Gli errori dei padri o delle madri ricadono sui figli, il frutto non cade mai così lontano dall’albero. Una serie di detti popolari che una scienza agli albori, per estensione, codifica nell’epigenetica, ossia l’ereditare anche a distanza di generazioni le esperienze di dolore vissute dai nostri antenati e di come i fattori ambientali possano influenzare la nostra genetica. Senza entrare nel merito di dissertazioni scientifiche, “Epigenetica” di Cristina Battocletti, edito dalla Nave di Teseo, ci riporta a un tema che entra nella carne e nel sangue del nostro essere figli di qualcuno. Nel caso del romanzo della scrittrice di Cividale del Friuli, vincitore del Premio Merano Europa '24, Premio Flaiano 2024 e del Premio Dolores Prato 2024, considerato uno dei migliori libri del 2023 nella classica di qualità de La lettura del Corriere della Sera, essere figlia di una madre disfunzionale. Abbiamo incontrato Battocletti, in una pausa della Fiera delle Parole a Padova, in procinto di partire per prendere parte alla commissione del Premio Comisso.

Perché l’epigenetica?

Ho sempre sospettato che questa scienza empirica, l’epigenetica, potesse spiegare che quello che hanno vissuto coloro che ci hanno preceduto, rimanesse dentro di noi in qualche forma e si ripresentasse sciamanicamente anche nella vita presente. Del resto, io sono cresciuta in Friuli, una terra in cui si ha sempre il timore di disturbare o di risultare indegni. Un tratto, quasi uno stigma, che ti porti dietro in ambienti e città diverse come Milano in cui vivo da tanti anni. Ed è una caratteristica tipica delle popolazioni dell’Est. Ho capito che l’epigenetica è importante ed esiste quando ho cominciato ad occuparmi di biografie. A partire da quella su Giorgio Strehler, triestino di Barcola, che non sarebbe stato chi era se non avesse avuto una madre di origini slovene che suonava il violino e un nonno organizzatore di teatri. Oppure, l’altro triestino Bobi Bazlen, fondatore di Adelphi, casa editrice dove ci sono tutti i fantasmi della Mittleuropa, perché Bazlen era nato lì dopo la prima guerra mondiale, aveva studiato in tedesco, ha capito cosa fosse la paura della persecuzione semita perché era ebreo. Insomma, nel nostro patrimonio famigliare, anche quello più lontano, c’è tutto quello che siamo e che possiamo essere, se lo vogliamo sviluppare.

Cristina Battocletti analizza proprio il legame famigliare, ciò che scaturisce e si tramanda anche al di là del vissuto. La trama di “Epigenetica” ruota, infatti, attorno a una madre Maddalena, che della madre ha pochissimo pur essendolo visceralmente. È una donna vittima della sue dipendenze, instabile, depressa, che perde i capelli e ha poca carne addosso. Ha tre figli: Maria, Pietro e Paolo, nati da tre padri diversi.

Maria, che continuerà a parlarne anche da adulta quando, da scrittrice affermata, metterà in un libro la storia della sua famiglia.

Questa storia deriva dal fatto che tutti noi odiamo o amiamo in maniera folle i genitori; difficilmente riusciamo a staccarci da loro e da quello che ci hanno fatto subire. Maddalena è guardata con gli occhi della bambina, è una donna disturbata e dipendente da droghe e alcol. E’ matta, ma nel senso più bello di intelligente e istintiva che si accorda all’istintività dei bambini ma estremamente egoista. Maria, che da piccola ama moltissimo i suoi fratelli anche se non sono di sangue, è pronta a dare la vita per loro e per la mamma, quando cresce essendole stata tolta la mamma e i fratelli, diventa come la madre col suo stesso egoismo.

Maria differisce dalla madre per destino ma è comunque simile, ancora una volta l’epigenetica affiora.

Maria, rispetto alla madre Maddalena, sa usare di più la socialità, è socialmente accettabile. Prende i successi scolastici e la scrittura come rivalsa verso la vita, non come atto di bellezza. Anche il suo essere scrittrice viene usato come atto di sopraffazione per avere la gloria e scartuccia tutti i suoi affetti primari e questo fa male solo a lei. Questo atteggiamento lo si vedrà nel rifiuto del figlio Emanuele. Un figlio vissuto egoisticamente quando questi era completamente suo, finché lo allattava con una curatela che escludeva gli altri. Quando Emanuele inizia ad avere una via di indipendenza, Maria reagisce capendo che non è più suo e lo rifiuta.

Maria è comunque vittima di se stessa e del suo vissuto e quanto avviene col figlio Emanuele è ancora una volta il frutto di quell’epigenetica malata.

Sì, Maria non ha altro mezzo che buttarsi via, con gli uomini, con l’alcol e lo stesso accade al figlio Emanuele che, abbandonato dalla madre, vive con la nonna che ne fa le veci. Quando muore questa donna, lascia il liceo e va per strada a fare il barbone, perché vuole uscire dalla società come sua madre. Man mano che lui si butta via anche Maria si butta via, in una rincorsa disperata.

“Epigenetica” è un libro che si legge tutti d’un fiato, Battocletti ha una scrittura pervasiva e avvolgente, quasi come il fascino magnetico che Maddalena esercita sui figli e su tutti coloro che incontra.

Perché Maddalena è un personaggio così forte?

Maddalena è una madre assoluta e Maria l’ama pazzamente. Quando i figli le vengono sottratti lei ha un cambiamento epigenetico, l’ambiente la cambia. Quel suo essere svagatamente bella, quella intelligenza sensuale che non ha bisogno di chiedere a causa dell’innamoramento che provoca in tutti, muta e si trasforma in una sorta di buon senso che applica occupandosi di Angiolina, una donna che conosce nella casa di cura in cui è ricoverata. Dimostrando a una Maria incredula di essere in grado di accudire.Il personaggio di Maria è scaturito dal mio inconscio, così come nell’inconscio erano nascosti quei legami famigliari che avevano bisogno di trovare spazio per essere compresi e accettati.

Epigenetica cattura in una rete che è parte di noi, quella della famiglia luogo in cui tutto inizia, ma Cristina Battocletti ha voluto scrivere questo romanzo per pacificare e pacificarsi.

Diciamo che l’accensione viene da Guido Tonelli, uno scienziato che mi ha parlato dell’epigenetica lui ha guidato l’esperimento del bosone di Higgs al Cern di Ginevra, e lui che mi ha dato la sicurezza di questa teoria . Ho voluto scrivere questo libro anche per liberare me stessa e altre persone dal senso di colpa. E devo dire che in certi momenti è stato difficile scrivere certe cose, ma alla fine mi sono sentita liberata e lo stesso mi è stato detto da molte donne che hanno letto il mio libro. E questo forse è stato il dono più grande.