Intervistiamo Francesca Fini, una delle ideatrici del progetto dedicato a L'Aquila Dell'uguaglianza.
Come nasce Dell’uguaglianza?
L’idea di fare una performance a L’Aquila è nata dal mio incontro con il pittore aquilano Pelin Santilli. Pelin è un artista low brow di grande talento. Le figurine dei suoi mondi surreali e simbolici mi hanno colpita, come il desiderio di allargare i suoi interessi alla performance art, creando un lavoro nuovo insieme a me. In quel periodo stavo sviluppando insieme all’attore Daniele Sirotti un progetto performativo profondamente “politico” che ambiva a mescolare il linguaggio della performance art con la videoarte, con le arti visive e con il teatro sperimentale, partendo dai testi “dimenticati” dei grandi autori moderni e contemporanei. Avevamo già sperimentato questo concept di “opera d’arte totale” (Gesamtkunstwerk) nel dicembre del 2013 con la performance PIIGS, basata sul libello Discorso sopra lo stato presente dei costumi degl’Italiani, di Giacomo Leopardi. Ho pensato che Pelin potesse essere integrato in questo progetto per elaborare un’opera dedicata specificamente alla città de L’Aquila. Quando Pelin mi ha raccontato di aver ritrovato un vecchio libro che aveva perso, il Me-ti di Brecht, rimettendo a posto le sue cose dopo il terremoto del 2009, ho capito che avevamo il testo “dimenticato” da cui partire. Non poteva trattarsi di un caso: un testo perduto e ritrovato – come in una strana favola dark – tra le proprie “macerie” domestiche. Un testo “scaturito” dal terremoto, che parla dei grandi terremoti della storia.
Cosa è il Me-ti?
Il Me-ti è stato composto da Brecht tra il 1934 e il 1937 e ha molto poco a che fare con i suoi lavori destinati al teatro. Si tratta di un'irriverente metafora politica composta con lo stile del famoso Libretto Rosso di Mao Tse-Tung, abitata - o infestata - da una serie di personaggi sotto i cui nomi esotici si nascondono delle figure simbolo dell'iconografia storico-politica e della cultura europea di quel tempo - e forse di tutti i tempi. E così scopriamo che Engels è il Maestro Eh-fu, che Hegel è il Maestro Hu-jeh, che Marx è Ka-meh, che Lenin è Mi-en-leh, Anatole France è Fan-tse, e che c'è posto anche per lo stesso Brecht, sotto le spoglie di Kin-jeh. Il Me-ti è insomma un piccolo gioiello di libro che evoca sommovimenti e capovolgimenti, moti burrascosi e cambiamenti repentini, in sella all'eterno dibattito sul governo dell'uomo, sulla società e sulla morale, in un periodo storico caratterizzato da grandi speranze e fermenti. Nello stesso tempo la narrazione è piacevolmente astratta e si snoda in maniera lineare puntellandosi su piccoli quadretti filosofici che partono dal particolare più infimo dell'esistenza umana per ricavarne altissimi principi universali. Un libro eterno che ti spinge tra le onde della storia come su una zattera, facendoti intravedere tra gli spruzzi la luce di un faro tremendamente vicino. Ti cito i miei passaggi preferiti: "Ci sono poche occupazioni, disse Me-ti, che danneggino la morale di un uomo tanto quanto l’occuparsi di morale. Sento dire: Bisogna amare la verità, bisogna mantenere le promesse fatte, bisogna lottare per il bene. Ma gli alberi non dicono: Bisogna essere verdi, bisogna lasciar cadere verticalmente i frutti al suolo, bisogna frusciare con le foglie quando ci passa il vento." "Ci sono molti modi di uccidere. Si può infilare a qualcuno un coltello nel ventre, togliergli il pane, non guarirlo da una malattia, ficcarlo in una casa inabitabile, massacrarlo di lavoro, spingerlo al suicidio, farlo andare in guerra. Solo pochi di questi modi sono proibiti dal nostro Stato."
Parlaci meglio degli altri ideatori del progetto. Come vi unisce l’arte?
