Del Sultanato di Oman ne ho sempre sentito parlare in termini lusinghieri, tanti sono i turisti che tornano a casa pienamente soddisfatti. Dai loro racconti ne emerge un Paese ricco di fascino che sorprende per i paesaggi, per le atmosfere e per la cordialità dei suoi abitanti. Tuttavia, trattandosi in prevalenza di viaggi organizzati dai tempi ristretti, sento il bisogno di andare a cercare conferme di persona. Entro in Oman dal valico di Hatta, seguendo strade lisce come tavoli da biliardo. La compagnia di autobus Khanjiry Transport è l’unica rimasta a collegare via terra Dubai alla capitale Muscat, nel sud-est della penisola arabica, una delle città più antiche del Medio Oriente e la più popolata del sultanato.

A differenza di Dubai, conosciuta per il suo lusso e una popolazione composta da espatriati proveniente da tutto il mondo, Muscat conserva un'atmosfera più tradizionale e ha una popolazione principalmente composta da cittadini omaniti. In altre parole, Muscat offre un'esperienza più vicina allo stile di vita arabo.

È una città estesa lungo il litorale del Golfo dell'Oman, stretta da mare e monti per una cinquantina di chilometri. Dopo nove ore di comodo viaggio, due delle quali trascorse in dogana, verso mezzanotte il bus si ferma in una buia stradina nel quartiere di Ruwi, mentre il mio albergo si trova nel quartiere di al-Ghubrah, distante venti chilometri. A Ruwi, il caotico quartiere indiano denominato Little India, c’è la principale stazione di autobus di Muscat ma è notte e al momento è deserta.

Una ragazza omanita fermata per strada mi accompagna nella zona dei taxisti e, a sorpresa, tratta per me il prezzo. Il costo è di 3 Rial, l’equivalente di 7 euro e mezzo. Già Dubai mi aveva stupito per i costi moderati, adesso e nel proseguo della mia permanenza scopro che, in generale, il costo della vita in Oman è addirittura inferiore a quello di Dubai. Ne ho subito conferma anche dall’ampia camera dell’hotel in cui alloggio, dotata di ogni comfort moderno, al costo di 27 euro a notte. Solo qualche giorno prima, essendo l’economia dell’Oman basata sui petroldollari, ero convinto del contrario.

Alla donna delle pulizie filippina chiedo come va la vita qui e lei torce il naso: “Lavoro 12 ore, me ne pagano 9”. Abdul, l’egiziano alla reception, dice che in città si vive bene ma nei villaggi c’è ancora miseria. La signora scozzese presente afferma che adora vivere in Oman e ne prende le difese: “In tutti i paesi c’è il lato B, l’Oman è un paese in via di evoluzione in gran parte ancora da costruire e tuttora non ha raggiunto quel benessere diffuso. È la città il fulcro dell’espansione, da qui si comincia a vivere la ricchezza. C’è bisogno di mano d’opera e a volte i lavoratori vengono sfruttati come dovunque, occorre tempo”.

In effetti, bisogna tenere presente che fino a pochi decenni fa l’Oman era chiuso e isolato dal resto del mondo. Solo grazie alla politica lungimirante del sultano Qaboos, il paese ha aperto le frontiere agli stranieri e al turismo. Da straniero, mi rendo conto che basta citare il suo nome per essere pervasi da un profondo senso di gratitudine e rispetto.

Nella caffetteria accanto all’albergo, per colazione ordino un ottimo umani porotta, ovvero una calda focaccia indiana ripiena di formaggio, uovo e servita a bocconcini. Unitamente ad un bicchiere di karak-tea, il tè al latte molto usato nella regione del Golfo, per tutto spendo l’equivalente di 1,25 euro. Dal fornaio di fronte prendo quattro squisiti samosa, fagottini fritti ripieni di verdura e pollo al costo di 0,13 euro l’uno. Non distante c’è il mega LuLu Hypermarket, moderno complesso commerciale fornito di negozi di vario genere, ristoranti, cinema, teatro e un fornitissimo supermercato, con un incredibile selezione di cibi a noi sconosciuti. Qui si trova ogni cosa, dal mobilio alle mille varianti di datteri e, considerando i prezzi esposti, è facile constatare che sono molto inferiori a quelli praticati in Italia.

Per prima cosa corro a vedere il gioiello del Sultan Qaboos Grand Mosque, non distante da dove alloggio. È la più grande e importante moschea dell’Oman, una tra le più belle al mondo, che mi crea subito una grande emozione. Resto per ore a girare in ogni angolo di questa oasi di serenità fino a quando non si svuota completamente, senza che nessuno mi disturbi. Apprezzo subito l’eleganza di questo imponente ed essenziale capolavoro di moderna architettura islamica realizzato in marmo e pietra arenaria indiana. Mi spiegano che i quattro minareti, ognuno alto 90 metri, rappresentano le quattro scuole di pensiero islamico.

