Devo appuntare i nomi per farmeli tornare in mente, ci vuole metodo, partiamo dalla prima persona alla quale l’ho detto, Manuel, ecco, il primo mi pare sia stato lui, eravamo al bar soli soletti, con una musica di merda che mi spaccava i timpani, abbiamo cominciato con un paio di birre e siamo finiti a raccontarci la vita davanti a un boccione di rosso e due rum a testa e lì gli ho raccontato tutto, sin nei dettagli, sono uscito di là che mi pareva di avere la testa in una grancassa.
Mentre tornavo a casa sbarellando ho incontrato Marina che mi ha preso a braccetto, flirtiamo da un po’ e dorme a casa mia, era bella carburata anche lei, abbiamo stappato l’ultima bottiglia e poi a letto le ho raccontato tutto, era come se parlassi da solo, mi pareva di non dirlo a nessuno se lo dicevo a lei ma sbagliavo. Il mattino dopo mi son svegliato e l’ho sentita che raccontava la faccenda per filo e per segno alla sua amica Roberta, le ho strappato di mano il telefonino e l’ho buttato dalla finestra gridandole "Vaffanculo stronza, ti avevo detto di non dirlo a nessuno" e sono uscito sbattendo la porta.
Così anche Roberta sa tutto, sto appuntando la lista sul bordo del giornale, accanto all’articolo che parla di quel che è successo, enorme dispiego di forze congiunte di polizia e carabinieri, gli inquirenti brancolano nel buio nessun testimone, strage sfiorata… porca miseria a chi altro l’ho detto, ma certo, Luca, sono andato da lui perché ero spaventato a morte e comunque Luca sicuramente non dice niente a nessuno, è una tomba naturale nel senso che parla poco o niente, figurati se va a raccontare una cosa simile. Certo che mi sono cacciato in un bel casino, ma come facevo a saperlo?
Me ne stavo bello rilassato al sole seduto al Riviera, non è che uno si aspetta che il mondo gli caschi addosso mentre legge le previsioni del tempo. Telma, ecco chi non riuscivo a ricordare, il giorno dopo è passata da casa per lasciar giù un libro per quella zoccola di Marina, le ho offerto un tè e mi ha detto subito che avevo una brutta faccia e a me è venuto da raccontare la storia pure a lei, mi rivedevo la scena, io seduto al bar, quell’uomo che si avvicina, io che alzo gli occhi dal giornale e lo guardo, lui che passa alle mie spalle e io che dopo che è passato mi volto a guardarlo mentre si avvicina a un tavolo con della gente, lui, come avesse sentito che lo guardavo si gira e io mi immergo subito nel giornale senza più alzare la testa ma solo per un po', poi ho dato un’occhiata e l’ho visto, in quel momento è scoppiato il finimondo.
Avevo visto tutto benissimo per cui le ho descritto l'uomo nei minimi particolari. Non ha fatto commenti, mi ha solo detto, alzandosi, che per lei era come se non le avessi detto niente, "No davvero, non so niente, fai conto di non aver parlato con me, non ci voglio entrare in questa faccenda, per fortuna parto domattina per l’India, almeno mi levo da ’sti posti che non li sopporto più e non sopporto più nemmeno quelli come te che si cacciano nei guai e cercano di tirare dentro gli amici, vai a farti fottere Marco" e se n’è uscita di corsa. Io non ho nemmeno capito perché l’ha presa in quel modo, mica cercano lei solo perché le ho raccontato cos’ho visto, almeno non credo, certo che se è vero che bastano sei gradi di separazione per arrivare a incontrare chi si vuole allora io sono già quasi fregato, Manuel, Marina, Roberta, Luca, Telma e sono già cinque, se me ne viene in mente un altro vuol dire che mi trovano di sicuro.
Guardo l’elenco, lo leggo e lo rileggo, è che non mi funziona più il cervello, non riesco a concentrarmi, son pieno di quelle immagini tremende che mi tornano in mente come flash continui, ho lasciato di corsa il bar e ho attraversato il parco e lì ho incrociato Pao e Roy che tornavano dal Sudamerica, belli abbronzati e pieni di Colombia, mi hanno subito raccontato di un’aggressione alla quale hanno assistito in un bar di Bogotà, due armati di fucile mitragliatore hanno cominciato a sparare su tre tipi seduti a bere caffè, li hanno ridotti a un colabrodo e se ne sono andati belli tranquilli. Mica solo in Colombia, gli ho detto subito io da vero coglione, da noi succede ben di peggio e giù a raccontare quel che mi era appena capitato, ecco a chi l’ho detto non era Manuel il primo e così sono sette. Merda.
Apro il frigo e mi prendo una birra, in quel momento si spalanca la porta di casa. Sgrano gli occhi e mi cade di mano la lattina con un botto che mi fa gelare, è quel cretino di Massimo che tempo fa abitava qui e s’era tenuto la chiave, mi dice che ha saputo della faccenda e ha pensato di venirmi a trovare, per darmi una mano, mi mostra un tirapugni con le punte e un grosso coltello a scatto, va al frigo e prende un paio di birre, me ne allunga una e toccando la mia lattina con la sua sorride strano mentre fa scattare la lama.