Sfiorata dalle bianche cime delle Alpi Apuane, Sarzana (La Spezia), è una cittadina antica e di antica cultura, dove prestigiose rassegne letterarie come Sarzana Dantesca (6-8 ottobre 2023), nata per celebrare il legame tra la Lunigiana e Dante Alighieri, ed eventi internazionali come il Festival della Mente, ritenuto uno dei più importanti festival europei dedicati alla creatività e alla nascita delle idee, dialogano con il tessuto urbano medievale del centro storico.
Le prime notizie scritte su Sarzana risalgono al 1084, in accordo con i dati archeologici. L’abitato si era sviluppato nella bassa valle del Magra, ai piedi del castrum de Sarzano, l’attuale fortezza di Sarzanello. Essa, posta sull’omonimo colle e confermata nel 963 dall’imperatore Ottone I° di Sassonia tra i possessi del Vescovo di Luni, per secoli fu il centro dell’amministrazione temporale del presule lunense estesa dal territorio di Carrara alla media Val di Vara.
Nel 1129 l’ Ymo burgo, il borgo basso o borgo vecchio, situato non lontano dall’Ospedale di San Bartolomeo, distrutto presumibilmente tra il 1514 e il 1530, quando furono costruite le fortificazioni rinascimentali, possedeva le due pievi di Sant’Andrea e di San Basilio. Formato da insediamenti sparsi, collocati sui nodi stradali della rivierasca del torrente Calcandola da un lato e sul ciglio del deposito alluvionale del torrente Rigoleto dall’altro, ben presto si era popolato con profughi giunti da Luni, signori di domini venuti dai castelli vicini e gente che si era trasferita con loro o ne era fuggita. Dalla metà del XII secolo Sarzana entrò in una fase di grande espansione.
L’insediamento, allora racchiuso in un rettangolo con l’asse maggiore adiacente al presbiterio della pieve di Sant’Andrea, era percorso dalla Via Francigena, forse l’attuale via Rossi. Percorrendola il pellegrino medievale incontrava la seconda pieve di Sarzana, dedicata al primo vescovo di Luni, e l’oratorio della Misericordia. Quest’ultimo, detto anche del Crocifisso, sembra essere stato costruito nel Mille. Ampliato nel ‘200 e rimaneggiato più volte nel corso dei secoli, attualmente ospita il Museo Diocesano.
Nel 1204, con la traslazione della diocesi di Luni, Sarzana ottenne a pieno titolo il ruolo di città.
Un atto notarile, custodito all’archivio di Stato di La Spezia e composto da sette bifogli in carta cellulosa scritti in recto e in verso, prova che Dante il 6 ottobre del 1306 incontrò in Platea Calcandola, ora Piazza Matteotti, il marchese Franceschino di Mulazzo – a sua volta agente a nome di Moroello di Giovagallo e Corradino di Villafranca, membri del ramo nobiliare dello “Spino secco” e il notaio sarzanese Giovanni di Parente di Stupio.
Il legale aveva il compito di affidare all’Alighieri il Mandatum, ossia la procura plenipotenziaria, registrata nella prima tabula del cartulario notarile, per concludere la trattativa di pace fra i Malaspina e il Vescovo Conte di Luni, Antonio di Nuvolone da Camilla, protetto dai Fieschi, Conti di Lavagna. L’ Instrumentum pacis, ratificato a Castelnuovo Magra nello stesso giorno dal legato Dante Alighieri per conto dei nobili Malaspina, poneva fine alla complicata controversia che, alimentata da uno stato di faida e di guerre, si protraeva ormai da anni tra le parti in causa.
Una lapide collocata all’ingresso del Palazzo comunale, edificato in piazza Matteotti dall’architetto Giuliano da Majano nel 1473 e completato da Antonio Roderlo nel 1554, dopo la conquista genovese della città, commemora il sesto centenario (1906) del passaggio di Dante da Sarzana. Il testo fu dettato da Achille Pellizzari, eccetto la chiusa finale “Orma di Dante non si cancella” aggiunta da Giovanni Pascoli.
Quando vi giunse Dante, Sarzana era un fiorente Comune. Piazza della Calcandola ne costituiva il fulcro economico. Sin dal 1163 l’ampio slargo irregolare, forse un tempo delimitato a sinistra dal vecchio corso del Calcandola, grazie al privilegio concesso da Federico I Barbarossa ai Consoli ospitava il mercato settimanale, il solo nella Lunigiana con libertà di commercio garantita. Una santa messa, celebrata in Sant’Andrea, precedette il viaggio di Dante a Castelnuovo Magra per la ratifica del trattato di pace.
Difficile non immaginare lo sguardo acuto e penetrante dell’Alighieri soffermarsi ad ammirare la meravigliosa croce che, realizzata nel 1138 da Mastro Guglielmo, impreziosiva il luogo di culto. L’opera, ritenuta uno dei primi dipinti datati e firmati nella storia dell’arte italiana e capostipite di una serie di crocefissi conservati nei territori di Pisa e Lucca, proviene dalla cattedrale di Luni antica. Trasferita nella pieve di Sant’Andrea di Sarzana, nel 1678 fu trasportata nella cattedrale di Santa Maria Assunta, ove si trova tuttora.
Quest’edificio sacro è stato costruito all’incrocio della Fracigena e dell’Aurelia con la strada che, valicando l’Appennino, conduceva a Parma e Piacenza. L’esterno, sobrio ed elegante, presenta una facciata a capanna tardogotica, rivestita in marmo nel corso del ‘400.
Un ampio rosone, commissionato allo scultore Lorenzo Riccomanni dal cardinale Filippo Calandrini (1403-1476), fratello uterino di papa Niccolò V Parentuccelli, e le statue di tre papi d’origine sarzanese: Eutichiano (275-283), Sergio IV (1009-1012) e Niccolò V (1447-1455) ornano l’ordine superiore della fronte. L’interno, coperto da capriate lignee dipinte da Maestro Gottardo nel 1453 secondo modelli decorativi toscani, è scandito da arditissime arcate, che, sorrette da colonne di marmo ottagonali, stupiscono per la lunghezza della loro corda senza catene e legature in ferro.
Una passeggiata panoramica conduce dalla piana di Sarzana ai resti del castello della Brina, appoggiati alla cima del colle della Nuda o del Torraccio, situato sulla dorsale al limite tra il bacino dell’Amola di Falcinello e quello, minore, del torrente Bellaso.
Il castrum, innalzato tra il IX e il X secolo lungo la variante interna della Via Francigena, che scendendo per le gole della Magra raggiunge rapidamente Sarzana, occupava un’area in cui nei secoli V-IV a. C. alcune famiglie avevano creato un villaggio d’altura.
Nel ‘200 il nucleo demico risulta circondato da una cinta muraria, edificata all’esterno del cassero in sostituzione della precedente palizzata in legno, e dotato di due accessi; quello centrale più ampio, fornito di avancorpi in difesa del passaggio.
A favorire la nascita e lo sviluppo dell’abitato altomedievale, soggetto ai Vescovi di Luni e oggetto di violente guerre contro i nobili Malaspina, fu soprattutto l’importanza della strada da cui era attraversato e i pedaggi che si potevano incamerare controllandone il tracciato.
A partire dal Trecento alla distruzione dell’area sommitale della Brina fa riscontro una sensibile riorganizzazione di tutta la zona. Diminuita nel secolo successivo l’importanza del tracciato montano della via Francigena, con il definitivo ingresso della Liguria orientale nell’orbita genovese e il rafforzamento del sistema viario di fondovalle, il castello della Brina, che aveva perlopiù scopi difensivi, non fu più ricostruito.