1914 – 2014 : 100 anni di Forte dei Marmi... glamour, turismo, grande cucina gourmet ma anche arte, fin dal 1500... una lunga e sottile striscia di sabbia lunga 30 chilometri, incastonata fra monti e mare, anticamente un borgo, oggi il “posto” delle vacanze per antonomasia, file di tende e di ombrelloni in rigorosa precisione, una località che si offre alla frenetica danza del turismo, rumoroso e colorato, consumato in pochi giorni, lontano anni luce dalle spiagge discrete dei veri signori di una volta, ma che, all’apertura delle scuole, magicamente, si assopisce, la gente riprende i suoi ritmi, cadenzati come le onde, si torna a pescare, si buttano le reti, si ritorna i veri padroni del paese e rimangono i ricordi della stagione estiva.
Il legame della Versilia con l’arte è datato, risale al 1500, quando Michelangelo sceglieva il marmo per le sue opere e lo faceva trasportare a mare dai carri trascinati da buoi, e poi avanti negli anni, fino al 1956 quando Henry Moore iniziò la sua collaborazione con gli scalpellini della zona, e poi le fonderie che hanno lavorato per artisti come Botero, Joan Mirò, Isamu Noguchi, Giacomo Manzù, ma anche pittori come Mario Marcucci, Lorenzo Viani, Carlo Carrà: la Versilia ha sempre avuto un fil rouge privilegiato con l’arte, artisti che qui hanno creato e lavorato, dalla natura della Versilia e dal suo mare traggono ispirazione, natura rivolta all’arte, a volte è dolce e spudorata nei colori e a volte dura e violenta.
E poi, negli anni, grandi mostre ed eventi, in questi ultimi anni gestiti dalla sensibilità femminile, da donne che hanno sempre vissuto nel bello, amato l’arte, e che si sono sempre espresse nell’arte, come Elisabetta Rogai, l’artista fiorentina dalla bellezza rinascimentale che “racconta” le donne e che ama fermarsi a Forte dei Marmi almeno una volta l’anno con una sua performance; quest’anno, proprio per dare una testimonianza di arte all’arte della Versilia presenta una sua personale alla Galleria Il Forte Antichità di Patrizia Grigolini, di ritorno da un tour in Italia e nel mondo, Assisi, la Franciacorta, la Lituania e Hong Kong, dove è stata l’applaudita interprete di performance live adoperando il vino, ed è stata premiata come “Artista dell’anno” dalla Friends of Arts Foundation, premio che le è stato assegnato in Sud America.
La Rogai è una donna vera, che sa fare “squadra” con le donne, oltre a dipingerle, riesce a creare un magico incontro di donne, una sorta di gioco di squadra, donne che parlano alle donne, professioniste dedicate all’arte, alla terra, alle fragranze... in sintesi alla bellezza: ma la sua pittura non è banale, le sue donne, dalle chiome fluenti mosse dal vento, novelle amazzoni che mostrano dolcezza e sensibilità, donne forti e sensuali, giochi di trasfigurazioni ispirate dalla sua fantasia, storie ed emozioni di donne viste in una ottica diversa secondo le modifiche del corso del tempo, donne nelle quali tutte noi ci ritroviamo e dalle quali possiamo trarre ispirazione... e poi, l’arte che si tramuta, si evolve, cambia, immagina, incontra altre donne, altri eventi, altri sogni... scardinando il luogo comune che fra donne non ci possa essere complicità e amicizia, per Elisabetta Rogai il vino è il punto esatto in cui la terra incontra la poesia e lei domina il prodotto, lo usa, nel pieno rispetto della sua storia, per creare immagini ed emozioni, per fa parlare le sue donne, ebbre di vino, piene di fascino e sensualità.
I soggetti dei dipinti sono giovani donne senza tempo, icone di una contemporaneità che non toglie spazio a momenti di riflessione e analisi. Nei volti e nei corpi delle protagoniste c’è tutto l’universo emozionale di Elisabetta Rogai, il suo figurativo informale capace di instaurare un legame strettissimo con chi ammira le opere d’arte. Le sue opere sono create con la tecnica di Enoart, una personalissima invenzione dell’artista, unica in Italia, che consiste nel dipingere usando come colore il vino. Dopo anni di studio e molti tentativi, attraverso l’aiuto del professor Roberto Bianchini (docente di chimica organica dell’Università degli Studi di Firenze) Elisabetta Rogai è riuscita a capire come “fissare” il vino sulla tela, un procedimento particolare che dona al quadro una vita vera e propria: sulla tela infatti il vino invecchia ed i colori seguono l’andamento del tempo passando da quelli tipici dei vini giovani (colori vivi come viola e porpora) a quelli che caratterizzano i vini “invecchiati” (ambra, rosso mattone, arancio, dalle tonalità più spente).
Ciò che rende queste opere d’arte davvero particolari è il fatto che dopo un primo tratteggio della bozza del disegno fatta con il carboncino l’artista nella loro realizzazione usa solo ed esclusivamente vino rosso (e bianco per le sfumature) senza aggiungervi altri componenti. Un fissaggio naturale impedisce poi al vino di invecchiare oltre un certo limite, stabilito da Elisabetta: in questo modo i colori restano sempre relativamente luminosi, senza sbiadire troppo: la realtà che cambia a seconda del punto di osservazione dell’artista, ma rimane sempre arte pura.
Ed è sempre l’arte il linguaggio culturale dell’artista Rogai, che porta per il mondo il suo messaggio d’arte, l’arte che lega i paesi, la gente di tutto il mondo, le diverse identità e caratteristiche e diventa il motore e il messaggio per un colloquio, una strada, un monito, un modo dunque più efficace di approccio, nelle emozioni che suscita un opera d’arte, la valorizzazione di un linguaggio culturale e la base per costruire un dialogo e un confronto per raggiungere una maggiore armonia tra i popoli.