Rita e Maurizio sono una coppia di architetti ormai in pensione dopo una vita lavorativa durata più di cinquant’anni. Si sono conosciuti all’Università ed hanno proseguito gli studi insieme. Poi si sa, “Galeotto fu il libro (di testo) e chi lo scrisse” e diventarono una coppia anche nella vita. Laureatisi insieme e poi sposati, hanno condiviso la vita famigliare e professionale ininterrottamente. Hanno avuto due figlie, Teresa e Agnese e, se è vero che crescere i figli è come crescere i cani, con due cani e un camper hanno condiviso momenti di autentica gioia. Ed è questa la storia della loro vita con Teo e Dora. Qua sotto è riportato l’incontro che ho avuto con Rita:
Una vita intensa di esperienze ed emozioni dunque, una vita a quattro, anzi a quattro più due, o meglio una vita a sei … come è successo che, ad un certo punto, la famiglia è aumentata?
“Che non sia un filo di perle”. Questa fu la risposta della nostra primogenita alla domanda: “cosa ti piacerebbe ricevere per il tuo diciottesimo compleanno?”. Mancava poco meno di un mese alla importante data che avrebbe segnato un punto fermo nella vita nostra e sua. Alla festa dei miei 18 anni mi fu regalato, senza alcuna domanda preventiva, un filo di perle. Nulla era scontato o convenzionale nella nostra famiglia e tanto meno i regali. Cominciai così a ricercare, sfogliando nella mente, il desiderio recondito di mia figlia che fosse importante, caldo, ricco di significato e molto gradito. Difficile da trovare ma mi vennero in mente alcune sue parole di quando, andando a scuola alle medie, si fermava davanti ad una villetta custodita da un cane: “mi aspetta tutte le mattine, mi saluta siamo diventati amici e mi fa sentire meno sola.”
Era una richiesta realizzabile o l’idea di un cane vi ha suscitato perplessità?
Io avevo vissuto l’esperienza di avere un cane in famiglia. Era il cane che mio padre teneva con lui al lavoro e che di notte rimaneva nei locali della ditta per fare la guardia e di giorno viveva in simbiosi con lui. Il sabato e la domenica mio padre lo portava a casa nostra. Per noi è stata un’esperienza particolare e molto bella. Quindi si è fatta spazio l’idea di un cane. La mia ragione martellava per ricordarmi tutti gli svantaggi di una simile scelta ma non ce l’ha fatta e ha vinto la meraviglia di vivere con un cane, troppo bella per non essere condivisa.
Chissà che gioia per le bambine… davvero un regalo non convenzionale, ma soprattutto la realizzazione di un desiderio, un forte messaggio di attenzione e di amore.
Ovviamente avrebbe dovuto essere una sorpresa, come si usava in famiglia, così il padre e la secondogenita furono incaricati di visitare un canile e scegliere un cane adeguato: “piccolo e con il pelo corto!”. Il giorno del compleanno il programma prevedeva la partenza da Milano e l’arrivo nella casa di campagna per festeggiare con nonni e zii. Da casa si deviò verso il canile dove un povero cane biondo e peloso, grande come un grosso lupo, era accucciato in un angolo della cella con la coda tra le gambe e la testa bassa. L’addetto lo chiamò, lui non si mosse, entrò e gli sussurrò qualcosa piano piano. Poi guardò mio marito e si alzò. Mio marito gli mise il guinzaglio e lo portò fuori; lui non voleva salire in macchina, capimmo che era stato abbandonato per strada, ci suggerirono di salire prima noi, e lui ci seguì. Da allora fu il nostro cane. Teodoro, per gli amici Teo, come il personaggio della serie dei Robinson, fu il nome scelto da nostra figlia. Si sedette nel sedile posteriore, in mezzo alle due sorelle, sbavava e ansimava dall’emozione e riempiva di calore tutto lo spazio a disposizione.
