Può la bambola Barbie confermare la soluzione al pernicioso problema della polvere lunare? Sembrerebbe proprio di si, almeno secondo quanto dichiarato dai ricercatori della Washington State University (WSU), che hanno provato l’efficacia di uno spray ad azoto liquido di loro concezione, su una bambola Barbie che indossava una “tutina spaziale”, replica esatta del tessuto che sarà utilizzato per le tute lunari delle prossime missioni Artemis.
Mentre la NASA sta intensamente lavorando per far scendere sulla Luna nel 2025, la prima donna e il primo afroamericano, con la missione Artemis III, nei laboratori, nelle industrie aerospaziali e nelle università, si intensificano le attività per risolvere le difficoltà riscontrate dagli astronauti nelle precedenti missioni Apollo. Problemi, che potrebbero influenzare negativamente l’equipaggio e la missione. Primo fra tutti, la protezione dalla polvere lunare, meglio conosciuta come “regolite”.
La regolite lunare è costituita da materiale incoerente formato da una miscela di polvere e detriti rocciosi, prodotti per disgregazione dall’impatto delle meteoriti. La coltre ricopre completamente il suolo lunare, con uno spessore variabile, a seconda delle zone, da pochi centimetri a diversi metri. Il fatto che sia estremamente fine ed elettricamente carica, la porta ad aderire come fosse un magnete alle superfici con la quale viene a contatto, penetrando nei meccanismi e nelle giunzioni. La sua carica è data dall'interazione con il vento solare e la radiazione ultravioletta, mentre l'assenza di fenomeni atmosferici, ha fatto sì che le particelle che la compongono siano estremamente abrasive e taglienti.
Durante il programma Apollo, gli astronauti scoprirono immediatamente gli effetti negativi della polvere lunare, che portò al deterioramento di quasi tutte le apparecchiature con cui entrò in contatto, arrecando non solo danni significativi, ma anche a problemi nei sistemi di comunicazione. Superfici sporche o graffiate: come le visiere dei caschi e gli elementi destinati alla dispersione termica; e meccanismi inceppati dalle infiltrazioni nelle giunture delle tute; negli elementi rotativi del rover lunare; negli strumenti geologici e perfino nei meccanismi delle telecamere. Le complicazioni dovute alla polvere lunare interferirono pesantemente con il lavoro degli astronauti, aumentando la difficoltà nello svolgere i lavori, già aggravati dalla sostanziale richiesta fisica necessaria a operare indossando una tuta pressurizzata.
L’esperienza di Apollo ha dimostrato che l'usuale approccio di sigillare le articolazioni dall'ambiente con adeguate guarnizioni è inutile. Questo perché le caratteristiche abrasive della regolite rompono facilmente le tenute tradizionali, penetrando lo stesso nei meccanismi. Inoltre, l'abrasione e l’accumulo di polvere sui pannelli solari, sulle superfici dei sensori e sui rivestimenti termici, oltre a rovinare e ridurre la superficie di esposizione, ne riduce sensibilmente l'emissività termica. Ma i guai non terminano qui. La particolarità magneto attrattiva della regolite da ancora più problemi, perché può causare scariche dielettriche distruttive su elementi sensibili come i componenti microelettronici, montati sui circuiti conduttivi di una strumentazione.
Altrettanto rilevanti sono i pericoli per la salute, nel caso la polvere penetrasse negli habitat o all’interno delle astronavi, come riportato nel rapporto della NASA: Risk of Adverse Health Effects from Lunar Dust Exposure (2009) e nel successivo aggiornamento del 2022. Durante le missioni Apollo, prima di togliersi le tute pressurizzate, gli astronauti cercarono di rimuovere l’appiccicosa polvere che si era accumulata sulle loro tute, utilizzando delle spazzole e un piccolo aspirapolvere, ma entrambe i metodi non funzionarono molto bene. Gli astronauti, che pur uscirono solo poche ore e per pochi giorni in ogni missione, oltre a descrivere come l’odore fosse simile a polvere da sparo bruciata, raccontarono i molti disagi dovuti alla sua presenza. Irritazione agli occhi; bruciore alla gola, e l’intasamento delle narici, con sintomi simili a quelli provocati dalla febbre da fieno.