Pelin Santilli è il nostro pittore, il saggio del gruppo. E’ una mente vulcanica nutrita da un immaginario simbolico, dettagliato e ossessivo. Ogni suo quadro, ricchissimo di particolari, è una storia infinita che si dipana in molteplici direzioni, animata da personaggi/archetipi dal sapore infantile e inquietante allo stesso tempo. Pelin è un combattente della manualità minuziosa, paziente e metodica. Sembra starsene in disparte a disegnare, chino e annichilito sul suo universo fantasmagorico e allucinatorio, ma alla fine ne esce sempre vittorioso. Daniele Sirotti è l’attore estroverso, il mattatore, la “puttana da palcoscenico”. Interprete Shakespeariano, ha lavorato per la tv, il cinema, il teatro di Gabriele Lavia. E’ una spugna che assorbe il mondo e lo rielabora senza sosta. E’ un “avvocato del diavolo” pronto a sostenere una verità e a demolirla due secondi dopo. Da regista io ho un rapporto sempre conflittuale con gli attori e a volte mi sono vista costretta a “contenere” questa sua personalità dirompente, i suoi “picchi”, come li chiamiamo scherzosamente tra noi. E’ un animale che si eccita appena vede una luce, una ribalta, il pubblico. E’ la voce della performance. Cosa ci unisce? Direi l’amore per l’Arte ovviamente, per le grandi sfide, anzi per le sfide “impossibili”, e un pizzico di sana follia.
Una performance sul tempo.
Una città fantasma.
Una scenografia mobile che si trasforma con la musica.
Una voce nel buio che racconta una storia. Questo e cosa altro è Dell’uguaglianza?
Dell’uguaglianza è un gioco di equilibri visivi e concettuali. Nella mia testa vedo la performance in bilico tra questi due elementi fortissimi come poli magnetici: da una parte c’è il testo di Brecht, la nostra fonte di ispirazione, che racconta una storia fatta di corsi e ricorsi, di capovolgimenti, di moti e rivoluzioni tese alla grande utopia del governo umano, della pace sociale. Un racconto ciclico, ripetitivo, spiraliforme. Dall’altra parte c’è questa scultura di legno di tre metri che ho disegnato. E’ una struttura ben piantata a terra che però svetta verso il cielo, in perenne tensione verticale. Una struttura che si trasforma - grazie a una serie di parti mobili e a un complesso sistema di proiezioni video interne ed esterne - e che assume significati diversi a seconda del modo in cui il mio corpo interagisce con i suoi meccanismi segreti. Una macchina leonardesca, profondamente performativa, in cui all’inizio sono intrappolata e che alla fine riesco a piegare ai miei desideri, alla mia fantasia, trasformandola in una protesi del mio corpo. Lo spettacolo nasce dal dialogo centrifugo tra questi due elementi, molto vicini e molto lontani: tra il testo e il mio corpo chiuso all’interno della struttura, tra la parola e l’azione fisica, tra l’apparente ineluttabilità dei fallimenti umani e la meraviglia dello spirito creativo. Dal rapporto tra questi elementi nasce una ricerca di equilibrio nel disequilibrio, di stabilità nell’instabilità inevitabile dell’esistenza, di senso nell’insensatezza, di pace nel caos, di fantasia e immaginazione nelle macerie.
In concreto cosa è l’uguaglianza, può esistere realmente come valore? E’ giusto combattere per ottenerla o è opportuno anche valorizzare la diversità?
L’uguaglianza sociale non è un’opzione. Solo nell’uguaglianza sociale l’uomo può raggiungere il pieno sviluppo individuale e valorizzare la meravigliosa diversità che ci contraddistingue come specie.
L’Aquila città fantasma, che simboleggia perfettamente il nostro tempo. Perché?
Perché è una città bloccata, annichilita, tenuta insieme da un esoscheletro di tubi di ferro e impalcature di legno. E’ la memoria e la gloria del passato ingessate dall’incapacità del presente. E’ un mondo in cui tutto si è fermato, come nella favola della Bella Addormentata. Questa atmosfera surreale l’avverti sulla pelle quando passeggi per quelle strade, per quelle vie, sotto quella fitta ragnatela di ponteggi e di strutture protettive. E’ un corpo ferito a morte e mantenuto in coma farmacologico, perché nessuno sa da dove cominciare e non si vuole prendere la responsabilità… di cominciare. E’, in moltissimi sensi, la metafora del nostro paese.
In che senso questo progetto funge da riscatto per la città?