Un’emozione grande per tutti voi, ma anche per Teo…
A metà tragitto, una breve sosta per ritirare la torta di compleanno: mio marito scese ed entrò nel negozio, fu lì che esplose l’amore di Teo per lui. Abbaiò come un disperato, cercò di scendere e si calmò solo dopo poco quando il suo Padrone ritornò. Aveva scelto l’amore. Teo ci amava tutti ma uno solo viene scelto dai cani come suo intimo padrone e lui era felice di averlo trovato. Io ero la sua mamma che lo sfamava, lo accarezzava e quando ce n’era bisogno la sua infermiera. La nostra primogenita era l’adorato sostituto del padrone quando questi non c’era. Della secondogenita, invece, non sopportava le manifestazioni affettive. Al ritorno in città insieme a tutti i buoni propositi Teo venne sistemato in terrazza, con una cuccia improvvisata molto confortevole e la mattina seguente quando il suo padrone guardò attraverso i vetri della porta finestra Teo si alzò in piedi, più alto del suo padrone, appoggiato alla finestra cominciò ad abbaiare come una muta di cani da caccia. Cadde così un altro baluardo, Teo visse sempre con noi in casa.
Ma certo, non poteva essere altrimenti…
Ero accerchiata dai suoi giochi/dispetti: mi rubava oggetti e li nascondeva in terrazza nella grossa ciotola con la lavanda, saliva sul letto della sua padroncina su cui poi si accomodava come un lord inglese, occupandolo quasi tutto, incrociava le zampe anteriori in una posa da scultura neoclassica e al mio ripetuto ordine di scendere, il suo sguardo diventava assente e vagava sul soffitto. Più volte ci ha dimostrato di essere un umano come tutti noi.
Sì, conosco lo stile … adorabile del resto!
Il veterinario lo visitò e disse che era nato da circa 9/10 mesi da un incrocio tra uno Spinone e un Golden retriever; la sua pancia rosa a macchie nere priva di peli, che mi aveva preoccupato, era dovuta alla tenera età, così come il suo carattere giocherellone e la sua andatura variegata da cucciolotto. Ci venne detto che molto probabilmente Teo era stato “regalato” per Natale e che, all’età di 6 mesi, ormai di molto cresciuto, era stato abbandonato per strada. Teo fu così ritrovato con il collare e una medaglietta che però non servirono a ritrovare i proprietari.
Ed è stata una benedizione per tutti…
Teo era felice, noi eravamo felici, e così i gelati da comperare erano diventati regolarmente 5. La sera dopo cena, Teo usciva con il suo padrone e con me e raggiungeva il giardino rionale dove sfrecciava come un missile girando in larghi cerchi per tutto il verde, prendeva la pallina e la riportava e correva e annusava e ritrovava la pallina con una grande abilità. La sua indole era di essere un ottimo cane da caccia. Mai solo, passava la giornata con i vari componenti della famiglia e cresceva in dimensione, pelo ed eleganza. Spesso veniva chiamato da coloro che lo vedevano Falkor, il cane de “La storia infinita”, film che era in voga ai tempi. Come Falkor, Teo era color miele, languido e dolcissimo. Non sapeva, e non siamo stati capaci ad insegnarglielo, convivere con gli altri cani. Cane unico di famiglia girovaga, seguiva i viaggi che facevamo in camper ed esplorava ogni terra mescolandosi e mimetizzandosi con la natura segnalandoci la sua posizione solo attraverso la coda ritta, che potevamo osservare alta e bionda tra l’erba.
Un cane felice…e innamorato
Un sabato Teo e il suo padrone sono andati in visita da degli amici in una villetta con giardino. Tra una chiacchiera e l’altra, Teo si mise a giocare con il cane femmina degli ospiti. Solo dopo un po’ di tempo si accorsero che era sbocciato l’amore tra i due cani. La femmina, un lupo italiano di razza chiamato Antea, dopo due mesi mise al mondo due bellissimi cuccioli: Tei e Ante.
Il tutto in questa atmosfera dove tutto scorre in armonia e dove niente sembra possa turbare questo moving along che è la musica della vostra vita.
A fine anno andiamo a fare un viaggio in Spagna. Teo, che è libero di gironzolare sul sagrato di una chiesa vede un uccello e lo rincorre. L’uccello prende il volo e lui, giovane e inesperto, spinto dal suo istinto cacciatore lo segue, salta il muro che delimita il sagrato e precipita nella strada sottostante schiantandosi sul selciato.
