", “i fiori della disputa”, "il crocevia dell’ambizione", "i cerchi della fertilità", "il boschetto della solitudine", “l’erba della rottura”, “l’albero della riconciliazione”, "il bivio che riporta a casa", “il lago della tentazione", "il pendio del pene" e "il miraggio di lacrime".
Il gusto per la topografia nelle opere di Annette Messager si ritrova in vari lavori dedicati al corpo umano. L’artista utilizza il corpo, sia l’esterno (la pelle) che l’interno (gli organi), come un libro aperto, dove può descrivere senza fare distinzioni tra l’interno e l'esterno del corpo. L’impressione che abbiamo in alcuni lavori dell’artista è che sta esplorando le nostre viscere e le sue funzioni come se fossero “un labirinto”. In opere come My Trophies (1987), disegna paesaggi su parti del corpo, trasformando i piedi in un’opera assimilabile a manoscritti miniati; l’artista in The Travel Warrant (1995-96); e Anatomy (1995-96), crea un intimo paesaggio cartografico che incontra e si fonde con il disegno anatomico del corpo come le pieghe della pelle.
Un’altra importante artista è Louise Bourgeois che nella serie di dipinti e disegni dal titolo Femme Maison, del 1940, rappresenta attraverso il corpo femminile un viaggio intimo, creando una relazione tra casa, corpo e architettura. Possiamo interpretare queste opere come il tracciato di mappe di spazio vissuto in interni, il corpo è assimilato alla casa, dove la pianta di casa diventa un itinerario di viaggio. Nelle opere l’artista raffigura una serie di donne in una fusione tra l’interiorità del corpo e l’interiorità della propria casa.
In Femme Maison, rappresenta donne con il corpo o la testa sostituiti da una casa o da una qualsiasi forma architettonica; le opere mostrano una rappresentazione di come la casa nell’immaginario femminile sia vissuta come uno spazio ambivalente, al contempo è rifugio ed è luogo di detenzione/reclusione. In Femme Maison, Bougeois disegna un percorso emozionale ricorrendo a una rappresentazione cartografica, il cui modello risale alla Carte du Pays de la Tendre di Madeleine de Scudery: questa relazione è già suggerita da Giuliana Bruno (Atlante delle emozioni, 2009, p. 154-155). Come Madeleine de Scudery anche Louise Bourgeois era di origine francese. Louise Bourgeois si trasferì a New York, dove è sempre vissuta, fu un'insegnante di scultura. Nelle opere dell’artista compaiono concetti come; architettura, scultura, corpo, memoria e spazio simbolico. Bourgeois è scomparsa da poco lasciando molti diari e scritti, una sorta di autobiografia, in uno dei suoi diari incluse una cartina della città in cui è nata, segnando in rosso il percorso dei propri viaggi come se per sessant’anni avesse disegnato una mappa intima.
Nelle arti mi sembra emergano relazioni che propongono una serie di questioni concernenti la possibilità di tessere una trama tra il corpo e la mappa, all’interno di un contesto molto ampio e complesso come quello del sentire contemporaneo, che tenta di rimappare il sé. Si abbozza una “Geografia Corporea” dove non si tratta di fare la geografia di quel che vediamo ma dello spazio oscuro della mente.