Il Collezionismo nel corso dei secoli è stato, ed è di certo un fenomeno assai singolare e allo stesso modo assume una grande rilevanza artistica e culturale. La sua storia e la sua evoluzione si sono sviluppate tra diverse motivazioni che hanno messo in luce un percorso privilegiato della cultura di un’epoca e di un Paese, documentandone lo svolgimento del gusto, lo spirito del tempo e i meccanismi di raccordo tra la società e i suoi protagonisti.
Dal Rinascimento sino ad oggi, numerose categorie sociali e professionali hanno contribuito all’estensione di questo fenomeno: dai chierici agli avvocati, dai medici ai commercianti, dagli intellettuali agli industriali che sotto profili diversi - basti pensare al medico naturalista della seconda metà del Cinquecento, Ulisse Aldovrandi, che sottolineava le capacità di “godimento dell’opera d’arte”, o a Giulio Mancini, medico di Urbano VIII, attento osservatore dello stile e dei caratteri delle opere artistiche – hanno diffuso la conoscenza delle arti e raffinato i gusti individuali e collettivi. Fondamentale in tal senso è stata la funzione di un collezionismo volto alla diffusione del gusto sia della scultura greca che della pittura fiamminga nei paesi europei, della pittura italiana del ‘500 o di quella olandese, fino alla grande fortuna delle “cineserie” nella Francia di Luigi XV o nelle corti tedesche.
E nel corso del ‘900, per il panorama italiano sono da menzionare, tra le altre, la collezione Jucker acquisita in seguito dal Comune di Milano, la collezione Alberto della Ragione, Carlo Frua De Angeli, la collezione Pietro Feroldi in seguito fusa nella collezione di Gianni Mattioli – dando luogo alla Fondazione Feroldi Mattioli - e la collezione del conte Panza di Biumo. In tale contesto, ovvero in una storia del collezionismo italiano ed europeo esponente di primo piano è anche l’imprenditore veronese Luigi Carlon - classe 1939, collezionista mecenate da oltre 50 anni - che nel centro storico di Verona, ha dato alla luce una straordinaria Casa-Palazzo Museo.
È Palazzo Maffei, splendido palazzo dalla magnifica facciata barocca che guarda sulla centralissima piazza Erbe, e la cui impronta museale rispecchia la grande passione di Luigi Carlon che, nel tempo, ha collezionato opere di straordinaria fattura, per renderle visibili al pubblico. Una ventina le sale lungo le quali si snodano le 350 opere - quasi 200 i dipinti -, tra arredi magistralmente collocati in uno spazio museale che la storica dell’arte e museologa Gabriella Belli – già direttrice della Fondazione Musei di Venezia – ha ideato, con la collaborazione scientifica di Valerio Terraroli ed Enrico Maria Guzzo, lungo un percorso che, tra eleganza e raffinatezza, scandisce un’originalissima storia delle arti.
E’ così che dai mobili agli avori, dalle maioliche alle lacche, dai cofanetti nuziali tardogotici ai reliquiari, dai vetri antichi alle ceramiche rinascimentali, si attraversano forme e stilemi delle arti in una sorta di “camera delle meraviglie” che il visitatore può godere tra rinvii e rimandi, in un dialogo ininterrotto fra antico, moderno e contemporaneo. E se la premessa in apertura del percorso è affidata a due artisti della scena contemporanea, Arcangelo Sassolino e Maurizio Nannucci, rispettivamente con un’installazione in vetro e acciaio e un’opera site specific in neon, in una sorta di sguardo al futuro, il testimone è presto assunto dagli artisti di epoca medievale e moderna presenti nel salone del piano nobile dove sono alcuni capolavori della pittura veronese tra la fine del ‘300 e il ‘600. Così se di Zenone Veronese (1484-1552) è “Il Ratto di Elena” di Giovanni Battista Zelotti (1526-1578) è l’ “Apoteosi di Ercole”, a cui fanno eco sculture lignee di notevole fattura, manufatti, disegni antichi e splendide incisioni come “Baccanale con Sileno” di Andrea Mantegna. Accanto vi è una piccola stanza quadrata con pregevoli fogli miniati dei secoli XIII e XIV, reperti lapidei di epoca medievale e di Lucio Fontana è “Concetto Spaziale” che apre il passo lungo la sequenza di accostamenti e confronti in cui si intrecciano le opere esposte. In questa direzione a confronto sono i dipinti dedicati al tema della “Madonna con il Bambino” attribuiti ad Antonio Badile (1424-1512) e a Liberale da Verona (1445-1530) e la monumentale scultura di Arturo Martini. Mentre sulle prospettive di un tempo ma anche sull’attualità è la grande tela “La strage degli innocenti” di Simone Brentana (1656-1742).
