Intellettualmente ambiguo, sontuoso. Napoleon, il kolossal di Ridley Scott, epico e passionale, oltrepassa il tempo. Il regista inglese riesce a ricostruire e concentrare quasi 30 anni di storia napoleonica (Parigi 1793 - Sant’Elena 1821) in poco meno di tre ore (2 ore e 38') mettendo a fuoco il carattere di un personaggio complesso e fondamentale per la storia di Francia e del mondo, «per andare oltre la storia e penetrare nella mente».
Un ritratto intimo e sentimentale del leggendario soldato, generale, console, imperatore, (interpretato dal premio Oscar Joaquin Phoenix per Joker) mostrato con una costante ambiguità. Abile e risoluto sul campo di battaglia quanto goffo e triviale al di fuori del contesto militare. Non più il condottiero che terrorizzò e affascinò mezza Europa o abile nel parlare ai suoi soldati e incitarli con memorabili discorsi, non più il militare appassionato di arte e cultura che portò con sé in Egitto i più importanti archeologi e linguisti dell'epoca. Dietro la cinepresa di Scott e la sceneggiatura di David Scarpa, l’imperatore francese viene smitizzato, diventa una sorta di ometto dissoluto, vizioso, fragile e insicuro, che rischia di essere banalizzato.
Si addormenta prima di una battaglia e nel confronto con il nemico, si copre le orecchie con le mani per non sentire lo sparo dei cannoni, un temperamento poco avvezzo ai protocolli e alla diplomazia. Una personalità ambivalente, tanto ossessionato dal potere quanto paradossalmente impotente nel confermare il proprio status di prima grandezza tra le corti d’Europa.
Non il conquistatore d'Europa che ha affascinato politici, filosofi e artisti, ma un semplice individuo succube della donna che ama, Josephine de Beauharnais (Vanessa Kirby) nonostante lei lo tradisca. Assolutamente incantato da lei, però costretto ad abbandonarla, poiché lei non riesce a dargli un figlio, un erede. Ma unico ed eterno amore come rivelano le lettere ricche di passione e ardore, pensieri e parole che le rivolge durante la marcia verso Mosca e che pronuncia in esilio («Francia, esercito e Giuseppina») sull’isola di Sant’Elena.
Napoleon si apre all’epoca della Rivoluzione francese, con Maria Antonietta al patibolo e ghigliottinata. Imprese belliche, dalla liberazione di Tolone (1793) all'assedio inglese, che come il resto del film, vengono concentrate in brevi scene, capaci di mostrare epicità, senza però rendere giustizia agli eventi e al mito storico. Il cineasta britannico sorvola sulla Campagna d’Italia (1796-1797) e d’Egitto, intraviste con semplici battute o immagini, dall’incoronazione a imperatore (1804) fino all’esilio sull’isola di Sant’Elena. Ripercorre senza analizzare e dà molto per scontato, la storia di Napoleone a partire dal 1789. D’altro canto, le 2 ore e 38 minuti di durata non permettono di approfondire gli avvenimenti. Solo il regista francese, Abel Gance, nel suo Napoléon del 1927, era riuscito a rendere l’epopea napoleonica, un capolavoro ma in più di 5 ore. Nel suo Napoleon, Scott fa un excursus in cui inserisce elementi di storia alternandoli ad altri di fantasia, facendo discutere per la sua attendibilità storica: la presenza del giovane Bonaparte davanti al patibolo di Maria Antonietta; il colpo di cannone sulle piramidi; il figlio illegittimo che vorrebbe far passare per suo e di Giuseppina; la campagna di Russia che non si conclude con la decisiva sconfitta nella “battaglia delle nazioni” a Lipsia del 1813; la fuga dall'esilio dell'isola d'Elba e il rientro a casa di Giuseppina appena morta (che invece era scomparsa da mesi).
Critiche a cui il regista de Il Gladiatore (2000), Blade Runner (1982) e di Alien (1979) ha risposto aspramente, rivendicando il proprio disinteresse per il rispetto minuzioso dei fatti a favore di un racconto cinematografico di sicuro effetto e coinvolgente. Così il Napoleon di Ridley Scott spiazza tutti, portando sullo schermo la sua idea del condottiero francese, ritraendolo come lo immagina lui, evitando di raccontare ciò che è notoriamente storico e leggendario e sorprendendo tutti.
«Non si limita alla cronologia dei fatti o alle gesta belliche e politiche, ma va alle radici dei rapporti personali dei personaggi», modifica la storia, come aveva già fatto in passato con Le crociate o con House of Gucci e firma un "film di fantascienza del passato". Mette insieme le sue due grandi passioni, cinematografiche, la guerra e l’amore, portando a termine un progetto che aveva ossessionato Stanley Kubrick, che aveva lavorato approfonditamente alla sceneggiatura ma mai realizzandola.
Un’opera dalle inquadrature scenografiche paragonabili a molti dipinti dell’epoca, che si riverbera nella fotografia di scintillii e chiaroscuri di Dariusz Wolski, con il quale Scott aveva più volte collaborato, sin dai tempi di Alien e a cui aveva chiesto “di mostrare non solo lo spettacolo delle sequenze di massa e della vita a corte, ma anche gli animi, le scelte, le emozioni di tanti personaggi sullo sfondo”. Spettacolari le scene di battaglia, coreografate e riprese con grande realismo e maestria, raccontate con una discreta fedeltà soprattutto quelle di Austerlitz (1805) e la disfatta di Waterloo (1815) , che confermano la sua abilità a calarsi in epoche storiche lontane, già apprezzata ne I duellanti (1977), The Last Duel (2021) e ancora in attesa di vedere il sequel de Il Gladiatore che uscirà tra un anno esatto.
Guerra e ossessioni amorose, un'epopea che racconta la nascita della storia moderna, con una straordinaria Vanessa Kirby nei panni di Josephine de Beauharnais, come sempre algida e indolente, follemente amata ma ripudiata perché non in grado di concepire un erede.
Nel cast ci sono anche pezzi da novanta come il mitico Rupert Everett nel ruolo del Duca di Wellington, Tahar Rahim invece è Paul Barras, la francese Ludivine Sagnier la bella amante Theresa Cabarrus mentre l’esordiente Anna Mawn, veste i panni di Maria Luisa d’Austria, la seconda moglie di Napoleone che gli diede l’erede Napoleone II.