La crescita demografica dei redditi nei Paesi in via di sviluppo, unitamente alla difficoltà della popolazione occidentale di ridurre il consumo di carne, avrà un impatto considerevole sulla domanda mondiale di carne. Di fatto, le ipotesi della F.A.O. propongono che la domanda di carne potrebbe estendersi di oltre il 60% entro il 2050. Per poter fare fronte a un tale accrescimento della richiesta, ma anche per intervenire sull’impatto che la produzione di carne tradizionale ha sull’ambiente, si stanno studiando nuovi sostituti delle proteine animali tradizionali.
Una delle plurime risorse nutrienti quaternari che possono sostenere a diminuire la richiesta di carne di bestiame allevato in futuro è la carne coltivata. La carne in vitro è il prodotto di una scienza tecnologica all’avanguardia che consente di far crescere il tessuto muscolare, senza la necessità di abbattere il bestiame allevato. Questo processo si basa sulla produzione di carne a partire da cellule staminali, utilizzando tecniche ingegneristiche dei tessuti. Un dato importante da tenere presente è non tanto l’aggettivo che si utilizza per questo tipo di prodotto quanto il termine stesso di «meat», ovvero di carne.
Queste cellule possono però derivare da qualsiasi specie, ma quelle specifiche del processo produttivo sono diverse per ciascuna. Questa alternativa risulta economica e potenzialmente utile per la produzione sostenibile di carne in vitro. I costituenti concorrono in modo unico e armonizzato all’esercizio sensoriale d'insieme del sapore della carne. Per migliorare la qualità della carne coltivata, è opportuno considerare l’opzione della co-coltura con altre cellule, come gli adipolisi, al fine di potenziare la consistenza, la struttura e il sapore del prodotto finale artificiale. Però, va tenuto presente che la diversità nei tassi di sviluppo delle diverse cellule potrebbe comportare il rischio di ottenere una quantità squilibrata di vari tipi cellulari.
La coltura di tessuti compositi presenta benefici non solo nel raggiungere una assemblaggio del tessuto che si approssima di più alla carne tradizionale, ma anche nell’utilizzare le reciprocità positive tra i molti modelli di cellule. Sebbene i lipidi rappresentano solitamente una parte marginale del contenuto intero di carne, gioca una funzione importante nel determinare il sapore, la compattezza, la nutrizione e l’aspetto visivo . All’opposto, assorbire lipidi coltivati in prodotti a base di carne non strutturati risulterebbe relativamente semplice, simile alla miscelazione di grasso e carne magra da fonti diverse nei prodotti a base di carne finemente macinati convenzionali. Per di più, la produzione di bestiame richiede una notevole quantità di acqua dolce, corrispondente a circa un quarto delle risorse disponibili. Una possibile soluzione è la sostituzione della carne con alternative di origine vegetale.
Alcuni autori hanno ritenuto l’impatto ambientale della carne coltivata accettando un processo di produzione che utilizza idrolizzato di cianobatteri come costituente fondamentale nel mezzo nutritivo e un bioreattore agitato con due mesi del periodo di produzione. I risultati hanno rivelato che, a confronto con la carne di bestiame convenzionalmente prodotta in Europa, la carne coltivata risultava avere diffusioni di gas serra minori del 78-96%, requisiti di terreno più bassi del 99% e impiego d’acqua da meno dell’82-96%. Altri ricercatori hanno portato avanti analoghi sperimentazioni, esponendo valutazioni per l’impatto della “carne in vitro” adoperando di parametri differenti, una diversità ragguardevole da sottolineare consta nel fatto che il ricercatore inglese, Hanna Tuomisto ed il suo team, attribuiscono il 10% degli impatti della produzione animale ai coprodotti (come la pelle, gli organi e il grasso), mentre il rimanente al 100% è da addebitare alla carne.
In conclusione, sul supporto di quanto osservato, la carne coltivata rappresenterebbe una svolta innovativa nella produzione alimentare, dal momento che la ricerca di scelte proteiche alla carne tradizionale è uno del focus principali del mondo alimentare, che potrebbe aver trovato soluzione proprio in questo prodotto. Questa novella tecnica potrebbe risolvere la problematicità della crescita della domanda di carne, dovuto soprattutto alla ininterrottamente all’incremento demografico della popolazione alla quale stiamo assistendo.