L'incontro con Ildegarda, la Sapiente del Medioevo, è avvenuto negli anni ottanta mentre realizzavo insieme all'artista Maurizio Bonora, il libro d'arte Il taccuino di Esculapio. Mi incuriosì la sua immagine dell'uomo al centro dell'universo. Lasciai trascorrere un po' di tempo. Lasciai sedimentare nella mia persona le sue visioni. Poi un giorno entrai in libreria e acquistai tre libri che narravano la sua vita e la sua opera di filosofa, poeta, teologa, scienziata e musicista. Ha iniziato così a diventare parte del mio presente. Mentre imparavo a conoscerla il mio sguardo iniziava a vedere cose mai viste prima. All'inizio mi ha seguita come un fiume sotterraneo che a volte affiora e a volte scompare, poi sempre più prepotentemente, si è posta al mio fianco e ancora oggi cammina insieme a me.
La sua è una presenza costante e io non abbandono la presa. Non posso abbandonarla perché non è più fuori di me, non è più nel passato ma è nel mio presente. Ho riportato la sua vita sino a me e con lei condivido le mie giornate. Con la semplicità della sua saggezza mi prepara la strada. È lei che mi dice "ciò che ora è bile scintillava come cristallo, ciò che ora è melanconia brillava come un'alba, poi lo splendore dell'innocenza si oscurò e gli occhi divennero ciechi". Così risponde alla mia radicata convinzione che si vada a tentoni in reciproche cecità.
Quando al mattino vado alla ricerca della mia strada lungo l'argine del fiume, Ildegarda mi sussurra che il nostro spirito nella visione sale in alto fino alle stelle, in un'aria diversa, si allarga, si dilata nelle terre, alto sopra le differenti regioni, in luoghi lontani da dove resta il nostro corpo. Nella visione vediamo diversamente e guardiamo le vicende mutevoli delle nuvole e delle altre creature. Il mio sguardo si concentra sulle variazioni di colore dei rossi papaveri che si danno al vento, scendo dalla bicicletta e mi inchino alla loro altezza. Guardo la loro forma, la trasparenza, il colore mutevole. A volte osservo gli insetti che si riposano o cercano cibo nei loro petali. Giro di lato la testa ed ecco che la malva con i suoi fiori lilla venati di rosa richiama la mia attenzione. Lo so, al ritorno ne prenderò qualche pianta facendo attenzione ad estirpare anche le radici, e a casa le ripianterò e potrò onorare tanta bellezza realizzando, nelle tavole botaniche, il racconto della loro vita.
Raccoglierò anche le margheritine, ma ora risalgo in bicicletta e osservo l'acqua del fiume; è difficile resistere al verde smeraldo delle sue acque. Non sono più nella visione di paesaggi famigliari, qui sto viaggiando in paesi esotici, visti fino ad ora, solo in documentari o fotografie. Abbandono il microcosmo che mi circonda e alzo lo sguardo per ricevere, all'orizzonte, il profondo abbraccio delle montagne. Io sono una creatura dell'acqua, ma Ildegarda, che viene da paesi nordici, allarga e dilata le mie visioni. Alla mia destra mi accompagna il fiume e così il mio sguardo chiude il suo grande cerchio.
Concludo il racconto Ildegarda, io, la bicicletta dicendo che in questo stato di libertà avviene una sorta di sovrapposizione. I miei pensieri coincidono con i suoi. Ecco quello che accade. Mentre il mio sguardo si concentra nella visione della bellezza multiforme delle piccole piante nei fossi, nella visione del fiume e delle montagne le tensioni quotidiane mi abbandonano e lasciano lo spazio a una creatività diffusa di grande potenza e intensità. Apro la via alla mia vocazione e scende nei miei pensieri una visione del mondo senza scissioni. E non posso dimenticare la persona che mi ha preso per mano e mi ha guidata fin qui.
Il giardino di Ildegarda attraversa gli esseri viventi. Il suo è un atto ininterrotto che unisce microcosmo e macrocosmo. Faccio derivare Ildegarda dalla pianta; dalla sua "Viriditas" (Viriditas è quell'energia che sostiene il mondo facendolo germogliare e crescere). Cespuglio, ramo, stelo, virgulto, foglia. Nel suo giardino nessun essere vivente è escluso. Il suo è lo sguardo ben disposto, è lo sguardo che prevede un volto, un nome e una storia e se ne prende cura. Non separa ma si mette in relazione. Anche con la salvia, il tulipano, la piccola margherita.