Questa performance, come le innumerevoli iniziative artistiche, sociali e culturali che gli imperterriti aquilani stanno portando avanti testardamente, ogni giorno, è un modo per dire che noi non ci fermiamo e che ci prendiamo la nostra fetta di responsabilità. La responsabilità di provarci, di cercare una via, eventualmente anche di fallire.
Come vivono gli aquilani il post-terremoto? Sono rassegnati o hanno voglia di risorgere?
Gli aquilani che ho imparato a conoscere sono gente straordinaria. Cocciuti e forti come tori. Hanno una capacità commovente di combattere senza piangersi addosso. Ogni giorno organizzano qualche evento, qualche iniziativa, per portare vita dove vita non c’è più. Gruppi di giovanissimi, associazioni, collettivi indipendenti. Anche in questo L’Aquila simboleggia il nostro tempo, perché nell’immane tragedia capisci che la proverbiale creatività della gente del nostro paese è ancora viva, proprio lì, al centro del nulla, è anzi sempre più affamata e ansiosa di esprimersi.
Flow, una scultura altissima, sarà la scenografia della performance. Un commento.
Flow è alta precisamente tre metri. Ho deciso con il mio artigiano di renderla ancora più imponente. E’ il fulcro scenografico dello spettacolo, come una piccola torre in cui si concentra e da cui si sviluppa l’azione fisica. La scultura, di base ottagonale, ha la forma di un'architettura metafisica. Grazie a un complesso sistema di scale, pannelli avvolgibili di carta di riso, aperture, parti mobili e specchi, la scultura si trasforma in continuazione. Questa capacità di trasformarsi - come un organismo vivo, autosufficiente, guidato da un pervicace istinto di sopravvivenza che lo spinge ad adattarsi all’ambiente, a mimetizzarsi, a evolversi - è determinata non solo dalla struttura e dai suoi meccanismi segreti, ma anche dalle diverse modalità di interazione con il mio corpo, e alle proiezioni video esterne ed interne E’ un flusso trascinante (Flow), che muta senza sosta agli occhi degli spettatori, assumendo diversi significati e determinando diversi stati d'animo e interpretazioni:
- protezione: casa, ventre materno, nido, cupola di una chiesa
- claustrofobia: gabbia per gli uccelli, prigione, impalcatura per una città ferita
- fierezza: pulpito, balcone, enorme gonna che esalta la figura femminile
- fuoco: rogo, pira, vulcano che erutta, magma dall'inconscio
- sogno: caleidoscopio onirico, illusione ottica, miraggio, isola, mulino a vento
- fiaba: castello, grotta, ventre della balena, giostra, fata e strega
Dal punto di vista percettivo la struttura è stata pensata per evocare le impalcature e la fitta ragnatela di sostegno che imballa ancora il centro storico de L’Aquila; un guscio che imprigiona e allo stesso tempo protegge, nasconde e contemporaneamente rivela. Un manto camaleontico e misterioso, come le parole dei personaggi del racconto di Brecht, caratterizzato da un continuo dialogo tra esterno e interno, luci e ombre, forza e fragilità.
Verrà proiettato anche un film?
Non verrà proiettato un film, durante la serata, ma verrà realizzato un film. Un film che racconterà la città e il nostro intervento, il backstage, la performance, le atmosfere, insieme alle interviste ai tanti collaboratori e amici artisti che hanno deciso di sostenerci e di accompagnarci in questa piccola avventura.
Questo progetto si basa sul crowdfunding?
In parte stiamo sostenendo i costi vivi della produzione attraverso il crowdfunding. Purtroppo questo tipo di raccolta fondi non è molto conosciuto in Italia, ma fortunatamente possiamo contare su importanti collaborazioni che ci hanno consentito di abbattere i costi più importanti. Tra queste collaborazioni cito quella con ARTTIRE, un giovanissimo progetto artistico che collaborerà alla realizzazione dei costumi di scena. Importante sarà poi la presenza di Roberto Muffoletto, della piattaforma VASA Project che è uno dei media partners del progetto. VASA è un network con sede negli Usa e in Austria, dedicato alla diffusione della cultura digitale.
Pensate di portare la performance in altre città italiane?
Stiamo già organizzando altre rappresentazioni in Abruzzo e in altre regioni d’Italia. L’idea è di trasformare Flow in un’installazione migrante, viva, che contamini il territorio.
Per maggiori informazioni:
http://piigsperformance.tumblr.com/