Un tempo l’educazione impartita dai genitori ai propri figli era fondamentalmente basata sulla severità da parte dei genitori e obbedienza alle regole da parte dei figli.
Si dava poco spazio al dialogo con la prole poiché, principalmente, il compito del genitore era quello di mettere al mondo un figlio, insegnargli come si vive in una società e soddisfare i suoi bisogni primari. Spesso, inoltre, se i figli non obbedivano alle regole stabilite in famiglia e/o a scuola, molti genitori ricorrevano a punizioni fisiche.
Anche alla luce di studi compiuti dal mondo della pedagogia e della psicologia, oggi sappiamo che i suddetti metodi rigidi di un tempo possono provocare nei bambini emozioni quali rabbia, paura, desiderio di fuga, difficoltà emotive e relazionali. Molti genitori, nell’epoca odierna, sono interessati alla vita del proprio figlio e a condividere esperienze ed emozioni insieme a lui; l’errore in cui si può incorrere, però, è quello di porsi in una posizione di rapporto alla pari con il proprio figlio e, di conseguenza, trovarsi in difficoltà nell’individuazione di un metodo educativo utile all’interiorizzazione, da parte del bambino, di regole fondamentali per una sana vita sociale e, in primis, di quella familiare.
È tutta una questione di equilibrio. Essere eccessivamente severi con il proprio bambino risulta dannoso tanto quanto essere troppo permissivi. Il secondo atteggiamento, infatti, può provocare nel piccolo un senso di frustrazione e spaesamento poiché investito da responsabilità di cui non ha ancora gli strumenti per gestire.
E quindi come farsi ascoltare dal proprio piccolo?
Innanzitutto, è necessario che il genitore sviluppi e/o rafforzi la sua capacità di essere irremovibile sulle decisioni prese. Il bambino, nonostante la sua naturale tendenza alla ribellione alle regole, necessita di una guida, di stabilità, coerenza e contenimento emotivo da parte delle figure adulte di riferimento che ruotano intorno a lui.
Inoltre, per poter far sì che le regole risultino efficaci, devono presentare le seguenti caratteristiche.
- Poche ma efficaci. Questo perché il bambino si troverebbe in difficoltà nel memorizzare un numero eccessivo di regole e il rischio sarebbe quello di dimenticarle nel tempo e, quindi, la mancata interiorizzazione e rispetto di esse.
- Formulate al positivo. Si dovrebbero evitare espressioni come: “Non correre!”, “Non sporcarti!”, “Non litigare con i compagni!”. Con l’utilizzo dell’avverbio “non”, infatti, si richiede al cervello umano un tempo di elaborazione più lungo. È come se qualcuno ci chiedesse di non pensare ad un’automobile rossa. Automaticamente penseremmo ad essa! Quindi, piuttosto che dire al proprio bambino: “Non correre in strada! ci sono le auto!” è meglio utilizzare una frase come: “Stai accanto a me, camminiamo insieme mano nella mano”.
- Chiarezza. Le regole dovrebbero risultare brevi e chiare per quanto concerne il linguaggio utilizzato. In base all’età del bambino, infatti, si dovrebbe utilizzare un linguaggio a lui facilmente comprensibile e, ancor meglio, seguito da un esempio concreto.
- Coerenza. Entrambi i genitori, anche se separati o divorziati, dovrebbero essere sempre d’accordo sulla regola impartita al piccolo. Se così non fosse, il risultato sarebbe quello di creare confusione nella mente del bambino e di conseguenza si assisterebbe a comportamenti di ribellione e rabbia da parte di quest’ultimo.
- Utilizzare un tono di voce pacato ma fermo. Nel momento in cui si spiega una regola al bambino e quest’ultimo si rifiuta di rispettarla, è necessario che il genitore faccia appello alla propria calma interiore, si ponga fisicamente all’altezza del proprio bambino e gli parli con tono pacifico ma deciso. È importante, inoltre, dare la possibilità al piccolo di esprimere le emozioni da egli vissute in quel momento, aiutandolo a dare ad esse un nome; ciò lo aiuterebbe ad ottenere maggiore chiarezza nei suoi pensieri e a porsi con un atteggiamento più collaborativo rispetto alla regola impartita dal genitore.
Fondamentale, inoltre, è che le regole familiari siano rispettate, in primis, dagli adulti. L’esempio, infatti, è il miglior insegnamento per un bambino.