Oltre all’innegabile bontà, uno dei caratteri principali di alcuni dei piatti tipici della cucina pugliese è la condivisione, la convivialità. La preparazione del cibo è sempre stata l’occasione per riunirsi intorno a una bella tavolata, al di là del semplice aspetto nutrizionale. E quando non era possibile riunirsi fisicamente in un unico posto, era buona cura di chi preparava (di solito le nonne) fare giungere al resto delle famiglie le prelibatezze giornaliere: se la nonna preparava le orecchiette ne mandava una parte ai figli, lo stesso avveniva per preparazioni come la parmigiana di melanzane o il mitico riso, patate e cozze. Così, specialmente nei piccoli borghi e soprattutto la domenica, c’era un continuo viavai di fagotti profumati, che lasciavano scie per tutte le strade.

Anche nella mia famiglia c’era questa usanza. Resta impresso nella mia mente un ricordo speciale e profumato: una volta che, di ritorno da una visita nella mia Brindisi, non potendo fermarci a pranzo, mio padre, maestro di cerimonie della nostra cucina, pensò bene di farci un regalo: una preziosissima teglia di riso, patate e cozze, il suo cavallo di battaglia. Mai viaggio fu più difficile. Cento chilometri letteralmente assediati dal profumo che si spandeva da quella teglia, come se fosse un’entità dotata di vita propria, un fantasmino dispettoso che ci torturava. Arrivati a destinazione con l’acquolina in bocca non pensammo nemmeno a disfare i bagagli, per poter gustare quella meraviglia.

Perché riso, patate e cozze è così: un mix di profumo e sapore che ti sconvolge, essendo una preparazione che coinvolge davvero tutti e cinque i sensi. È un vero e proprio rituale, che comincia nel momento stesso in cui si decide di farlo: già in quel momento, quando vai a comprare le cozze, il cervello comincia ad assaporare il prodotto finale, quello è il segnale (parafrasando Il Gladiatore) che scatena l’attesa del piacere.

Il primo senso coinvolto è il tatto, con l’esasperata manualità che richiede questa ricetta. Aprire le cozze, conservandone con cura il prezioso liquido, pelare e tagliare le patate. Aggiungere cipolla, zucchine e pomodori, spargere il riso con sapienza, esattamente come un contadino semina il suo campo. Spolverare con formaggio e pepe. E poi, una volta a tavola, mangiare rigorosamente con le mani, prendendo le cozze piene di riso, una per una. La forchetta si usa solo per le patate e tutto il resto, si potrebbe usare anche per le cozze, ma non sarebbe assolutamente la stessa cosa: sporcarsi i ditini gentili fa parte del rito.

La vista viene coinvolta quando, terminato il lavoro di assemblaggio, guardi la teglia con soddisfazione, con lo stesso sguardo di un artista che accarezza con gli occhi la sua creatura, quadro o scultura che sia. L’olfatto entra in campo dopo qualche minuto di cottura. Il profumo comincia a spandersi nell’aria, superando le pareti del forno, per impregnare le narici con il risultato che le papille gustative sono preallertate per ciò che le attende. Esattamente come nel corso di quei 100 chilometri di viaggio. Ovviamente il gusto è il senso maggiormente interessato da questo rito, come summa di tutte le sensazioni precedenti, ritrovate tutte insieme nel palato. Ma anche l’udito viene coinvolto, in preparazione con i rumori soffusi e ripetuti dell’apertura delle cozze e una volta a tavola, con i continui gemiti di piacere che copriranno la tavola al momento dell’assaggio. È il momento della condivisione: ogni commensale esprimerà il suo gradimento con complimenti all’autore del capolavoro.

E pensare che anche questo piatto, pare sia nato come piatto di recupero. Strettamente collegato a un altro grande piatto di recupero: la paella. Ci sono vari elementi che collegano le due pietanze. Innanzitutto, la lunga dominazione spagnola nel sud Italia, che ha lasciato tanti strascichi, come nella lingua così in cucina. Un primo segno di questa derivazione si può trovare analizzando il nome dato dai Baresi a questo piatto: la tiella. È facile trovare assonanza tra i nomi, anche per il fatto che entrambi fanno riferimento al recipiente usato per la cottura (padella per la paella; teglia per il riso, patate e cozze).

Altro elemento comune è la lunghezza delle preparazioni, anche se con sistemi di cottura diversi: al forno quella pugliese, in padella quella catalana. Per questo non sono piatti che si possano fare tanto spesso, bisogna trovare anzitutto il tempo, per cui, soprattutto nell’era attuale, sono diventati rarità.

A differenza della paella che ha un numero importante di ingredienti, in quanto si possono indifferentemente aggiungere a piacere verdure, carni e pesce, nel riso, patate e cozze l’occorrente è più limitato: oltre ai tre ingredienti principali servono solo cipolla, pomodori, olio, formaggio grattugiato, sale e pepe, e volendo, della zucchina. Nella mia personale versione preferisco il Grana al pecorino, che ha un gusto troppo marcato e uso la zucchina che, nonostante sia oggetto di dibattito tra vari territori pugliesi, sono convinto arricchisca il tripudio. Del resto, lo spirito stesso della nascita, come recupero, di questo piatto lascia ampio spazio a nuove aggiunte e interpretazioni. Ometto solo di usare l’aglio, sempre per quel sapore troppo forte, che tende a rubare la scena agli altri ingredienti.

Una volta procurati gli ingredienti, si comincia la preparazione. Nella teglia scelta, dopo aver oliato il fondo, si adagiano le patate a fette sottili: non ostie, altrimenti rischiano di bruciarsi, ma neanche troppo spesse, perché potrebbero restare indietro di cottura. Una volta coperto il fondo della teglia di patate si aggiungono le cozze, aperte a metà. Nella fase di apertura, bisogna munirsi di un recipiente, che raccolga l’acqua che esce una volta aperte le cozze.

Anche con le cozze si copre tutta la teglia, costituendo uno strato compatto ed uniforme. Eventuali cozze rimaste potranno essere usate in seguito. A questo punto si aggiunge il riso, spargendolo con attenzione sulle cozze. È importante non esagerare con la quantità di riso perché, se risultasse in eccesso, a fine cottura avremmo una massa collosa, di scarso appeal e digeribilità: il riso deve invece rimanere ben sgranato, quasi croccante.

Il riso si condisce con olio, poco sale (perché c’è già il salato delle cozze), formaggio grattugiato e pepe. Si completa spargendo sul riso cipolla, sottile ad anelli, zucchine sempre sottili, pomodori, olio e, per chi lo preferisce aglio, in modica quantità. A questo punto si utilizza il liquido delle cozze, irrorando il riso, e si aggiungono le eventuali cozze avanzate, ma del tutto pulite. Infine, un nuovo strato di patate, sempre del giusto spessore, sulle quali andranno adagiate altre rondelle di cipolla e zucchine e ancora dei pezzi di pomodoro. Un po' d’olio e una generosa spolverata di formaggio, acqua fino al bordo superiore delle patate e il piatto è pronto per andare in forno, già caldo. A seconda del forno, 35/40 minuti dovrebbero bastare.

Se tutto è andato bene, dopo dieci minuti si comincia già a sentire il profumo intenso di questo piatto e non resterà che attendere il termine della cottura per gustarsi questo vero e proprio tripudio di gusto, scegliendo un buon vino bianco per accompagnarlo, pugliese ovviamente: proporrei un Fiano.

Buon appetito!