E, tra i migliori pittori dell’epoca è Alessandro Turchi con “Sansone e Dalila”. Cavalli e scene di battaglia sei/settecentesche come quelle di Antonio Calza che fanno eco alla forza della materia di Leoncillo (“Racconto rosso”) e alle lacerazioni di Burri, fino alla scultura di Marino Marini con il cavaliere disarcionato. Come segni sull’uomo e della propria esistenza. Ma il passaggio, lo slittamento estetico dei generi è intenso e dinamico, come testimonia la sala dedicata alla città scaligera in cui risplende “Veduta dell’Adige nei pressi di San Giorgio in Braida” di Gaspar van Wittel (1653-1736), il pittore olandese naturalizzato italiano, maestro del vedutismo e della prospettiva geometrica e tra i pionieri del Grand Tour, a cui fa da contrappunto il ritratto su Cortina d’Ampezzo di Mario Sironi. Ma sono anche i salotti a Palazzo Maffei a risaltare in questo percorso, come il “Salotto blu” dentro il quale accanto ai dipinti di Giovanni Boldini, Josef Albers e i segni a pettine di Capogrossi, sono gli affascinanti mobili in lacca cinese, gli oggetti d’arredo del XVIII secolo e la “Red and Blue Chair” (1917) - capolavoro del designer olandese Gerrit Rieveld. E allo stesso modo a rievocare l’abitazione del collezionista e la sua presenza sono la“Sala degli stucchi” e “La monachella” in cui rivivono gli intrecci seducenti sul gusto e sul bello.
Ma grande è la mole di opere nelle “camere delle meraviglie” della collezione di Luigi Carlon. Tra ‘800 e ‘900, da “La fenetre ouverte” di Magritte a Picasso, da Braque a Duchamp, Warhol, Kandinskij con un’opera straordinaria “Dunmpf-Klar” (1928) del periodo Bauhaus. La pittura del “Realismo Magico” di Carrà e Casorati, l’arte astratta italiana del secondo dopoguerra – Afro, Santomaso, Novelli, Tancredi – e il confronto con gli americani Pollock e de Kooning, e ancora la sperimentazione di Cy Towombly. Renato Guttuso ed Emilio Vedova, e poi Manzoni, Pistoletto, De Dominicis, e un’altra grande opera di Alberto Savinio, “La Fidèle épouse” in cui l’artista coniuga echi della pittura barocca e della sintassi metafisica, rappresentazione della sua adesione alla pittura surrealista. E in tempi più recenti ad arricchire le collezioni della casa-museo veronese è un’opera originale come la bellissima fotografia di Massimo Listri che rappresenta l’Arena di Verona completamente vuota.
Massimo Listri, autore dall’occhio capace e puntiglioso, è tra i più importanti fotografi italiani. Nelle sue foto egli rivela l’anima dei luoghi, e attraverso la densità della luce e del colore che pervade l’opera connota visivamente straordinari luoghi e monumenti. Il suo è un occhio colto e sapiente, immerso nella storia dell’arte. Uno sguardo eccentrico che ferma l’istante perfetto e che raccoglie in gran parte la luce naturale, per creare con la fotografia “un’opera nell’opera d’arte”.
In questa l’occasione la Fondazione Carlon, sensibile al tema del mecenatismo artistico attraverso la Casa Museo Palazzo Maffei avvia una collaborazione con Fondazione Arena, che quest’anno raggiunge l'importante traguardo del 100 anno del Festival lirico areniano. Non è quindi un caso se il progetto per la commissione di un'opera d'arte legata all'Arena e al suo Festival lirico e la scelta da parte di Gabriella Belli - cui si deve il progetto museografico di Palazzo Maffei Casa Museo – sia andato al fotografo Massimo Listri, tra i più importanti artisti internazionali, che immortala così in un’unica fotografia un'Arena potente, ieratica e metafisica. Fiorentino, classe 1953, è tra i più celebrati fotografi italiani, - ed è noto per la qualità concettuale e poetica delle sue opere. La sua fotografia, infatti, trasmette uno stato di sospensione tra realtà e irrealtà e cambia la prospettiva rendendo protagonista il pubblico, pur assente, con la visione dal palco verso la platea, che rivive così nel percorso museale di Palazzo Maffei.
Ma giova anche ricordare che quest’anno avrà luogo la terza edizione dell’operazione “67 Colonne per l'Arena di Verona”, iniziativa che raccoglie l'adesione di 67 imprenditori illuminati che hanno idealmente ricostruito le 67 colonne della cinta areniana distrutte dal terremoto del 1117.. L'opera di Listri è il primo frutto di una collaborazione tra la Fondazione Arena e la Casa Museo Palazzo Maffei quale esempio illustre di un originale mecenatismo che ha preso corpo proprio in vista del 100° Festival lirico che si inaugura a giugno. Così Palazzo Maffei è il nuovo gioiello dell’arte veronese. Un museo che è l’esempio colto e raffinato di una storia delle arti e del gusto di un collezionista i cui tesori entrano a far parte della nostra conoscenza e delle bellezze di una grande città: Verona.