È successo così: i montanari si erano stancati di arrancare su valli impervie con i loro muli sfidando il gelo dei mesi invernali per trasportare cibo e merci; ingegneri geniali proposero un’audace strada ferrata per far inerpicare un treno fino a 2200 metri di altezza; un democratico referendum dette il via libera da parte di tutti i cittadini; una centrale elettrica della zona fornì l'energia a km zero; una banca elvetica finanziò i lavori. E il fenomenale trenino rosso cominciò a salire e scendere sull'unico binario a scartamento ridotto a partire dal 1910.
“È il più bello del mondo”, dicono fieri gli abitanti dell'Engadina e della valle di Poschiavo che lo vedono irriducibile 'scalare' i loro monti più volte al giorno con la neve o con il sole. L’Unesco ha dato loro ragione e nel 2008 ha insignito quel convoglio del titolo di Patrimonio Mondiale dell'Umanità. In effetti il Bernina Express che unisce l'Italia alla Svizzera da Tirano, ultimo paese della Valtellina a 429 m di altezza, fino a Saint Moritz - 1775 metri - passando dalla pittoresca Poschiavo e dall'alto valico dell'Ospizio Bernina a 2253 metri, è la più ripida d'Europa.
Opera mirabile di ingegneria ferroviaria, appartiene a un tempo in cui i computer non c'erano, ma è più funzionale che mai. Per gli amanti delle cifre basti aggiungere che l'ultracentenario trenino rosso riesce a superare un dislivello verticale di 1800 metri in uno spazio orizzontale lungo meno di 8 chilometri con pendenze che raggiungono il 70 per mille. Gallerie e viadotti con percorsi elicoidali sono stati una soluzione ingegnosa per risolvere il problema dell'altezza. E vedere le carrozze del nostro stesso treno che si inerpicano in circuiti spettacolari è un panorama nel panorama. “Perché a bordo del treno c'è un valore aggiunto”, dice Enrico Bernasconi, rappresentante della Ferrovia retica in Italia. “Non c'è solo la destinazione finale. In due ore di viaggio si può ammirare stando seduti come al cinema tutto quanto la natura ci ha regalato: cascate, fiumi, laghi, foreste, montagne e ghiacciai”.
Ma premendo un bottone giallo ci si può fermare e quella natura conoscerla direttamente per poi proseguire il viaggio sul treno successivo. Così a Poschiavo troviamo un lago verde dove si specchia la montagna e un borgo grazioso sulle rive di un torrente. C'è ancora la vecchia casa dove hanno vissuto quattro sorelle, rimasta esattamente com'era nell'Ottocento, ma il resto del paese conserva un’allure turistica da pochi intimi.
Orti e giardini si susseguono, appendici di belle case costruite da pasticcieri locali emigrati in tutta Europa e poi ritornati ricchi a godersi la valle nativa. Ora nessuno fa più il pasticcere a Poschiavo, ma sono rimasti i tanti alberi di noce, fondamentali per quella torta con miele e noci che aveva fatto la loro fortuna e che adesso è 'emigrata' in Engadina. Loro, invece, i poschiavini moderni, si sono dati all'agricoltura, anche biologica, sfruttando le molte differenze climatiche del loro territorio. Da qualche parte appare un vigneto e persino un po' di olivi importati dalla Toscana. “Quest'anno abbiamo prodotto venti litri di olio”, annuncia Kaspar Howald, direttore del locale ufficio del turismo, non senza orgoglio. Ma aggiunge subito: “Miglioreremo”.
Se poi, dopo chilometri tra abeti, laghi e cascate, fuori dal raggio di azione delle auto, premiamo il fatidico bottone giallo e scendiamo a Morteratsch, in Engadina, si può imparare a fare il formaggio con il latte prodotto dalle mucche della valle. E poi assaggiarlo in un pic-nic estemporaneo. Siamo nella parte più alta del percorso, letteralmente accerchiati da una corona di montagne innevate su cui svetta Piz Bernina con i suoi 4049 metri.
