L’Opera in Nero è un lavoro che ho realizzato l’8 novembre per la Biennale di Mosaico 2023. Non ne ho ancora scritto eppure forse è l’evento più compiuto, più definito rispetto alle Azioni esplorative di questi ultimi due anni. Sicuramente non ha avuto inciampi causati dalla pioggia e dalle mie paure, come in “La fiumana e la lumaca”.
Il luogo è sempre il Parco della Pace, il Logos all’aperto dove la solitudine e quel silenzio che non è assenza di suoni ma presenza del rumore del vento e delle foglie, sono i compagni dei miei pensieri. A volte sono circondata dai rumori delle auto e delle voci che arrivano dalle strade vicine, ma nella contemplazione li dimentico. È qui che quando è necessario mi fermo e accolgo nella mia esistenza, le pause. In realtà da un po’ di tempo le pause superano di gran lunga le azioni. Mi siedo e osservo e penso: “L’Albero della Vita, ancora c’è. Nei due lavori già realizzati ragazze e ragazzi si sono distesi a terra, la prossima volta in qualche modo -lo troverò- li farò salire sugli alberi che circondano lo spazio”. Faccio poi fotografie. Ormai sono centinaia. Sempre le stesse. E sono attratta da questi alberi che mi circondano e pare si innalzino oltre se stessi. Nel parco, anche in questa stagione, sono dei scesi dal cielo per renderci felici.
Solo l’albero della vita, a terra, si trova in uno stato di abbandono. Guardandolo ora, con parti mancanti che rivelano quello che c’è sotto come erba e terra e soprattutto con la perdita di colore e con le immagini che si intravvedono appena rivedo la mia memoria che, come quelle figure, se ne sta andando. E se vado con il pensiero oltre la mia persona l’Albero della vita è l’immagine esatta della nostra contemporaneità e come noi se ne sta andando a pezzi. Mi alzo dalla panchina e inizio ancora una volta il mio viaggio nel suo interno e sempre, con stupore, mi riconosco. Mi riconosco nelle sue ferite, nel fuoco, nell’acqua, nei pesci, nelle figure, anche in quelle mostruose, che occupano spazi angusti, incastrati tra i rami. Mi riconosco negli errori. In questo senso posso dire che nell’Opera in nero ho celebrato il mio e il suo lutto.
Qualche giorno fa Riccardo mi ha inviato il video delle Azioni e così ho provato il desiderio di rientrare, di riscrivere quella che può apparire un’ossessione. Invece è solo una risposta e ancora una volta il riconoscimento del lavoro di tante e tanti amici, senza dimenticare che gli Eventi, nascono, vivono e muoiono nella realizzazione delle Azioni; in quel determinato tempo lì. La fatale circostanza che determina le Azioni è il corpo quando si pone in stato di libertà, una sorta di consenso e di coraggio verso se stesso. Le riprese video sono altro, sono la memoria più o meno riuscita di un lavoro che se ne è andato.
Anch’io in questo momento, attraverso la scrittura faccio un’operazione di memoria. In realtà la frase “lo splendore dell’innocenza si oscurò e gli occhi divennero ciechi” (Ildegarda di Bingen, 1098-1178) non riguarda solo l’Opera in nero, ma contiene il senso delle Azioni che, dal 2012 ho realizzato all’aperto in sacre conversazioni con la natura. Sempre un prima dove i corpi esaltano il loro equilibrio con le metamorfosi degli eventi e un dopo dove viene annullato il rapporto armonico con la terra, la nostra casa.
Ricordo la mattina dell’otto novembre; è una bella giornata e sicuramente non pioverà. Arrivano per primi i bambini e le bambine del coro voci bianche libere Note della scuola Mordani diretto dalla Maestra Catia Gori; osservo il loro stupore di fronte a questo grande spazio libero. Li lasciamo correre nel parco in attesa dell’Evento. Il coro accompagnerà le Azioni realizzate da Sofia Bolognesi, Valentina Mariani, Andrea Pieri, Riccardo Poletti, diretti da Monica Marcucci. Si stanno preparando anche Sara Maioli, e Riccardo Galeati, gli artisti erranti, che qui sono impegnati nelle riprese video e nella documentazione fotografica.
Ecco. Le Azioni iniziano con un prologo: Andrea e Riccardo si dirigono verso le due figure che nell’albero della vita si abbracciano e a loro si sovrappongono, poi è la volta di Sofia che riprende la posizione di tutte e tutti noi nel ventre materno e infine Valentina anche lei si appropria di una figura senza più colore e come gli altri tre, con i loro corpi, ridà vita ad un mosaico in via d’estinzione. Sempre accompagnati dal coro si alzano e si riappropriano dell’età dell’oro con il gioco. Il gioco come azione che ha il suo culmine e contemporaneamente il suo passaggio dall’età dell’innocenza nel “giro giro tondo casca il mondo casca la terra tutti già a terra” al rito funebre. E infine, in una nera terra, con le bende agli occhi, i e le performer seguono il pifferaio magico; invincibili vinti dalla natura.