Non sopporto gli audiolibri. E’ un mio limite, non una critica al mezzo in sé. Non li sopporto nel senso che non riesco ad apprezzarli: stare ad ascoltare qualcuno che legge, senza avere tra le mie dita le pagine, senza seguire il percorso d’inchiostro, mi lascia un irrazionale senso d’inattività. Penso continuamente: e ora io che faccio, mentre questo si gode il libro al posto mio?
“The High Country” è la prima opera capace di riconciliarmi con l’idea di un romanzo registrato su disco. Perché, per andare al sodo e giustificare questa premessa, l’ultimo cd dei Richmond Fontaine non è altro che un romanzo con le canzoni al posto dei capitoli. Non per nulla il leader della band, Willy Vlautin, è uno scrittore, ed è probabile che dalla sua fantasia e dalla sua penna sia uscito questo lungo racconto diviso in diciassette canzoni (un terzo sono strumentali), che potreste idealmente collocare su uno scaffale in biblioteca, accanto a una raccolta di Raymond Carver o a una sceneggiatura dei fratelli Coen.
E’ un lavoro che sanguina America da tutti i capillari.
Ambientazione: provincia oscura, villaggio tra i boschi, bar nascosto tra gli alberi. Protagonisti: padre in fuga, madre intrattabile, figlia che resta incinta giovanissima, taglialegna, meccanico. Accessori: alcool declinato in vari modi, seghe, asce, pistole, coltelli. Ti immagini pesanti camicie a scacchi, il nome di una birra illuminato al neon dietro al bancone, musica country, pickup nel parcheggio.
Con questi ingredienti c’è poca scelta, alla fine viene fuori un intreccio alla “Fargo”, con gole che si aprono e teste che esplodono senza preavviso, con lo stesso suono di grossi alberi segati che si schiantano al suolo. Conseguenze inevitabili di amori pericolosi, rancori, gelosie, scorte di violenza.
E’ la storia di una ragazza che nasce sventurata, vive tra mille difficoltà e alla fine sparisce, rischiando di pagare il disperato desiderio di un amore vero. E’ difficile riassumerla senza rovinarla, dunque non lo faccio. L’unico modo per apprezzare davvero questo disco, a meno di non avere una conoscenza dell’inglese di quelle che non ti perdi nemmeno una parola, è accompagnare l’ascolto con la lettura del libretto dei testi. Quindi non ci pensare nemmeno a scaricarlo gratis da qualche oscuro sito gestito da maneggioni. In rete si trova il compact disc a meno di 10 sterline, e in negozio ho visto uno vinile “audiophile” (sempre che questo termine abbia un significato) a 30 euro, un po’ troppi per farmi prendere seriamente in considerazione l’esborso.
Resterebbe da dire qualcosa sulla musica, che non è un optional. Se così fosse, il cd diventerebbe davvero un audiolibro, e ci ritroveremmo al punto iniziale. Questo romanzo in forma di canzoni invece si regge proprio sulla qualità delle composizioni: alcune sono spoken songs, con uno splendido tessuto che resta in secondo piano rispetto al “parlato”, altre sono capaci di vita propria, per esempio “The Chainsaw Sea”, o “On a Spree”, che potrebbero finire in una vostra playlist, così come sono finite nella mia. Cori e chitarre sono i protagonisti principali, con le voci soliste che si alternano adattandosi le esigenze della narrazione.
“The High Country” è un tentativo riuscito che merita un piccolo sforzo di comprensione, perché ha in sé la qualità (rara) di un’idea forte, realizzata senza indecisioni.