Alla fine, siamo riusciti a trovarla, mia madre, ma ce n’è voluto.
Dopo le solite, estenuanti cinque ore di attesa, mi sono allontanato, per prendere generi di sostentamento alle macchinette. Non mi fido mai di tutti quei venditori “autonomi”, che affollano a turno la sala d’aspetto del Soccorso, abusivi che sono tollerati perché danno agli astanti un senso di accoglienza, che le procedure di ingresso non infondono affatto. Allora vanno davanti ad ognuno di quelli in attesa ad offrire caffè fatto a casa, bibite, panini e tramezzini, dolci e caramelle. La loro presenza torna utile per distrarre le persone, camuffando il reale scorrere del tempo, così diverso in quei locali, in ossequio alla targa affissa sull’ingresso: “lasciate l’orologio, voi ch’entrate”. Triste ammonimento a quello che succede varcata quella porta. Lì il tempo scorre diversamente, rallenta, si contrae, riparte, si ferma ancora.
Prima che il paziente superi quella soglia, recita, con fiducia, le sue litanie:
San Geronimo, fammi arrivare primo,
Grande Yoda, non farmi trovare la coda,
Santi benedicenti, non fate arrivare vittime di incidenti,
Santo ortodosso, non farmi trovare un codice rosso,
Nostra signora della latitanza, non far arrivare l’ambulanza.
Oltre la porta, si apre un mondo infernale, diviso in gironi proprio come quello dantesco. Gironi non contraddistinti da numeri, come i cerchi della Commedia, ma da colori, ultimamente passati da quattro a cinque, ma sempre suscettibili di incrementi.
Nel primo girone ci sono i malati immaginari, o quasi malati, i codici bianchi, destinati a rimanere un tempo indefinito ad aspettare, perché ci sarà sempre qualcuno più grave da assistere prima. Qui i parenti improvvisano tornei di burraco e fraternizzano con gli ambulanti. Sono anche destinati a pagare il ticket, se, come spesso accade, la loro patologia non viene ritenuta degna del servizio, ignorando il fatto che ormai un medico di famiglia che accetti di curare le piccole emergenze, o una guardia medica che faccia altrettanto, sono più difficili da trovare della classica mosca bianca.
Segue il girone dei codici verdi, popolato da coloro che hanno qualche male, ma di lieve entità e sono lasciati lì, a pentirsi di non avere il coraggio di andarsene. Qui i parenti chiedono di nascosto agli ambulanti alcool e droghe, perché senza non ce la possono fare ad affrontare la lunga attesa che li attende.
C’è poi il girone dei codici azzurro, una vera rarità, tanto che qui i pazienti cominciano a guardare gli altri con una certa aria di superiorità, convinti di essere ad un passo dal farcela. I parenti passano il tempo contando quelli che li precedono in codice verde o rosso, e facendo scommesse su chi sarà chiamato. Nel girone dei codici arancio, ci sono pazienti con malanni accertati o presunti, che non versano in imminente pericolo di vita, ma potrebbero peggiorare in fretta senza assistenza, con i parenti impegnati, in una continua quanto inutile lotta di sfinimento, a far notare il progressivo peggioramento delle condizioni dei propri cari al cerbero di turno, che dispensa i cartellini.
Cerbero che, come tutti i colleghi, indossa una sostanziosa armatura, che lo fa sembrare più un artificiere che un infermiere. Pensi che sia per proteggerlo dai contagi, parte integrante e rischio del mestiere, invece, scopri che serve a proteggerlo dalle ire dei parenti, parte integrante della maleducazione e della frustrazione, che spingono la gente ad aggredire fisicamente quei poveretti, che starebbero lì per curare tutti. Sono lontani, ormai, i tempi in cui il personale medico era raffigurato come angeli ed eroi. Infatti, Cerbero non si sente affatto apprezzato da quella massa indistinta che gli sta davanti, ma anzi ne ha paura e pensa “ma chi me lo fa fare”? E, nei momenti, rarissimi, di calma si scopre a sognarsi in un bel pronto soccorso del Nord, dove tutte queste brutte cose non succedono o, meglio, all’estero dove il personale medico è riverito e strapagato.
