Come è scattato l’interesse per la criminologia tanto da decidere di prendere una seconda laurea dopo la prima in Scienze e tecnologie della comunicazione?
Ho sempre avuto la passione per la criminologia e la psicologia in generale. Ero attratta dal comprendere il perché dei comportamenti umani. Infatti, il mio desiderio all’epoca era di diventare psichiatra. Quindi, dopo una prima laurea in comunicazione - che mi è stata di grande aiuto per allargare le mie vedute e di fondamentale importanza per la mia formazione - ho deciso di intraprendere questa strada. Inoltre, il corso di laurea in Criminologia era appena stato istituito presso l’università di Bologna.
Qual è il punto in comune?
La mia passione per la natura umana e il forte senso di Giustizia che mi ha sempre caratterizzata.
Ha anche approfondito la sua passione con un master di secondo livello in criminologia.
Bellissima esperienza. Soprattutto perché fatta con professionisti molto seri della materia quali il professor Picozzi, criminologo e psichiatra, il dott. Torre, medico legale e la dott.ssa Cattaneo antropologa forense. Inoltre, ho finalmente approfondito aspetti pratici sul campo con lo stage presso la polizia scientifica Svizzera del Canton Ticino.
La sua tesi “Paura del rischio e percezione del crimine in un quartiere di Milano” che scenari ha aperto?
Ho potuto approfondire la mia passione per la mia città Milano, che amo, e gli aspetti sia di sociologia criminale che di vittimizzazione primaria e secondaria che mi hanno da sempre interessato. Tanto che ora insegno alla scuola regionale di polizia locale anche materie quali psicologia sociale e sicurezza urbana: materie che sono in continuo divenire a causa dei cambiamenti sociali, urbanistici e culturali che coinvolgono le moderne metropoli.
Ma anche il suo lavoro su “La donna vittima di violenza sessuale e sindrome post traumatica da stress” l’ha messa in contatto con una piaga sociale sempre più purulenta purtroppo, vero?
Si. All’epoca mi ero concentrata su alcuni casi di donne vittime di violenza da strada. Ho approfondito soprattutto come un episodio così traumatico possa influire sulla vita psicologica e sociale delle vittime studiando alcuni casi pratici intervistando alcune vittime. Questa è stata un’esperienza che mi ha profondamente segnato.
Nel 2008 ottiene una valutazione di 100 con menzione a seguito di un Corso di Formazione IREF Polizia Locale. Pensare di svolgere un’attività ad alto livello, di grande responsabilità presso la Polizia locale cosa comporta in particolare per una donna, che significato motivazionale profondo contiene?
Per una donna è sempre difficile inserirsi in contesti marcatamente maschili come un corpo di Polizia. Bisogna lavorare sodo e dimostrare continuamente il proprio valore. La motivazione che c’è sotto questa sfida lavorativa e personale continua è molto forte. Ho sempre pensato di fare un lavoro di utilità. Non avrei mai potuto pensare di lavorare nel privato; ho sempre creduto che il contributo potesse fare la differenza. Se non avessi fatto questo lavoro avrei fatto il medico, lo psichiatra o il pubblico ministero. Aiutare gli altri è quasi una missione mi rende veramente felice vedere i risultati del mio lavoro.
Ci può fare un esempio pratico di cosa consiste il suo lavoro?
Gestisco un nucleo di polizia giudiziaria di 22 agenti che segue casi che vedono coinvolte le fasce deboli in qualità di vittima. Ci occupiamo di tutte le fasi del procedimento penale: dal primo intervento al rinvio a giudizio di casi di maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, pedofilia, stalking, pedopornografia on line e revenge porn. Trattiamo circa 500-600 fascicoli all’anno di reati contro la persona.
Principalmente svolgo indagini di iniziativa o delegate rapportandomi con un pool di magistrati specializzati nella materia, in collaborazione con i servizi sociali e sanitari presenti sul territorio. Fare rete in questi reati così culturalmente connotati e di fondamentale importanza. Sono reati che non ammettono pressapochismo o superficialità. Se si sbaglia qualcuno paga: o la vittima che rimarrà inascoltata e vittimizzata ulteriormente anche dalle istituzioni o il presunto carnefice indagato di un reato stigmatizzante e innocente. L'ascolto della vittima è di fondamentale importanza e l’empatia riveste un ruolo da protagonista.