La corrente islamica predominante in Oman, l'Ibadhismo, ha lasciato tracce indelebili sia qui che nel paesaggio architettonico della città. È il dono fatto nel 2001 dal sultano Qaboos bin Said al suo popolo in occasione dei 30 anni di regno. La caratteristica principale dell'interno è certamente il tappeto persiano di 70x60 metri e 21 tonnellate che copre il pavimento della sala principale delle preghiere. Al centro pende il prezioso e imponente lampadario realizzato in quattro anni dalla ditta italiana Faustig di Bressanone. Sia il tappeto che il lampadario sarebbero stati i più grandi del mondo, prima di venire superati dalla Gran Moschea dello Sceicco Zayed ad Abu Dhabi.

Dei cinque milioni di persone che popolano l’Oman, si stima che circa due abitino nella capitale e nelle sue immediate vicinanze. Città ricca di storia, composta da diversi quartieri distinti in un lungo susseguirsi di sobborghi, ciascuno con le proprie caratteristiche e attrazioni, facili da visitare grazie ad un efficiente rete di autobus urbani e, soprattutto, all’agilità di movimento dei taxi collettivi che conducono dovunque per poca spesa. Pochi i grattacieli, limitati allo Sheraton hotel e all’Hatat Complex di 16 e 12 piani, e tutti gli edifici devono per legge richiamarsi alla tradizione: “Aperti al mondo senza adottarne gli eccessi”.

Scendo alla fermata del porto per vedere il moderno ma pittoresco mercato del pesce e gustare, fin dal suo inizio, l’iconica baia di Muttrah, che si estende per non più di 500 metri in una suggestiva corniche di eleganti edifici color pastello dominati dal minareto della moschea Sayyidah che in modo garbato sovrasta l’abitato. Muttrah è una parte importante della storia e della cultura di Muscat e continua a essere un luogo affascinante che attira visitatori da tutto il mondo.

L’attrazione principale, presa d’assalto sia dai residenti che dai croceristi, è il suo splendido souq, uno dei mercati più famosi e antichi del Medio Oriente, il luogo migliore per cogliere l’anima di Muscat. Un labirinto di vicoli stretti e coperti, dove è possibile trovare una vasta gamma di merci, tra cui tessuti, spezie, artigianato locale, profumi e soprattutto gli incensi omaniti. L'Oman, infatti, è famoso per la produzione di incenso di alta qualità, che ha una lunga storia e una grande importanza culturale nel paese e nella regione, conosciuto per la sua purezza ed un aroma intenso unico.

Salah, il garzone di bottega col capo avvolto nel mussar, il turbante bianco omanita, me ne elenca le molteplici proprietà terapeutiche: “Oltre a profumare la casa, assorbire i cattivi odori e rilassare la mente, in medicina è usato per problemi di pelle, bronchi, dolori reumatici e artritici, aiuta a ridurre lo stress e tant’altro”. Ne esistono di tre tipi, il più pregiato è quello estratto dalla resina degli alberi nella provincia di Dhofar. Per osservare e fotografare con discrezione a 360 gradi, la tozza torre rosa all’ingresso del souq è il luogo ideale, mentre alle spalle del souq trovo una serie di strette vie che si estendono nel cuore dell’antico quartiere, caratterizzato da botteghe, negozi, caffè tradizionali e piccoli ristoranti che offrono piatti tipici omaniti.

Quest'area offre una prospettiva autentica della vita quotidiana a Muscat, con residenti che vanno avanti nelle loro attività quotidiane. È un luogo ideale per immergersi nell'atmosfera locale e per scoprire la vera entità dell'Oman. Qui l’alta percentuale di donne che indossano il tradizionale niqab, velo che lascia scoperti solo gli occhi, rende la scenografia generale esotica. Sia le donne nella loro abaya, l’abito nero che arriva alle caviglie, sia gli uomini nel bianco dishdasha, in entrambi noto che i loro capi d’abbigliamento, ideali per comfort e freschezza nel caldo clima del paese, sono perennemente stirati di fresco e immacolati, senza mai neppure una piccola macchia di polvere o altro. Questo dettaglio sulla cura della persona e dell’immagine denota un rispetto delle regole sociali e dell’estetica.

Oltre al souq storico e al Gold Souq, mercato coperto rinomato per la sua vasta selezione di gioielli in oro e altri metalli preziosi, il quartiere di Muttrah vanta anche il museo Bait al-Baranda (“Casa Veranda”, in arabo), un classico edificio degli anni Trenta che raduna mostre, reperti e esposizioni che forniscono un'idea del passato dell'Oman e offrono uno sguardo sulla ricca quotidianità locale, dalle epoche antiche fino ai giorni nostri. La massiccia struttura di Fort Muttrah, arroccato sulla roccia nella parte orientale della corniche, fu costruita dai portoghesi alla fine del Cinquecento.

La sua posizione strategica ha reso il forte un punto di osservazione ideale per monitorare le attività portuali e difendere la città dagli attacchi esterni. Al suo interno non c’è molto da vedere ma dal torrione più alto, accessibile tramite una ripida scala, si gode di un’ampia vista panoramica sulla baia e sulla città circostante.

