Pochi nomi sono capaci di far convergere gusti ed aggettivazioni se si parla di musica. Uno di questi è in maniera indiscutibile Pat Metheny, un fuoriclasse capace di fare categoria a sé, anche per quella rara curiosità che gli ha fatto cambiare più volte le coordinate di una carriera straordinaria ed ancora in pieno divenire, come testimonia Kin, il nuovo atteso album realizzato insieme al suo Unity Group, nel quale è stato appena cooptato anche Giulio Carmassi, un talentuoso multistrumentista di evidentissima origine italiana che arriverà in tour anche nel nostro paese durante il prossimo mese di giugno. A ricostruirne la saga arriva in libreria la terza edizione di Pat Metheny: una chitarra oltre il cielo, testo fondamentale per ogni fan o semplice curioso, firmato e rivisto da Luigi Viva con dovizia di particolari che oltrepassa il pur pragmatico spunto biografico per farne uno studio che accomuna estetica e stile, testimonianze e partecipazioni di una discografia sconfinata e passata al setaccio, con un racconto che riparte con le stesse avvincenti modalità dal 2004, ovvero dal punto dove si era conclusa la versione precedente, con la consueta inesauribile passione che lo ha innalzato al rango di studioso autorevole e sincero anche al di fuori dei confini nazionali.

"E’ un libro che mi ha dato molte soddisfazioni - ci confessa Viva - la prima edizione uscita nel 1989 era strutturata in tre parti: la biografia, lo stile con l’analisi dei brani e delle partiture e la parte dedicata agli strumenti. Venne tradotto anche in Francia nella collana di Jazz Magazine. Anche il grande Sergio Bardotti lo considerava un modello del genere, consigliandolo ai giovani musicisti. All’epoca insieme a Stefano Micarelli dovemmo tirare giù soli e partiture, Pat non aveva ancora pubblicato il suo Songbook e le stesse riviste tecniche erano ancora agli albori, almeno in Italia. Nel 2003 il libro venne ripubblicato come biografia. Questa nuova edizione prosegue il racconto, con la stessa attenzione dettagliando i nuovi lavori e le nuove esperienze musicali. E’ stato inoltre effettuato un attento editing con una elegante copertina ed un cambio di formato che rende molto piacevole sfogliarlo. Sono veramente molto soddisfatto anche perché è l’unico lavoro al mondo pubblicato su di lui. E’ presente anche una parte dedicata a Lyle Mays compagno di viaggio nel PMG, una sezione dedicata alle chitarre, le note di stile redatte da Luigi Masciari, un dietro le quinte con il racconto di una giornata in tour e la discografia completa incluse le partecipazioni con tanto di titolo, catalogo e data di uscita".

Qual è il tratto distintivo di un talento così grande e copioso?
Pat è uno dei più straordinari talenti che io abbia mai conosciuto e lo considero uno dei grandi della musica di tutti i tempi. Chi lo conosce superficialmente non s’immagina nemmeno quanto il suo talento abbia dato alla musica. Instancabile ricercatore di tecnologie e strumenti, ha contribuito alla evoluzione della chitarra synth, alla costruzione di meraviglie della liuteria come la Pikasso 42 corde realizzata da Linda Manzer, ha dato vita all’Orchestrion, l’orchestra meccanico digitale con la quale ha meravigliato le platee di mezzo mondo. Ogni suo disco ha un tratto particolare sia se realizzato in trio o con grandi artisti come Jim Hall, John Scofield, David Bowie, Milton Nascimento o Joni Mitchell. Il Pat Metheny Group fondato nel 1977 è stata insieme alle band di Miles Davis, i Weather Report, Corea e Hancock, quanto di più entusiasmante sia uscito dal jazz moderno. Attraverso questa band Pat ha in qualche modo rivoluzionato suoni, colori, tessiture e forme di una musica che ha avuto la capacità di arrivare a milioni di fans, trascinandoli anche verso le sue esperienze più ortodosse, più jazz se vogliamo. Puntualizzando ritengo che è stato proprio attraverso il Pat Metheny Group che Metheny ha scritto pagine memorabili e per certi versi rivoluzionarie, con tutto il rispetto per la forma del trio, in particolar modo quello con Billy Higgins e Charlie Haden e l’ultimo con Antonio Sanchez e Christian McBride. Tutto ciò è avvenuto grazie alla sua genialità abbinata ad uno dedizione e una disciplina che hanno determinato questi straordinari risultati. Pat vive di musica e come dice “La musica è dura, ogni secondo della vita di un musicista è una sfida.”

A che punto ritieni si possa trovare adesso, vista la dismissione pratica del Pat Metheny Group?
Posso immaginare essendo da anni addentro a certe dinamiche, che il PMG ed in particolare il sodalizio con Lyle Mays avrà ancora qualche altra storia da raccontare. Aldilà di una certa complessità nei loro rapporti personali, non a caso parliamo di due geni, il motivo principale di questo break è dovuto al fatto che Lyle non ama più i serrati e lunghissimi tour invece amati da Pat. Da quello che mi risulta è quasi certo che i due torneranno a lavorare insieme anche se non si conoscono i tempi e le modalità. Certo è che Pat ha intuito che la sua musica necessitava di una svolta ecco il progetto Orchestrion, a seguire c’è stata poi la Unity Band, che ascoltata dal vivo aveva evidenziato straordinarie possibilità grazie all’apporto della fresca energia di Ben Williams e al talento di Chris Potter. Ora con la formazione del Pat Metheny Unity Group, lui potrà riproporre dal vivo la musica del trio, estratti da Orchestrion e anche il repertorio del Pat Metheny Group. Un ensemble strepitoso che potrà avvalersi di Giulio Carmassi, italiano, diplomato in pianoforte ma formidabile polistrumentista che sicuramente apporterà ulteriori possibilità al percorso musicale di Metheny e con il quale ci auguriamo collaborerà a lungo.

