In quel tempo antico che i mortali chiamano età dell’oro, muovono i loro passi gli dei e le dee che hanno originato il cosmo: con le loro gesta hanno forgiato l’universo, con le loro passioni hanno piegato la natura. Custodiscono le forze che guidano le regole del gioco della vita, e il mito è il grande contenitore che le racchiude, la chiave magica che dà significato ai quesiti dell’esistenza. Organizza il caos, spiega ciò che è ineluttabile. Perché alla vita segue la morte? Perché la natura si spegne e rinasce, nell'infinito rincorrersi delle stagioni?
Solo una madre può rispondere a tali domande. Una madre che un tempo è stata figlia, e che, come la luna, conosce la ciclicità e il ricongiungimento. La madre più antica è Demetra, la dea delle splendide messi, che per prima diede al mondo il grano e i buoni cibi, e nel suo nome porta il significato più dolce. Ha una figlia, Kore: la Fanciulla. In lei rivive ogni figlia; in lei ogni madre si rispecchia.
Kore non è più bambina, ma non ancora donna: è una creatura delicata, che visita la soglia della trasformazione. Come tutte le fanciulle ama giocare, e si spinge nei prati accompagnata dalle amiche di sempre, i piedi nudi umidi di rugiada. Poco lontano da casa si apre una valle fresca e ombrosa, e lì l’erba è rallegrata da tanti colori quanti la natura ne possiede: una coperta ricamata sul letto della madre terra. Kore vorrebbe raccoglierli tutti e riempire la cesta e il peplo leggero: vuole intesserli per fare una veste da donare a suo padre Zeus. Si butta a capofitto, sedotta dalle mille fragranze che si diffondono intorno a lei in quell'eterna primavera: non sente la fatica, non si accorge che le compagne sono rimaste indietro.
Ignora che una fanciulla che raccoglie fiori attira insidie e predatori. Non sa che in quel prato fiorito sta componendo il suo bouquet di sposa. Amaranto, timo, meliloto e altri fiori senza nome raccoglie Kore, mentre canta le canzoni che ha imparato. Ognuno è presagio del destino che incombe, vicino e inimmaginabile.
Coglie il croco, fiore sacro, e i suoi filamenti gialli e rossi sembrano disegnare nell'aria, mossi dalla brezza, l’abbraccio di due amanti. Ma attenta Kore! Il croco, che tinge il mantello di Imeneo e allieta i letti nuziali, giace anche sulle tombe degli innamorati morti per amore, e cresce accanto all'asfodelo nei giardini dei defunti.
Coglie il giglio e il giacinto, i fiori di cui si adornarono le antiche dee. Purezza e candore sono nel giglio, ma attenta Kore! Il giacinto è purpureo perché si è macchiato del sangue di un giovane amato da un dio e, se lo osservi con attenzione, troverai un grido di dolore - ai! - inciso sui suoi petali.
Coglie le belle viole dal dolce profumo. Ma attenta Kore! Le viole sono amiche dei giorni primaverili, ma anche mesta consolazione dei sepolcri.
Coglie il papavero, così caro alla madre Demetra perché abita nei campi di grano e rallegra le gialle distese punteggiandole di rosso acceso. Li coglie dalla base e li intreccia nei capelli. Ma attenta Kore! Anche il Sonno, la Morte e la Notte hanno teste coronate di papaveri! Il loro dono è la sospensione nell’oblio: calmano gli affanni e guidano i mortali nel silenzio notturno. Quello breve, che si ricongiunge con l’alba, e quello eterno, senza ritorno.
Coglie infine il narciso, insidia più grande, che la terra generò per compiacere il signore infernale. E’ straordinario e splendente, una visione prodigiosa. Ma attenta Kore! Con i suoi fiori si fanno ghirlande per le dee, e tuttavia incorona anche le teste delle Moire del destino e delle Erinni, demoni di devastazione e vendetta. Il suo nome significa torpore. Dalla sua radice spuntano cento corolle, e alla sua odorosa fragranza sorridono il vasto cielo, la terra e le distese marine.
Piena di stupore, Kore allunga entrambe le mani per carpire quella meraviglia: è ignara che le sue lunghe radici abbracciano le profondità del suolo, e che sa smuovere i desideri reconditi di colui che ha molti nomi e molti sudditi.
Non appena la dea taglia con l’unghia lo stelo sottile, l’incantesimo è compiuto: la terra si spalanca in una nera voragine e ne balza fuori Ade in persona, il fosco figlio di Crono, re dei morti silenziosi, che si erge su un carro d’oro trainato da cavalli immortali. Afferra Kore con un braccio, la solleva con la rapidità che è degli immortali; i fiori appena raccolti le cadono dalla veste. Subito il rapitore incita furiosamente i tremendi cavalli, scuotendo redini colore della ruggine, e sprofonda di nuovo nel Tartaro, che inghiotte le grida altissime della ragazza. Lei invoca invano l’aiuto di Demetra: riecheggiano le vette dei monti e gli abissi del mare a quel grido, ma nemmeno il padre Zeus, che pure è il sovrano degli dei, e dell’ombroso Ade è il fratello, può soccorrere la figliola.
Ciò che avvenne in seguito è la ricerca disperata di una madre. Spinta dalla forza del dolore, Demetra si lancia come un rapace, percorrendo le vastità del mondo alla ricerca di Kore. Indossa un mantello funereo, agita nelle mani fiaccole ardenti. Nè l’aurora né l’astro della sera la vedono mai riposarsi. Si consuma nella tristezza, dimentica di mangiare e bere. L’intera natura, che è servitrice di ogni grande dea, si spegne insieme a lei, e il suolo diventa sterile.
Ma questa è un’altra storia ancora. La storia di una giovane sposa, divenuta regina di un regno tenebroso. E tuttavia è in quel mondo sotterraneo che ha incubazione tutto ciò che ha vita: lì attingono le radici delle piante, lì si raccolgono le acque, lì dormono i semi nel torpore invernale. E’ per questo che la nuova regina, ad ogni primavera, otterrà infine il permesso di riaffacciarsi al mondo dei vivi, di rivedere l’azzurro e ricongiungersi alla madre per la metà esatta dell’anno, e in quel commosso abbraccio di madre e figlia si compirà la speranza di rinascita di ogni ciclo naturale. Kore non è più fanciulla, e ora ha un nuovo nome: Persefone, Colei che porta Abbondanza. Gigli, narcisi, crochi e papaveri ornano adesso il capo delle due dee intrecciati in una corona: sono fiori nuziali e funebri al contempo, perché vita e morte sono sorelle, e ogni dea lo sa.
Kore è il nome di ogni fanciulla,
Demetra il nome di ogni madre.
Una dea veglia su ogni culla
e sa storie terribili e leggiadre.