E la sua collaborazione con la polizia scientifica svizzera in Canton Ticino quale nuove esperienze le ha fatto conoscere? Come mai la scelta della Svizzera?
La collaborazione con la Polizia scientifica svizzera nasce dallo stage effettuato durante il master in criminologia forense. Mi ha fatto comprendere meglio gli aspetti delle moderne tecniche di investigazione scientifica e capire come e quando integrarli efficacemente con le tecniche investigative classiche. Mi ha, inoltre, permesso di presentare all’allora Comandante un progetto per l’apertura di un ufficio di polizia scientifica presso la polizia Locale di Milano che poi ha visto la luce nel 2009 e che è funzionante tutt’ora.
Ha preparato un progetto per la creazione di un Ufficio Scientifico per il Comune di Milano: di cosa si tratta?
Si tratta di un ufficio di polizia scientifica di supporto agli agenti impiegati sul territorio per tutti gli aspetti che riguardano la scena del crimine: rilevamento impronte digitali e altre tracce (saliva tracce ematiche ecc....). Gli agenti intervengono chiamati dei colleghi che sono intervenuti in casi che necessitano l’approccio scientifico: tentati omicidi, violenze sessuali e omissioni di soccorso stradali. Quest'ultimo un reato odioso ma purtroppo molto diffuso.
Tornando a Milano, cosa ci può dire ancora sulla questione delle donne vittime di violenza?
Che c’è ancora tanto, tantissimo lavoro da fare. Il sommerso è ancora tantissimo e le donne non si sentono ancora adeguatamente supportate nel loro percorso di uscita dal ciclo della violenza. Milano però c’è e i servizi funzionano bene e quando le istituzioni (polizia, procura e servizi sul territorio) comunicano efficacemente i risultati sono eccellenti.
Bisogna ancora lavorare tanto sulla formazione perché nei reati contro la persona si rischia di sminuire o di incorrere in stereotipi o bias che porterebbero ad un rischio altissimo per le vittime. Insegno come intervenire nei casi previsti dal cosiddetto Codice Rosso alla scuola di formazione regionale della Polizia locale, alle polizie locali di Italia, agli avvocati che vogliono specializzarsi in questa materia tramite l’ordine degli avvocati e vengo invitata a conferenze ed eventi specialistici sul tema per condividere le esperienze e portare delle buone pressi negli interventi.
Quale è l'impatto emotivo per lei, donna, attraversare il continente nero della violenza sulle donne?
Un impegno molto importante e costante. Un’attenzione continua e uno sforzo di memoria continuo per essere sempre sul pezzo e non tralasciare nulla, perché le vittime sono in costante pericolo di vita.
Quanto ricade la sua attività così coinvolgente ed impegnativa sulla sua vita personale?
Coinvolge tantissimo la mia vita privata. I casi li porti tutti a casa con te. Però porti anche la soddisfazione di aver aiutato delle donne ma soprattutto dei minori vittime di abusi ad uscire da una vita di sofferenze continue che hanno delle conseguenze importanti sulla qualità delle loro vita futura.
Cosa la aiuta a recuperare ancora fiducia nel genere umano?
Il fatto di aiutare veramente le persone. Vedere dei bambini tornare a sorridere con un po’ di spensieratezza, una donna che ti riconosce per strada e ti abbraccia ringraziandoti in lacrime. Di vedere che la giustizia fa il proprio corso: i colpevoli di questi reati vengono condannati a pene severe in Italia.
Milano come riesce ad essere collaborativa e riparativa di fronte a tali crimini?
Milano c’è: ci sono ottimi centri antiviolenza, la polizia locale, polizia di stato e carabinieri sono sempre più attivi e la procura ha un pool eccellente di magistrati dedicati e formati per affrontare questi reati. La cosa da migliorare sempre è la comunicazione e collaborazione tra enti e servizi.
E sempre a Milano quale è lo spazio, il modo, gli incontri che sono fonti indispensabili per ricaricarsi di energia positiva per proseguire la sua missione?
La mia famiglia e lo sport in generale. Ho due figli meravigliosi e un marito che mi supportano e sopportano in questa meravigliosa ma faticosa avventura.