Tutte queste considerazioni, mostrano come il “problema polvere” non sia semplice da risolvere, e necessiti di soluzioni su misura. Questo perché i meccanismi di danneggiamento dovuti alla regolite, differiscono notevolmente a seconda della superficie con cui viene a contatto e si accumula. Per risolvere questo, ed altri problemi, in funzione della vasta gamma di missioni che la NASA affronterà nei prossimi anni, con la Breakthrough, Innovative, and Game-changing (BIG), nel 2020 l'agenzia spaziale ha fatto un appello alle università per trovare soluzioni alternative, tramite metodi non convenzionali, e tecnologie innovative ad alto impatto.
In risposta a questa “chiamata”, un team di ricercatori della Washington State University (WSU), si è concentrato sul “problema polvere”, trovando una soluzione che ha descritto in un articolo pubblicato nel febbraio 2023 sulla rivista Acta Astronautica, dove ha spiegato come uno spray ad azoto liquido sia riuscito a rimuovere oltre il 98% della polvere lunare, in questo caso cenere vulcanica raccolta dall'eruzione del 1980 del vicino Monte Saint Helens, che è simile per consistenza alla regolite. Per l’esperimento, i ricercatori hanno vestito alcune bambole Barbie con tute spaziali improvvisate, confezionate con materiali simili a quelli utilizzati dalla NASA. Quindi, hanno spruzzato le Barbie con azoto liquido, dimostrando come il fluido criogenico sia stato in grado di rimuovere efficacemente la polvere dai loro indumenti.
Per ottenere questo risultato, i ricercatori della WSU hanno studiato l'effetto “Leidenfrost”, fenomeno che prende nome dal medico tedesco Johann Leidenfrost, che nel 1746 studiò il comportamento di una sostanza liquida, quando entra in contatto con una superficie avente temperatura significativamente più alta del suo punto di ebollizione. Questo effetto è facilmente osservabile quando si versa acqua fredda su una padella calda, dove a contatto con il fondo rovente si solleva spostandosi attraverso il recipiente.
Considerando che sulla Luna le temperature dei materiali esposti al Sole raggiungono i 150 °C, applicando questo principio i ricercatori hanno spruzzato azoto liquido molto freddo su un materiale coperto di polvere molto calda, notando come le goccioline di azoto inglobassero la polvere prima di sollevarsi e disperdersi nell’ambiente, pulendo la superfice sulla quale era depositata. Il gruppo che sta ora lavorando per comprendere appieno il processo che consente la pulizia, modellando le complesse interazioni tra le particelle di polvere e l'azoto liquido, ha fatto una nuova richiesta di fondi alla NASA per testare la tecnologia in condizioni più simili a quelle lunari.
La nuova tecnologia antipolvere però è stata utilizzata solo in laboratorio, e anche se funzionasse con certezza risolverebbe solo in parte il problema. Per questo altri laboratori stanno studiando soluzioni alternative, fra le quali un sistema elettromagnetico, in grado di respingere con una carica negativa le particelle di polvere.
Oltre a questo “scudo spaziale”, la NASA, In collaborazione con la Smart Material Solutions Inc., con sede nella Carolina del Nord, sta valutando nuovi materiali e tessuti dotati, su scala nanometrica, di una fitta rete di strutture piramidali, in grado di ridurre sensibilmente il deposito di polvere su apparecchiature, strutture mobili e tute spaziali. Una cosa è certa, si deve far presto perché mancano solo 24 mesi al ritorno dell’umanità sulla Luna, sempre che le previsioni siano giuste, e questo proprio non lo possiamo sapere.