Continuando a seguire per un paio di chilometri il curato e piacevole lungomare verso ovest, costellato da sculture di delfini e da gazebo in granito rosa, dopo la spiaggia e il parco di Kalbuh si arriva al massiccio gate d’ingresso alla Old Muttrah Town. Il piccolo nucleo storico di Muscat cinto da mura è caratterizzato da strette stradine lastricate, edifici storici, antichi bastioni e mura di difesa che risalgono ai tempi passati dell'Oman. La sua architettura tradizionale, con influenze arabe e persiane, crea una sensazione unica.

In breve, si raggiunge il parapetto affacciato sulla baia protetta dai forti portoghesi al-Mirani e al-Jalali. A destra, oltre la cancellata, emerge l’elegante e singolare edificio a forma di fungo dell’al-Alam Palace, il palazzo cerimoniale ufficiale del sultano dell’Oman. Costruito per l’amato Qaboos durante i suoi 50 anni di regno, al-Alam è utilizzato oggi per ricevere ospiti di alto rango e dignitari stranieri.

Mi unisco ad un gruppo di turisti spagnoli solo per ascoltare la narrazione della loro guida: “Il sultano Qaboos ha guidato l'Oman attraverso un periodo di trasformazione e sviluppo significativi. Quando prese il potere l'Oman era un Paese molto arretrato, gravemente carente di infrastrutture, con solo dieci chilometri di strade asfaltate e una popolazione dedita all'agricoltura e alla pesca. Qaboos ha modernizzato il paese partendo da zero, utilizzando i proventi del petrolio. Sotto il suo governo, l'Oman ha visto promuovere l'istruzione, la sanità, l'infrastruttura e l'economia in genere. Dopo la sua morte nel 2020, suo cugino Haitham bin Tariq al-Said, è diventato il nuovo sultano dell'Oman, continuando il percorso di sviluppo e progresso tracciato dal suo predecessore”. Un uomo che si è speso per il bene dei suoi sudditi attraverso un vero e proprio rinascimento omanita.

Non distante, le sale del moderno edificio del Nazional Museum ospitano una vasta gamma di esposizioni che raccontano i fatti dalla preistoria ad oggi. Non è gigantesco ma ben organizzato e facile da visitare in un paio d’ore. Qui si apprende come l’impero omanita è stato un dominio marittimo, in competizione con il Portogallo e la Gran Bretagna per il commercio e l’influenza nel Golfo Persico e nell’Oceano Indiano. Al suo apice nel XIX secolo, l’influenza o il controllo dell’Oman si estendeva attraverso lo stretto di Hormuz, agli odierni Iran, Pakistan e lungo la costa africana fino a Capo Delgado in Mozambico.

Nel minuscolo centro dell’antico borgo, ho la fortuna di capitarvi proprio nel giorno della parata dei militari a cavallo e dei beduini in alta uniforme su dromedari, accompagnati dalla banda musicale della Royal Army of Oman al suono di cornamusa, strumento e genere musicale voluto in Oman dal sultano Qaboos. Ascolto musica scozzese dai singolari influssi arabi ed eseguita in modo pregevole. A differenza di altri paesi arabi, la musica tradizionale dell'Oman ha una forte enfasi sul ritmo.

Andando invece al mare, la spiaggia cittadina più curata e frequentata è Qurum Beach, lungo la corniche di Muscat. È la zona esclusiva scelta dalle ambasciate, con diversi ristoranti, caffetterie, negozi, hotel di prestigio e una vita notturna intensa, vissuta tra bar, pub o anche night club che dopo cena attraggono folle di espatriati occidentali. Bell’ambiente e approccio spartano al Rock Bottom Cafè del Ramee Guestline Hotel, locale a tema americano e sempre molto frequentato sia per la musica dal vivo che per le gare di biliardo con giocatori di standard piuttosto alto. Chiude alle 3 di notte.

A Qurum Beach, la passeggiata a bordo spiaggia con gazebo e fila di palme da cocco è piacevole ma troppo breve, limitata alla zona dove si arriva con le auto. Ho camminato sulla sabbia fino al mio hotel nel quartiere di al-Ghubrah, lungo la chilometrica spiaggia a tratti deserta e in altri fornita di aree pic-nic, dove gente cordiale gioca a bao con le conchiglie e mi invita per un caffè con datteri.

Qui incontro il giovane Akhmed, pugile da tre anni campione d’Asia, che con la sua Jeep mi accompagna all’abbagliante complesso bianco-latte della Royal Opera House, un teatro multiuso voluto sempre dal sultano Qaboos ed inaugurato nel 2011 con una esecuzione dell’opera Turandot diretta dal tenore spagnolo Placido Domingo.

In conclusione, l’Oman è un Paese al quale mi sono affezionato essendo il suo tratto distintivo vera e propria arte politica che racconta la storia del suo passato, celebra il suo presente e guarda al suo futuro con equilibrio ed armonia.