È importante che le donne assumano sempre di più posizioni di vertice per poter essere maggiormente libere di dire veramente quello che pensano...
(Nicoletta Maraschio)
Nicoletta Maraschio, linguista italiana e professoressa di Storia della lingua italiana presso l’Università di Firenze è stata la prima donna alla guida dell’Accademia della Crusca, della quale è stata Presidente dal 2008 al 2014.
Nello specifico, nel 2008 è succeduta a Francesco Sabatini, dopo essere stata per molti anni vicepresidente della prestigiosa istituzione e averne diretto il “Centro di Grammatica Italiana”. La sua attività di ricerca ha riguardato periodi e temi diversi della lingua italiana: dalla lingua di singoli autori (Boccaccio, Alberti, Salviati), alla riflessione linguistica d’epoca rinascimentale, l’insegnamento dell’italiano all’estero, la prima cattedra italiana a Siena, i trattati di fonetica cinquecenteschi ecc., fino a tematiche linguistiche novecentesche legate al linguaggio di genere e ai grandi mezzi di comunicazione di massa (televisione, cinema, radio).
L’Accademia della Crusca (spesso anche solo Crusca) si costituì ufficialmente il 25 marzo 1585 a Firenze ad opera di Leonardo Salviati come informale gruppo di amici (la “brigata dei crusconi”) dediti, in contrapposizione alla severa Accademia fiorentina, a discorsi giocosi (le “cruscate”).
Il giornalismo della carta stampata, in Italia, è ancora un settore dove gli uomini spadroneggiano: sono di più e mantengono le posizioni di rilievo, un senso di ingiustizia e sconforto di fronte a strutture editoriali chiaramente improntate sulla prevalenza maschile, dove la donna resta comunque relegata a un ruolo di secondo piano, sia in termini di visibilità, sia di prestigio e carriera.
In occasione del XXIV Congresso di AMMPE WORLD abbiamo incontrato la professoressa Nicoletta Maraschio che ci ha gentilmente ricevuto nella sua casa fiorentina nella quale si respira Cultura (con la C maiuscola). Il grande salone e la libreria fitta di volumi, giornali, libri e quadri, testimoniano silenti la storia di questa casa.
Cosa ha significato per lei ricoprire questo ruolo importante?
Certo, da un punto di vista un po’ avevo paura, non per il compito che mi aspettava, ma perché prima di me erano stati presidenti Migliorini, Devoto, Nencioni, Sabatini, quindi anche i miei maestri. Il confronto con queste grandi personalità di studiosi mi faceva paura, ma Nencioni, mi aveva sempre stimato e riconosciuto una grande energia e capacità organizzativa. Ma credo che questa, sia una specificità delle donne.
Infatti, sembra che le donne abbiano una marcia in più. . .
Le donne devono organizzare sempre la loro vita tra: famiglia, lavoro, figli, genitori, cercando di conciliare tutte le loro attività. Ho cercato perciò di mettere a frutto questa caratteristica specifica, seguendo le molteplici attività dell’Accademia, in particolare quelle nel campo della digitalizzazione, arricchendo così il patrimonio digitale dell’Accademia: banche dati ma anche strumenti che servissero a conoscere meglio l’italiano. Tra questi un posto particolare occupa la Lessicografia della Crusca in rete: le cinque edizioni del vocabolario della Crusca (dal 1612 al 1923) danno la possibilità a chiunque di poter esplorare i cambiamenti della lingua italiana nel corso dei secoli, risponde decisa la linguista, attraversando con il pensiero i suoi ricordi.
Alla luce del fatto che la Crusca è la più antica Accademia linguistica del mondo, son dovuti passare ben quattro secoli per poter avere una presidente donna. Come mai?
Pensa un po’ prima di rispondere: Sì… anche se la prima donna a entrare nell’Accademia è stata Caterina Franceschi Ferrucci nel 1871 e poi a seguire, Ersilia Caetani Lovatelli. Dal dopoguerra in poi sono entrate molte donne; Nencioni è stato all’avanguardia nel favorire la presenza femminile in Accademia. Stimava moltissimo le studiose e creò un Consiglio direttivo composto da sole donne, di cui entrai a far parte anche io. In questo Consiglio ero vicepresidente e ho mantenuto la carica anche con la presidenza di Sabatini; perciò, è stato poi naturale che da vicepresidente mi eleggessero presidente. Ora certamente, non ci sono più ostacoli “ideologici” sul fatto che una donna possa ricoprire questo ruolo.
Attualmente nella lingua italiana, si usano spesso anglicismi invece che vocaboli italiani, perché secondo lei?
Purtroppo parliamo di una certa fragilità, di una coscienza debole, di una consapevolezza non molto sviluppata dei valori e delle potenzialità della nostra bellissima lingua. L’anglismo diffuso sicuramente non è un fenomeno solo italiano; tutti riconosciamo che l’inglese oggi ha una funzione di “lingua franca” della comunicazione mondiale, e quindi la conoscenza dell’inglese è fondamentale. Ma per citare un bel libro di una scienziata, che è anche accademica della Crusca, Maria Luisa Villa: “l’inglese non basta”, è necessario ma non basta. Dobbiamo favorire il multilinguismo. L’italiano è una lingua più permissiva di altre lingue romanze per quanto riguarda gli anglismi, questo senz’altro, lo ribadisco, deriva da una fragilità e da una minore consapevolezza linguistica che c’è nel nostro Paese. Tuttavia sarebbe più grave se la nostra lingua perdesse le sue funzioni alte e primarie (lingua della scienza, della formazione, della divulgazione ecc.) allora sì che rischierebbe di diventare un dialetto. Concludiamo l’intervista alla professoressa con un ultimo quesito.
Quale è stato nella storia e qual è, ai giorni nostri, il ruolo delle donne come comunicatrici?
Credo che nella storia si debba riscoprire ancora molto, per esempio, tutta un’epistolografia femminile che ora viene progressivamente resa nota, il che è molto importante perché ci fa vedere quale ruolo essenziale le donne abbiano avuto nella gestione familiare. Basti pensare a Margherita Datini qui in Toscana, o Alessandra Macinghi Strozzi e alle sue bellissime lettere ai figli; i mariti non c’erano e loro gestivano la famiglia e il patrimonio familiare, scrivevano molto e mantenevano i rapporti con l'esterno. Poi se si va avanti nei secoli, abbiamo tantissime testimonianze di donne, non letterate, che per lo più appartenevano a ceti sociali alti (ma non solo) e che scrivevano per le esigenze della vita in un italiano magari faticoso, lontano da quello delle grammatiche e dei vocabolari anche da quello della Crusca, ma sicuramente molto comunicativo ed espressivo, riuscivano a dire esattamente i loro problemi e i loro sentimenti. Perciò credo che per il passato, il lavoro di ricerca debba continuare alla riscoperta dei documenti anche privati che dimostrino il ruolo e la capacità comunicativa delle donne al di là di ogni rigidità normativa, risponde sorridendo.
E per quanto riguarda il presente?
Per quanto riguarda il presente, ora ci sono tantissime giornaliste molto brave, credo che il ruolo delle donne nel giornalismo sia in crescita, quello che mi auguro è che, sentendo meno il peso della tradizione, siano capaci di sviluppare una loro posizione personale e innovativa. Mi auguro che aumentino significativamente le direttrici di testate giornalistiche, infatti è importante che le donne assumano sempre di più delle posizioni di vertice per poter essere maggiormente libere di dire veramente quello che pensano, al di là dei molti condizionamenti e delle impostazioni delle diverse testate.