Con la funivia del Diavolezza si raggiungono i 3000 metri e siamo nel paradiso degli sciatori. E non solo. Un idromassaggio panoramico 'con vista' può essere un'avventura insolita, mentre sciatt e rosti sono un'esperienza gastronomica divertente, insieme a un whisky prodotto proprio lì, a 3000 metri, nella distilleria più alta del mondo e a quella famosa torta di noci 'rubata' ai poschiavini che però qui sostengono essere una specialità dell’Engadina. Storie di vecchie gelosie tra vallate alpine! Comunque, una cosa è certa: è deliziosa. Inutile però chiedere la ricetta perché tanto non ve la daranno mai.
Affacciandosi dall'ampia terrazza del rifugio del Diavolezza lo spettacolo sul circo glaciale è persino sublime. I ghiacciai del Morteratsch e del Pers scendono come due lingue bianche dal Bernina e dal Palù per incontrarsi lungo la strada che li porta a valle. Ma qui cominciano i guai. Il riscaldamento del pianeta sta infatti sciogliendo i ghiacci e a partire dal 1900 il Morteratsch, che arrivava fino all'attuale fermata del Bernina Express, intorno ai 2000 metri di altezza, è indietreggiato di 2 chilometri. La media di arretramento negli ultimi anni ha raggiunto i 44 metri.
Il Pers subisce la stessa sorte e ormai dal 2014 i due ghiacciai riescono appena ad incontrarsi. Si sta cercando di rallentare lo scioglimento proteggendoli in estate con teli geotessili mentre è allo studio un progetto per pompare acqua sul Morteratsch da cui poi produrre neve. Ma i finanziamenti non sembrano esserci e il tempo a disposizione per evitare la morte non va molto oltre la fine del secolo. Dopo chilometri di natura incontaminata e quasi fiabesca quest'amara conferma è purtroppo un brusco ritorno ai problemi di sempre che tutti dovrebbero impegnarsi a risolvere pena la perdita della bellezza del nostro pianeta e la salute dell'ecosistema.
Sull'altro versante, superato Saint Moritz, il trenino rosso curva verso Coira percorrendo la valle dell'Albula con un tunnel a spirale, gallerie, viadotti e altri tracciati elicoidali per ridurre i grandi dislivelli. Quelli che attraversa, in mezzo a villaggi e campanili, sono i prati di Heidi, la bambina zuccherosa a cui sorridono i monti e le caprette fanno ciao. Uscita dalla penna della svizzera Johanna Spyri, l'orfanella montanara ha ispirato non solo film, ma anche un cartone giapponese che l'ha portata in tutto il mondo. Certo, adesso i tempi sono cambiati, Heidi è cresciuta e le sue montagne hanno lasciato spazio anche alle tentazioni delle metropoli.
Così a Davos, la cittadina più alta d'Europa proprio nel cuore delle alpi svizzere, incontriamo un Hard Rock Café e Hotel dove ogni fine settimana band di varia provenienza si esibiscono in concerti, ovviamente rock. E tra la chitarra di George Harrison, la camicia di seta di Elvis Presley, e la minigonna di Madonna si offrono burger con cheese, bacon, onion rings e BBQ sauce accompagnati da patatine fritte, secondo il gusto dei palati moderni americanizzati.
Fino alla metà del secolo scorso questo edificio ospitava un sanatorio, uno dei tanti in un paese ai tempi famoso per gli effetti benefici delle sue acque termali sui polmoni e quindi sulla tubercolosi. Qui, a Davos, venne anche Thomas Mann a trovare la moglie ricoverata in uno dei suoi sanatori, il celebre Berghof, anche questo trasformato ora in albergo. Ed è sempre qui che ambientò La montagna incantata, uno dei romanzi cardine del Novecento. Oggi altre celebrità arrivano a Davos, dove ogni anno si svolge anche il Forum Economico Mondiale e dove migliaia di sciatori si danno appuntamento nei mesi invernali.
Proprio all'Hard Rock Hotel poco tempo fa si sono trovati davanti Sting, cantautore e musicista da oltre 100 milioni di dischi. “I don't drink coffee, I take tea, my dear” scriveva e cantava nel 1987 nella canzone Englishman in New York, come si legge anche a lettere cubitali sulla parete del bar. Lui si è soffermato davanti alla scritta, ha sorriso e alla fine ha chiesto al barman un cappuccino. Eh sì, i tempi cambiano... ma il trenino rosso non si ferma.