Oddio!!! Un trauma per tutti…
Non credo in Dio ma chiedo lo stesso grazia a qualunque essere in grado di concederla, così corriamo attraverso i vicoli. Sotto i nostri fiumi di lacrime lui ci sente, alza la testa, ci vede e cerca di muovere la coda. Non ricordo più come mai ma a un certo punto è arrivato un giovane veterinario con il suo furgone-ambulanza che lo ha caricato e lo ha portato nel suo studio. La diagnosi fu tremenda: probabilmente non avrebbe superato la notte e oltre ai traumi interni aveva le zampe anteriori spaccate. Alla fine però ce la fece, lui Teo, o forse quell’angelo di veterinario con le sue cure, o forse noi tutti insieme.
Un miracolo d’amore! Gli è certamente arrivata quella tua implorazione disperata di amore, non poteva sottrarsi a tanto bene! È davvero impensabile di quali possibilità di amore devoto e di gratitudine infinita siano dotati gli animali. E quale intensità nel tessere legami! Quanto è commovente l’attaccamento dove l’oggetto d’amore diventa naturalmente imprescindibile, come respirare l’aria! Ma qui se ci perdiamo in questi pensieri, possiamo includere anche le piante e chissà cos’altro che ancora non sappiamo, ma che esiste: un po’ come la musica delle sfere data dai movimenti dei pianeti che l’orecchio umano non riesce ad udire, ma pare esistere come intuisce Pitagora…
E per la prima volta ho visto un altro cane consolare un suo simile moribondo. Così dopo qualche giorno siamo potuti ritornare a casa con un cane adagiato su uno dei nostri letti. E da lì è iniziato il calvario di Teo: operazioni, dolori, frustrazioni e noi attorno a lui a sostenerlo aiutarlo e curarlo. Il suo padrone aveva costruito un attrezzo di pelle con maniglie che, fatto passare nel sottopancia, gli permetteva di camminare fino all’adorato giardino. Io ricevevo da lui una leggera leccatina dopo averlo lavato, curato, e consolato. E così sempre più Teo entrò tra gli umani.
Certo, spesso si dice che i cani mancano della parola, ma in fondo non è requisito fondamentale, hanno ben altro modo di comunicare, una modalità che raggiunge il nucleo profondo di cui siamo fatti e che, noi umani, non possiamo decodificare né comunicare in alcun modo, possiamo solo essere vivi e questo nostro stato dell’essere personale e incomunicabile è però annusato fino in fondo dai nostri amati a quattro zampe, capaci di instaurare un legame la cui tessitura non ha bisogno di parole…
Un giorno una telefonata degli amici annuncia che un cane della cucciolata è necessariamente nostro e che sarebbe stato opportuno andarlo a ritirare al più presto per evitare una eliminazione fisica. All’improvviso, panico: che fare? Due cani no, sono troppi. E Teo è malato, ora ha una zampa ingessata. Fortunatamente nostra figlia ha “un amico che ha un amico che vorrebbe un cane”. E subito: “Mamma non permettiamo che sopprimano i cuccioli, mamma andiamo a prenderne almeno uno, mamma lei ha un cane e io no, mamma starà qui solo il tempo di darlo alla famiglia che lo vuole”.
Così la Mamma consegna alla primogenita una cestina con coperte e lei, e il padre, vanno dagli amici. I cuccioli sono tanti: come si fa a scegliere? Ecco che l’istinto della ragazza guida la mano: mette il cesto vicino alla cucciolata e solo un cucciolo, il più curioso o impertinente entra nella cestina rosa. Era una femmina.
Entra così a far parte della famiglia Teodora, ovviamente detta Dora: piccola piccola e spaventata. Appena incontra Teo gli si accuccia a fianco, cerca il calore della mamma e addirittura cerca come potersi allattare. Teo però la rifiuta. E poi subito a correre dal veterinario per tutte le vaccinazioni e indicazioni del caso. Io gli chiesi come allevare un cucciolo di 1 mese. Non l’ho mai fatto. E quello che da allora venne erroneamente chiamato “pediatra” con uno sguardo da vecchio saggio rispose: “ha cresciuto due figlie, sa crescere anche un cucciolo”. La famiglia a cui dovevamo darla naturalmente non volle più saperne e come mi avevano avvertito “quando un cane rimane una notte, non se ne va più”. Dora aveva bisogno di caldo, di carezze sul ventre, di latte più volte al giorno e alla notte. E di colpo mi tornarono in mente tutte le teorie di gesti, attenzioni, cure che si hanno per un piccolo umano. Dora si lega a me e mi riconosce come sua madre, sua padrona.
