Solo nel titolo e nel sottotitolo sono presenti due riferimenti a questa grande personalità che ha segnato un punto di svolta nel mondo della gastronomia globale. uno è il titolo di un suo libro, Il viaggio di un cuoco, mentre l’altro è un capitolo che dedica agli aspiranti chef in un’altra sua opera: Kitchen Confidential. Ma cosa ha fatto Anthony Bourdain per creare questa frattura tra il prima e il dopo in ambito culinario?
L’uomo delle contraddizioni
Leggere un libro di Anthony Bourdain è un’esperienza da fare al meno una volta nella vita. Leggerli tutti è, però, il modo per conoscerlo un po’ meglio, per comprendere un po’ meglio su cosa sia successo dal primo, dove dichiarava che non avrebbe mai fatto televisione, fino alla sua totale consacrazione sul piccolo schermo. A dirla tutta, sono presenti risentimenti verso questa scelta anche quando ormai era diventato una star televisiva, ma d’altronde, lo sappiamo, Bourdain è l’uomo delle contraddizioni.
Il suo lavoro ha aiutato molte persone a intraprendere carriere in cucina, ma altrettante ad abbandonarla. Ritmi serrati, sacrifici e rinunce non fanno per tutti e lui lo sapeva bene. La sua passione per il cibo, però, va al di là di ogni possibile giudizio. I suoi libri hanno salvato tante anime perse, hanno tirato fuori dai meandri più nascosti delle celle frigorifere anche chi aveva smesso di lottare. Le sue parole sono state taglienti come un coltello della Global da lui tanto amato, ma sono anche state rinfrancanti come un Mai Tai in riva mare, altra cosa che avrebbe apprezzato.
Il guru dei viaggi gastronomici
Se il turismo gastronomico è così in voga ai gironi nostri, bè è anche merito suo. Con i suoi programmi televisivi, ha inaugurato la frontiera di quei documentari a tema cibo che hanno preso così tanto piede sino ad oggi. Viaggi molto spesso avventurosi, carichi di aspettative e di pericoli, motivo per cui ha sempre sostenuto di aver commesso una scelta errata nel girare il mondo per registrare alcune puntate.
Il bello, però, è proprio questo, poter vedere spaccati di vita vera, forse, o almeno non sempre. I seguaci più assidui di Anthony Bourdain si ricorderanno quell’episodio girato in Sicilia, dove il cuoco si cimentava in un’immersione per pescare dei polpi per il pranzo. Fra le pagine del web è ancora possibile trovare i suoi commenti poco felici ricordandosi quella pioggia di polpi, già privi di vita, gettati in mare dai locali per dargli la soddisfazione di una pesca fruttuosa. Stiamo parlando di un personaggio senza mezze misure, quindi lascio a voi immaginare la sua reazione.
Non solo momenti di delusione, ma tanti, molti altri legati a ricordi, che riportano anche noi, lettori e spettatori, in quei luoghi, anche se non ci siamo mai stati. È questa la magia di Bourdain, il saper teletrasportare le persone insieme a lui, in quello stesso momento. Un altro bellissimo ricordo legato alla sua infanzia rende bene questo concetto.
Siamo in Francia e il frangente è uno di quelli che hanno segnato la vita di Bourdain: l’assaggio della prima ostrica. Lui stesso la definisce la sua “epifania gastronomica”. Il suo cibo perfetto, che non necessita cottura, che contiene già al suo interno il condimento necessario; uno dei pochi cibi che non è stato alterato dalla natura e dall’uomo. Come un antropologo del cibo richiama l’aspetto ancestrale legato a questo prodotto e sottolinea questo momento come quello della svolta. Quel giorno, durante quell’assaggio sulle coste della Francia, Anthony Bourdain decise di diventare chef.
L’irriverente giro del mondo
Non le ha mai mandate a dire Anthony Bourdain. Anche nelle condizioni più estreme, ha sempre mantenuto la sua integrità intellettuale e d’opinione. Non sempre si è sentito a suo agio nel ruolo di “imbonitore televisivo globetrotter”. Capita, a volte, che, viaggiando a lungo, poi manchino le abitudini e le comodità tipiche di quella che chiamiamo casa, che tutte le barriere che ci siamo costruiti attorno crollino rovinosamente. Ecco, quelli erano i momenti in cui c’era da allontanarsi da Bourdain, sperando non avrebbe fatto follie.
Girare il mondo con lui, che sia tra le pagine di un libro o attraverso una puntata delle sue serie, resta comunque un modo per conoscere il nuovo, ciò che sta fuori dalle nostre solite barriere. Un modo per farle crollare sì, ma non rovinosamente, mattone dopo mattone, per iniziare finalmente a vedere quello che abbiamo attorno. Resta fra le più viste la puntata registrata a Chicago, dove Anthony Bourdain va a provare un ristorante chiamato Avec. La gente si siede attorno ad un grande tavolo di legno. non si conoscono, ma si conosceranno dividendo piatti e intavolando discorsi in lingue diverse, ma pur sempre capendosi. Questo è quello che ci insegna Bourdain.
L’importanza dei pizzicagnoli
Viaggiando otto mesi l’anno, il ritorno a casa, nella sua cara New York, era sempre un momento di commozione per Bourdain. Un rapporto di amore che non va in contrasto con quella che è la sua voglia di perdersi fra le dune del deserto o di ritrovarsi in mezzo alla foresta Amazzonica mangiando solamente teste di pesce e riso. New York è la città con i migliori ristoranti al mondo, con una varietà di cucine senza eguali, dove si può davvero prendere un tè a China Town e dopo dieci minuti pranzare con una cacio e pepe a Little Italy.
Cosa manca, allora, a questa grande metropoli che Bourdain decanta in ogni sua virtù? Nulla, sempre secondo le sue parole. Quello che per lui è importante è avere una figura di riferimento come il pizzicagnolo, qualcuno che ti conosca, che sappia cosa stai cercando, che dopo mesi in viaggio ti accolga con il tuo pastrami preferito. Ecco cosa serve al mondo: il pizzicagnolo.