Ore 4:00, suona la sveglia. La produzione di un prodotto regionale, nelle piccole aziende inizia presto, alle prime luci dell’alba.

Le piccole realtà sono fatte di pochi lavoratori e di grandi sacrifici. Gli animali non conoscono giorno di riposo e vanno accuditi giornalmente per mantenere il loro benessere e la produzione attiva. In questo piccolo caseificio nel cuore della Puglia, che oggi prenderemo in studio, è stata fatta la scelta di produrre unicamente caciocavallo. Un formaggio stagionato a pasta filata tipico della zona, che prende la sua tipica forma ad otto per la strozzatura che si forma quando viene fatto stagionare, appeso a cavallo tra le travi di un soffitto.

Il bestiame, che di giorno pascola libero nei campi, viene ora svegliato e spostato dal loro posto nelle stalle alla sala della mungitura, iniziando cosi la prima fase. La mungitura viene fatta in maniera meccanica per poter velocizzare il lavoro e non più in maniera manuale, in modo che il fresco latte caldo finisca direttamente nella seconda sala dove avviene la seconda parte della lavorazione. Una parte di esso viene comunque tenuto, per potersene servire in famiglia e per darlo ai vitellini che si stanno pian piano svezzando dalle madri.

Questo primo latte del mattino viene lasciato raffreddare per un’ora a temperatura ambiente ed unito al latte della mungitura serale del giorno prima, che è stato mantenuto in refrigerazione tutta la notte ad una temperatura di circa 4-5°C. La miscela di latti viene quindi avviata alla sua prima parte della trasformazione, mentre le vacche tornano libere al pascolo a cibarsi dell’erba più fresca che possono gradire per il loro gusto.

Per la produzione di questi formaggi non si usa altro se non latte, siero d’innesto, caglio, sale e una grande tradizione centenaria. Solitamente la lavorazione avviene in enormi caldaie di acciaio inox, dove il latte viene portato ad una temperatura di 36-38°C e addizionato di caglio e siero innesto, che serve a far aumentare l’acidità presente. Con l’aggiunta di questi due ingredienti ha inizio la coagulazione e il conseguente rassodamento, in circa venti minuti. Il coagulo che viene a formarsi viene rotto manualmente con spini metallici, prima a croce e poi in grani. Questo procedimento va avanti con soste di 15 minuti finché la cagliata non è ridotta alla grandezza di un pisello novello.

A questo punto si prosegue con la cottura della pasta a circa 45-50°C per dieci minuti. Dalla vasca di caseificazione viene prelevata una parte di siero e addizionato alla pasta mantenuta in agitazione mediante un bastone. La cagliata si considera pronta quando raggiunge un pH interno di circa 5,2. Si procede quindi con il taglio del pezzo e la filatura, condotta manualmente. Durante la filatura ci si aiuta utilizzando acqua ad una temperatura di circa 90°C e, nel dargli la caratteristica prima forma a pera, bisogna fare attenzione che la pasta assorba la minor quantità di acqua possibile. Quando si ottiene la forma desiderata si ha il rassodamento che avviene in acqua corrente per un’oretta.

Fasi fondamentali per dar a questo formaggio il classico sapore sapido e deciso sono la salatura e la stagionatura. La prima avviene in due diversi fasi, con due diverse salamoie. La prima viene effettuata per 5-6 ore a 20°C in una salamoia al 14%, la seconda per 2-3 ore a 15°C con una salamoia al 18%. La stagionatura ha una durata di almeno 60 giorni e il prodotto deve essere conservato appeso in un ambiente fresco con un’umidità dell’80%, in seguito può anche essere conservato in locali freschi, basta che siano ben aerati.

Dopo una lunga giornata di lavoro, ci si può godere un pranzo veloce e un’ora di sonno. Ore 16:00, suona la sveglia. Tempo della mungitura serale.