Vorresti presentare Giulio ai nostri lettori?
Ho avuto modo di avere dei ritorni da alcuni amici di New York, pare che sia consideratissimo nella comunità musicale non a caso suona in pianta stabile nella band di Will Lee insieme al leggendario Steve Gadd e al chitarrista Chuck Loeb, oltre che coni Lew Soloff, Victor Lewis, Mark Egan e Oz Noy. Da quello che ho avuto modo di ascoltare Carmassi è un talento, fuori dal comune, che “Canta come un angelo” come ha precisato Pat. Ritengo possa anche far ben come arrangiatore sulla scia di grandi come Claus Ogerman, Gil Gldstein e Vince Mendoza. E’ una bella storia per uno che più di dieci fa all’età di ventuno anni è stato costretto ad andarsene dall’ Italia per trovare spazio. Oltre a Will Lee che lo ha segnalato a Pat Metheny, pare che un ruolo importante lo abbia svolto un altro italiano Don Dyza, tastierista ed arrangiatore ed amico del mitico Joe Zawinul.

Cosa hai pensato quando hai saputo per la prima volta delle apparente eccentricità di Orchestrion?
Per certi versi Orchestrion rappresenta qualcosa di entusiasmante, per altri presenta i limiti della macchina specie se è chiamato in causa su composizioni non espressamente realizzate. Sicuramente Pat continuerà ad utilizzarlo anche dal vivo seppure in forma ridotta, come sta accadendo nel tour appena iniziato con il Pat Metheny Unity Group, comunque sia rappresenta una ulteriore dimostrazione della genialità di Pat.

Quali ritieni siano state le tappe fondamentali della sua carriera?
Ritengo assolutamente imperdibili New Chautauqua, (fondamentale per capire da dove si sviluppa il suo stile, ovvero dalla fusione del jazz con le influenze country), Travels e First Circle per quanto attiene il periodo Ecm, poi Still Life (Talking), Letter From Home e The Way Up, quindi con il suo più recente trio condiviso con Sanchez e McBride, l’EP dal vivo Day Trip, registrato a Tokyo. Quindi il nuovissimo Kin. Tutti insieme penso che forniscano una bella idea di quanto è stato capace di realizzare Metheny. Poi se lo farete libro alla mano ancora meglio! (ride)

Chi è invece un nome da tenere d’occhio oggi?
Quelli della mia età sono molto affezionati alle cose passate. Volendo chiosare direi che c’è tanta musica, ma poca roba veramente buona. Nel jazz vedo calma piatta, non ci sono di certo dei talenti del calibro di Metheny, Herbie Hancock o Miles Davis. Invece nel rock, anche in Italia c’è tanto e anche di valido. Ma purtroppo chi potrebbe non lo valorizza a dovere, confinandolo nei circuiti alternativi. Sere fa parlando con mio figlio, pure lui musicista e residente da tempo a Londra, abbiamo raggiunto la stessa sensazione. Mi diceva appunto che in giro non si vedono dei nuovi Who, dei nuovi Beach Boys. Ma invece molte meteore, che finiscono nel dimenticatoio nel giro di un paio d’anni. L’invito che rivolgo alle grandi kermesse del rock e del jazz è questo: “Prendiamo in considerazione e facciamo suonare gli Italiani. Perché ce ne sono di bravi, che non siano i soliti “noti”.

A proposito di Grand’Italia, l’altro tuo amore in termini di approfondimento e studio, è stato Fabrizio De Andrè. Vogliamo tracciare un ipotetico parallelo fra lui e Metheny?
Forse non tutti lo sanno, ma entrambi vengono dal jazz e tutti e due hanno nutrito una grande passione per Jim Hall, il grande maestro della chitarra scomparso di recente. Questa circostanza è dettagliata nella mia biografia Non per un Dio, ma nemmeno per gioco - Vita di Fabrizio De André uscita per Feltrinelli nel 2000. Fabrizio suonò jazz dal ’56 al ’58: aveva circa 16 anni e scimmiottava Jim Hall, usando addirittura un plettro di gomma per ottenere lo stesso suono privo di attacco. Prima di morire stava lavorando ai Notturni, il suo nuovo album ed aveva invitato i suoi collaboratori a comporre ispirandosi agli album del Jimmy Giuffre trio, composto appunto da Jimmy Giuffre, Ralph Pena e il grande Jim Hall alla chitarra. Pat per mio tramite ha avuto modo di conoscere ed apprezzare la musica di Fabrizio. Avevamo parlato anche di organizzare qualcosa per ricordarlo: seguendoli a lungo per tanto tempo ho trovato in entrambi il medesimo approccio alla musica, fatto di rigore e professionalità, con una menzione particolare per Fabrizio ed alla sua inarrivabile umanità.

Cosa ti aspetta per l’immediato futuro?
Basta biografie! Sto completando il mio primo romanzo che molto ha a che fare con la musica e ne sto per iniziare un altro ambientato nel Friuli a fine anni ’50, e poi sempre tanta musica da ascoltare!

Per maggiori informazioni:
www.luigiviva.com
www.patmetheny.com
www.antonellovitale.it

Luigi Viva, Pat Metheny: una chitarra oltre il cielo, ed. Stampa Alternativa.