È vivace, intelligentissima, allegra. Mangia ogni cosa che trova, corre in braccio a me quando sente la voce di mio marito che la chiama e si spaventa. Mi guarda e diventiamo complici dei gesti muti, dei segni, delle azioni.
Appunto, a proposito di comunicazione altra, al di là delle parole…
Teo migliora, le cure e gli interventi multipli riescono a farlo camminare ancora, non corre ma trotterella a fianco della sua amica Dora che ha per lui una ammirazione infinita. Un giorno d’inverno quando indosso per uscire una giacca di lupo a pelo lungo Dora esplode. Mi vede e salta tra le mie braccia, infila il muso nella pelliccia poi mi lecca il viso e impazzisce di felicità. La nostra secondogenita che aveva preso l’abitudine di dare voce ai due cani disse: “Finalmente la mia mamma è come me!” Dora è assolutamente convinta che tutti noi siamo cani come lei. Dora è un lupo bastardo, con sguardo vivissimo e orecchie cadenti come suo padre. I nostri cani hanno un nome, ma spesso io li chiamo cani per comodità e loro lo sanno. Capiscono e mi rispondono a loro modo. Teo è silenzioso e abbaia se necessario. Dora al contrario non sta mai zitta. Teo sembra avere un suo mondo a cui pensare. Dora traduce i desideri di Teo.
Ma che bellezza … soprattutto che bellezza averne consapevolezza.
Una volta Teo abbaiò solo una o due volte, e io non capì. Chiesi a Dora di dirmi cosa Teo volesse e lei, girandomi intorno due volte, mi impose di seguirla fino in cucina, zampe sul lavandino: solo allora guardai la ciotola dell’acqua. Era vuota.
Che dire? C’è solo spazio per una commozione che sta al di là delle parole.
Meravigliosi sono i giorni e soprattutto le vacanze con i nostri cani. Quante intese, quante complicità, quante emozioni. Quando sono alla finestra preoccupata per il ritardo di qualcuno loro sono lì al mio fianco a leccarmi il viso. Quando Teo corre sul balcone è perché in fondo alla via si vede un puntino verde e solo lui sente il rumore della macchina del suo padrone... Quando dopo una settimana in ospedale torno a casa Dora mi assale quasi buttandomi a terra, mi ricopre di baci e corre via felice agitando la coda mentre Teo viene davanti a me, si siede e, affondando il suo muso tra le mie gambe comincia a tremare e solo le tante carezze lo calmano. Ma tra le tante felicità il tempo passa e Teo, che ha ormai 10 anni, risente dei suoi innumerevoli problemi di salute. Le zampe peggiorano, le sofferenze aumentano, inizia la setticemia, non è più autonomo, sta male e soffre molto… così prendemmo la terribile decisione e ed un giorno accompagnammo Teo alla sua fine.
Quanto coraggio d’amore…
Tornati a casa Dora lo cerca, poi capisce, e dopo poco tempo inizia ad avere il primo attacco epilettico.
Una cascata inarrestabile di dolore.
Tumore alla testa. Da operare? Secondo alcuni sì, secondo altri no. Ci dividiamo anche in famiglia. Dora viene operata e da allora non mi riconosce più. Dall’ospedale viene indirizzata ad un ciclo di radiazioni da effettuarsi in Svizzera. Garantiscono un serio allungamento della vita. Mio marito tutti i giorni porta Dora in Svizzera e dopo le cure la riporta a casa, poi ci dicono che sarebbe meglio lasciarla in clinica per non disturbarla dopo le cure. E Dora è sempre più persa. Alla fine del mese di cure e di vacanze torniamo a Milano e a Dora torna un forte attacco, cui ne segue un altro. Torniamo dalla sua veterinaria che amava. Dora non ne uscirà più da questi scuotimenti che la distruggono. Annuiamo, siamo a fianco del suo lettino, la abbraccio: una siringa si avvicina e Dora mette in pausa il tempo, alza la testa, mi lecca il viso, poi si adagia per sempre. Dolore, dolore come per gli umani anche se passa prima, gratitudine ai due fili di perle che sono stati con noi e tanto amore che è ancora in grado di dare felicità.