Invece, gli tocca stare lì e, con la mano, che in un tic nervoso continuo, va sempre a tastare il telecomando collegato alle forze di pronto intervento, per provare un vago senso di protezione. Vago perché sa che, premendo quel bottone, arriverà prima o poi, un drappello di gendarmi in tenuta antisommossa a difenderlo dagli attacchi. Purtroppo, anche tre o quattro agenti, spesso possono poco quando i parenti iracondi sono una trentina o anche più e allora lo sfortunato operatore deve solo sperare nel buon funzionamento della sua corazza.
Infine, si intravede il girone dei codici rossi. La crema, l’élite, la serie A. Quelli che stanno proprio male, che sono separati dall’ingresso da un niente, potrebbero essere chiamati in ogni momento. L’unica cosa che può ritardare l’agognata meta è il temutissimo arrivo di un’ambulanza. Sentirne il lugubre ululato significa scalare di un posto, rimandare ancora l’ingresso per la visita, perdere le speranze sul più bello. Qui i parenti vagano, come anime in pena, nell’area di arrivo delle ambulanze, escogitando metodi per ritardare il cammino dei mezzi, per favorire l’ingresso dei cari malati in attesa.
Esiste anche un nemico peggiore dell’ambulanza. È un girone invisibile, ma pronto a palesarsi all’improvviso: il girone degli amici. Terrore di tutti i parenti accompagnatori, l’amico arriva muovendosi sottotraccia, in silenzio, senza accompagnatori al seguito e raggiunge il Cerbero, al quale mormora qualcosa. Miracolosamente per lui si aprono le porte magiche e viene accolto con solerzia da un collega del Cerbero, fra i mugugni dell’intera sala d’attesa.
Così, in questo bellissimo ambientino infernale, ho dovuto portare mia madre, con forti dolori addominali. E me la sono persa. Tornando dalle macchinette con tramezzini e patatine, la sorpresa di non trovarla. Dopo aver chiesto, senza convinzione, al vicino di posto se fosse stata chiamata ed aver avuto, ovviamente, risposta negativa, ho iniziato ad organizzare un gruppo di ricerca. Ci siamo divisi le zone e io sono andato a cercare nei bagni.
Le mura del locale sono tappezzate di scritte e disegni, come le celle di un carcere: Antonio, 5 ore il 21/6/20; Maria 8 ore il 5/5/21 e così via. La scritta che mi sorprende davvero recita Mimmo e Anna insieme per 6 ore, per tutta la vita con amore. Che meraviglia pensare che l’amore possa fiorire anche in posti infernali come questo. Due sconosciuti stanno sotto lo stesso tetto per qualche ora, scambiandosi confidenze che servono far passare il tempo e nel frattempo Cupido su diverte a prenderli a frecciate. Pensando a tutto ciò ho perso di vista la missione di ricerca. Mi sono scosso dal torpore ed ho cominciato a bussare alle porte chiuse e finalmente l’ho ritrovata. Spossata dall’attesa ha ceduto a Morfeo e si è addormentata.
In quel momento, proprio un attimo prima di svegliarla, sapendo che appena sveglia mi avrebbe chiesto di andare via, ho visto la luce, ho avuto la folgorazione, l’astuta idea risolutiva. Dopo aver messo su la faccia più preoccupata di cui fossi capace, sono corso davanti a Cerbero gridando “aiuto, una persona è svenuta in bagno, aiuto”. Incredibilmente, Cerbero ha lasciato la sua postazione di trincea, per uscire, solo pochi secondi dopo, dalle porte magiche, spingendo una lettiga con un altro infermiere. Ancora pochi minuti e li ho visti rientrare, portando mia madre, che si guardava intorno un po' stranita, dato che, ovviamente non riusciva a capacitarsi di quanto stava accadendo. Ebbro del successo ho tentato il colpo grosso, il capolavoro e mi sono avvicinato di nuovo a Cerbero, appena rientrato al suo posto, chiedendogli di entrare per assistere la vecchina, ottenendo in risposta un secco “I parenti aspettano fuori. Chiamiamo noi”.
Vabbè, non si deve nemmeno pretendere di stravincere. Sono tornato al mio posto con una ritrovata calma ed ho aperto un pacchetto di patatine, per continuare ad ingannare il tempo, che adesso era tornato a scorrere quasi come scorre al di fuori delle mura di quello che una volta si chiamava Pronto Soccorso ed adesso solo Soccorso. La parola Pronto, i cui segni sono ancora ben visibili all’esterno, è stata tolta quando la pubblicità ingannevole è diventata reato.