Il 31 marzo scorso il Garante per la protezione dei dati personali ha disposto, con effetto immediato, la limitazione provvisoria del trattamento dei dati degli utenti italiani nei confronti di OpenAI, la società statunitense fondata da Elon Musk che ha sviluppato e gestisce la piattaforma ChatGPT, il più noto tra i software di intelligenza artificiale conversazionale, in grado di simulare ed elaborare le conversazioni umane. Nel provvedimento il Garante rileva la mancanza di una informativa agli utenti e a tutti gli interessati i cui dati vengono raccolti da OpenAI e l’assenza di una base giuridica che giustifichi la raccolta e la conservazione massiccia dei dati personali allo scopo di “addestrare” gli algoritmi sottesi al funzionamento della piattaforma1. In seguito la società che gestisce ChatGPT ha accolto le richieste del Garante e la piattaforma è tornata accessibile anche dall’Italia.
L’enorme diffusione della piattaforma di ChatGPT che, lanciato il 22 novembre 2022 in soli due mesi ha raggiunto 100 milioni di utenti con i quali “conversare” e instaurare una conoscenza estesa su informazioni personali sensibili quali pensieri, interessi, domande, timori, ha confermato la centralità della protezione dei dati personali e il suo fortissimo legame con lo sviluppo e l’affermazione delle nuove tecnologie2. La decisione del Garante è stata valutata con favore da chi ne ha apprezzato soprattutto l’azione di tutela nei confronti delle sempre maggiori sottrazioni della privacy. Da altri è stata considerata una scelta oscurantista che rischia di far arretrare il nostro paese nella graduatoria di quelli tecnologicamente avanzati3.
I dati, proiezione digitale delle nostre persone, sono input fondamentali per produrre avanzamenti in ambito medico e per migliorare le politiche sanitarie. Il concetto di dato personale e anonimo è peraltro ormai sparito in una sorta di far web di schedature e profilazioni ossessive, fuori controllo, nelle quali la violazione della privacy sembra sistematica. I dati, sempre più accessibili e trasparenti, sono infatti prede allettanti per la creazione di valore nel commercio digitale, per mezzo di indagini di mercato che trasformano le persone in codici, entità disumanizzate. I cittadini sono divisi in sorveglianti (pochissimi) e sorvegliati (i più), ricevono servizi gratuiti in cambio della possibilità di monitorare il loro comportamento, spesso senza consenso esplicito, illusi con la promessa di maggiore controllo laddove nei fatti ne vengono progressivamente privati4. La rete, da possibile risorsa democratica, si è trasformata in strumento di sorveglianza globale da parte delle mega-piattaforme private, versione digitale del Panopticon di J. Bentham, il dispositivo di sorveglianza carceraria che, a fine Settecento, profetizzava la moderna società del controllo sociale5. Nel Panopticon peraltro il punto di sorveglianza era centrale, visibile e generatore di timore, ora la sorveglianza invade qualsiasi punto della realtà.
Essere controllati è diventato qualcosa di normale e naturale, il potere controlla lasciando le persone fare esattamente ciò che vogliono, mantenendo un’illusione di libertà6. Noi stessi infatti postiamo sui principali social network immagini di ospedale, referti diagnostici, informazioni sull’andamento delle malattie, vissuti di lutto, momenti cruciali della propria e della altrui esistenza. Inoltre, in virtù della sempre maggiore diffusione del cosiddetto “internet delle cose”, per cui oggetti, dispositivi, sistemi diventano “smart”, cioè dotati di software che consentono loro di identificarsi elettronicamente, connettersi e comunicare direttamente tra loro, internet è sempre più trasformata da rete di comunicazione tra persone a rete di controllo, incorporata nel mondo fisico. Come afferma L. Denardis: «Lo schermo non è più l’arbitro di ciò che è online o di ciò che è offline. Nell’era in cui la maggior parte dell’accesso era mediato da uno schermo (computer, telefono, tablet) era chiaro quando qualcuno ‘era’ su Internet. L’allontanamento dagli schermi verso oggetti ambientali dissolve questa distinzione tra online e offline»7.
Conclusioni
La decisione del Garante nei confronti di ChatGPT ha riacceso il dibattito sul valore della privacy nella nostra società e sul suo stretto legame con lo sviluppo delle sempre più intrusive tecnologie digitali. La difesa del diritto al controllo dei propri dati dovrebbe essere la tutela della libertà dell’individuo e di una società che, consapevole di sé stessa e delle proprie capacità, dovrebbe poter dissentire rispetto al potere tecnologico, o almeno evitare di essere sempre più identificata secondo le forme e le regole del sistema8. La soluzione peraltro non sta nella semplice riappropriazione dei propri dati mediante norme rigide9. Secondo S. Zuboff, sociologa della Harvard Business School, queste non toccano il punto nodale della questione. Anzi, la spinta ad introdurre regolamenti sempre più inflessibili, paradossalmente, «non fa che istituzionalizzare e legittimare ancora di più la raccolta dei dati. È come negoziare il numero massimo di ore lavorative quotidiane di un bambino di sette anni, piuttosto che contestare la legittimità del lavoro minorile».
La protezione della riservatezza, anche in ambito sanitario, richiede la concezione di nuovi costrutti, maggiormente allineati agli attuali contesti ontologici prodotti dalle sempre più affascinanti/inquietanti intelligenze computazionali, peraltro indispensabili, a causa delle loro immense potenzialità, per fornire risposte in ambiti ad elevata complessità e incertezza, come quelli della salute/malattia. La risposta deve essere culturale, mediante il recupero e la promozione dei diritti delle persone, compreso quello di rinunciare, consapevolmente, alla fruizione del diritto alla privacy, per chi voglia partecipare al flusso dell’attualità tecnologica ed essere costantemente on line anziché on life10.
NB: il testo appena letto non è stato generato da una intelligenza artificiale.
Note
1 Provvedimento del 30 marzo 2023 – Garante Privacy.
2 ChatGPT e i nostri dati: l'IA al banco di prova della data protection.
3 Il valore dei dati e della vita.
4 Zuboff S., Il capitalismo della sorveglianza, Roma, LUISS, 2019.
5 Panopticon è il progetto di carcere ideale creato nel 1791 dal filosofo e giurista Jeremy. Bentham. Il concetto è di permettere a un unico sorvegliante di osservare tutti i soggetti di una istituzione carceraria senza permettere a questi di capire se siano in quel momento controllati o no.
6 Deleuze G., Pourparler, Macerata, Quodlibet, 2019.
7 Denardis L., Internet in ogni cosa, Roma, LUISS, 2021.
8 La scomparsa della privacy | Meer.
9 Collecchia G., Intelligenza umana e artificiale: culture a confronto/scontro, IsF 2018; 4: 28-31.
10 Dall’habeas corpus all’habeas data. In: Collecchia G., De Gobbi R., Intelligenza artificiale e medicina digitale, Roma, Il Pensiero Scientifico Editore, 2019.