Sto leggendo un libro che ritengo imprescindibile per ogni musicista o appassionato di musica: Come funziona la musica di David Byrne. Ogni capitolo ha bisogno di tempo per essere assimilato, mi capita di interromperne la lettura perché investita da una quantità di informazioni tali che rendono necessaria una pausa di giorni.
Inoltre, poiché la musica spesso è l'espressione di una società, estendere l'analisi dal mondo musicale ad altri aspetti della vita apre nuovi sentieri di riflessione.
La prima parte del libro è dedicata alla propagazione della musica, dai luoghi che possono ospitarla ai vari modi che gli animali hanno in natura per comunicare tra di loro, ai vari sistemi di registrazione e diffusione. Si pensa che alcuni luoghi siano nati per ospitare determinati generi musicali ma in realtà si scopre il contrario: è la musica che si è adattata ai luoghi portando alla nascita di vari generi musicali, così come si è adeguata alla tecnologia.
Si parte quindi dall’idea che la tecnologia sia a supporto della musica per poi arrivare a concludere che invece sia la musica a doversi adeguare all’evoluzione tecnologica.
La durata delle composizioni si è sempre adattata a quella dei supporti disponibili, l’armonia delle composizioni liturgiche doveva (e deve) evitare cambi di accordi troppo repentini per prevenire la sovrapposizione delle armonie dovuta ai lunghi riverberi delle chiese. La musica techno non sarebbe mai nata senza la nascita degli strumenti digitali, intere correnti stilistiche portano il marchio di un particolare suono, che sia la famosa batteria digitale 808 o l’Hammond.
L’essere umano inventa uno strumento per compiere un’azione e poi modifica le proprie azioni per poter utilizzare quello strumento.
La letteratura, la poesia, la musica, hanno sempre avuto il ruolo di raccontare e rappresentare un momento storico attraverso la rielaborazione emotiva.
Credo che l’arte sia in grado di interpretare la storia in modo diverso, che possa far comprendere in maniera più profonda e intima il dolore, la gioia, la rabbia di una generazione.
I sentimenti dell’animo umano rimangono gli stessi ma il nostro modo di esprimerci muta continuamente, cambiano gli strumenti che abbiamo a disposizione per esprimerci.
Da ciò nasce la riflessione: se un luogo o un’invenzione tecnologica può influenzare la musica, che è un’espressione artistica tipica dell’essere umano, allora può influenzare ogni aspetto del suo comportamento?
I treni sono stati inventati per soddisfare l'esigenza umana di spostarsi velocemente, oppure è stata l'invenzione delle rotaie a spingerci a sentire il bisogno di partire? Vent'anni fa, non avevamo veramente bisogno di controllare la nostra casella di posta elettronica in qualsiasi momento; adesso siamo costantemente raggiungibili e operativi.
La tecnologia ci ha semplificato la vita o ci ha costretti a cambiare completamente le nostre abitudini? Nel 2023 è socialmente inaccettabile essere irreperibile per qualche ora. Sono veramente poche le persone che non possiedono uno smartphone e che hanno uno stile di vita disconnesso.
Brunori Sas in un suo brano canta: “non riesco più a vedere/la differenza se c’è/tra la vita reale e la vita cellulare”, una frase che rappresenta a pieno la nostra condizione attuale, la dipendenza dalla tecnologia, sia come strumento lavorativo che momento di svago.
Mi capita sempre più spesso di sperare che il mio luogo di vacanza sia in un posto non raggiungibile dalle reti internet. Durante le poche occasioni in cui non ho accesso alla rete, come ad esempio un viaggio in nave o in aereo, riscopro il piacere della noia. Quella noia che mi ha portata a imparare uno strumento musicale, a leggere dei libri che mi hanno cambiato la vita, che mi spingeva a uscire tutti i pomeriggi per incontrare i miei amici.
Questo è solo un esempio di come le nostre abitudini di vita siano mutate in pochissimo tempo e non abbiamo modo di prevedere cosa accadrà nei prossimi anni.
L’intelligenza artificiale è nata per dare supporto all’essere umano ma probabilmente detterà nuovi ritmi e nuovi standard da raggiungere.
Ancora una volta, saremo noi a dover modificare il nostro comportamento per utilizzare un nuovo strumento.
La paura costante del burnout che caratterizza la vita di molti non è la conseguenza dell’inevitabile gap tra i ritmi che ci vengono imposti dai nostri strumenti e quelli umanamente sostenibili?
Ultimamente, mi sto interessando di stili di vita alternativi, in cui si cerca di utilizzare in modo intelligente e più produttivo tutta l’eccezionale tecnologia di cui disponiamo. È possibile infatti non venire risucchiati da ogni strumento a nostra disposizione ma riuscire a raggiungere l’obiettivo per il quale ogni supporto è stato creato: essere di aiuto all’attività umana e migliorarne la vita.
Quelli che vengono chiamati “nomadi digitali” non sono altro che persone che provano a fare questo, ovvero vivere ritmi di vita più lenti e delegare ai computer i compiti operativi anziché trascorrere il proprio tempo davanti a un pc. Lavorare meno, produrre meno, viaggiare, vivere meglio.
Non è una cosa semplice da fare ma è possibile.
E nella musica?
I conservatori hanno aperto nuovi corsi legati alla musica elettronica ma i concerti operistici o di musica classica continuano a mantenere la loro potenza espressiva e gli iscritti ai corsi di strumenti classici sono ancora tantissimi.
Una delle cose che più mi affascina della musica è proprio la capacità di rimanere integra nella sua purezza, e di contaminarsi con strumenti all’avanguardia. Un violoncello il cui suono viene processato attraverso un distorsore o un delay, un’opera classica che viene campionata e inserita in un brano hip hop, un’artista di trip hop che si esibisce con un quartetto d’archi.
L’essere umano dovrebbe prendere spunto dalla musica, riuscire a essere indipendente da strumenti tecnologici, vivere più nella realtà e attingere alla tecnologia solo per migliorare la propria vita.
Mantenere la propria integrità, rimanere in contatto con il proprio sentire più profondo, riuscire a disconnettersi.