The Climate Route APS è un’associazione nata nell’ottobre 2020 dall’iniziativa di quattro attivisti e volta a divulgare al maggior numero di persone possibili le tematiche attinenti all’emergenza climatica. Per conseguire questo obiettivo i circa 50 volontari che ne fanno parte allestiscono regolarmente interventi e iniziative che raggiungono i soggetti interessati in ogni parte d’Italia. Ho deciso di aderire al progetto -figuro, infatti, tra i soci fondatori - perché l’attività dell’associazione è fortemente legata al viaggio, tema a me particolarmente caro, ma con una connotazione marcatamente ambientalista. Gli interventi di cui The Climate Route è protagonista non sono viaggi o escursioni nel senso più stretto del termine, e nemmeno itinerari prettamente culturali. Certo, si cammina, e anche parecchio, e si attraversano paesaggi straordinari. C’è sempre il tempo per apprezzare le bellezze di qualsiasi contesto e soprattutto incontrare i residenti e altri viaggiatori, ma tutto ciò che noi organizziamo è finalizzato a raccontare tutto quel che è connesso coi cambiamenti climatici.
La “vision” che ci contraddistingue è stata chiaramente delineata sin dall’inizio: il nostro è un approccio alla tematica positivo e propositivo, in accordo col mood che caratterizza ogni nostra iniziativa e visione; siamo, infatti, pienamente concentrati sull’effettiva possibilità di invertire la tendenza che ha condotto ai disastri provocati dall’emergenza climatica - il tempo rimasto è ristretto ma sufficiente per adottare uno stile di vita differente - e sul catastrofismo che genera insicurezza, paura e, infine, indifferenza.
Insomma, vi racconteremo delle problematiche ambientali e di come le popolazioni del mondo le stiano subendo ma anche affrontando; se vi metterete in cammino con noi scoprirete sì i problemi reali che non risparmiano nessun’area geografica del pianeta ma anche le buone pratiche che ovunque sono state adottate per combattere uno stile di vita sempre più insostenibile.
Non è stato facile realizzare tutto quello che abbiamo conquistato sino ad ora, e io stesso fatico a rendermi conto di quanta strada abbiamo percorso ad oggi. Rammento le prime riunioni su piattaforma digitale, sorta di fidanzamento virtuale in cui ci siamo conosciuti tutti noi volontari. I diversi accenti, qualche parlata straniera, le webcam che tratteggiavano sfondi differenti e le voci che si sovrapponevano, le proposte che si intersecavano e l’entusiasmo che fuoriusciva dai giga. Oggi, a ridosso della grande spedizione che ci attende, sorridiamo a pensare a quel periodo, pieno lockdown, quando addirittura il solo concepire un tragitto del genere sembrava non solo impossibile ma in contrasto col significato di quella che era divenuta l’esistenza in quei giorni drammatici. E mi sembrano passati cento anni e non due, oppure a volte invece la sensazione è che il debutto si sia verificato giusto ieri e in mezzo non ci siano state le difficoltà, gli scoramenti, gli errori che caratterizzano ogni impresa titanica e che però vengono sempre spazzati via dalla coesione del gruppo, dalla compattezza delle volontà di tutti, dall’armonia che prevale sulle idee discordanti e dall’ideale in comune che ci ha sempre permesso di sanare ogni dissidio (ne abbiamo avuti pochi in verità) e di individuare di fronte ad ogni ostacolo e iniziativa la soluzione più corretta per raggiungere gli obiettivi prefissati. Per fare team-building e per testarci sul campo prima della grande impresa abbiamo deciso di effettuare tre spedizioni preventive: la prima in Sicilia, la seconda nelle foreste Casentinesi e l’ultima in Trentino.
Ho conosciuto di persona buona parte di quei volti incontrati nel riquadro del mio portatile nel Bosco Angimbè, là dove è partita la nostra prima spedizione, quella in Sicilia. Un feeling immediato che ha rinsaldato stima e amicizia, fortificato ancor di più la volontà di perseguire i nostri obiettivi, corroborato la fiducia in un progetto che definire ambizioso è dir poco ma che a noi appare sempre più realizzabile- e a cui lavoriamo continuamente, tutti su pura base volontaria, ricavando significativi spazi di tempo dalla quotidianità di ciascuno.
Insomma, abbiamo completato le tre spedizioni affrontando quelli che sono i più noti tra i temi legati al cambiamento climatico: erosione delle coste, acidificazione e aumento della temperatura media dei mari, incendi, fenomeni metereologici particolarmente violenti, scioglimento dei ghiacciai. Ma abbiamo anche raccontato di chi si impegna a salvaguardare il mare e le foreste, di chi si batte quotidianamente per la tutela ambientale e soprattutto di chi non si arrende e crede fermamente in un mondo diverso.
Terminate le spedizioni abbiamo quindi deciso di presentare il nostro progetto nel maggior numero di città in Italia e vi confido che ho vissuto momenti emozionanti nell’incontrare, nelle diverse location stabilite, la totalità dei volontari: hanno quasi tutti un’età tale da poter essere miei figli, ma ho scoperto in loro competenze multidisciplinari, volontà ferrea, una solida formazione universitaria, variegate esperienze di vita e una cultura del lavoro che sinceramente non mi aspettavo. Le statistiche ufficiali dipingono i millennials come una generazione che legge poco, schiava dei dispositivi elettronici, aggressiva, ribelle, disillusa e più interessata ai social che alla vita reale. Di sicuro sono parecchi i casi in questione ma che sorpresa sentir parlare ragazze e ragazzi di The Climate Route di esperienze lavorative all’estero, viaggi che io alla loro età nemmeno ritenevo possibili oppure scrutarli al lavoro o quando si progettano i vari interventi.
Durante le spedizioni abbiamo realizzato dei video, delle interviste e vari articoli. Abbiamo stretto importanti collaborazioni e ottenuto partnership prestigiose; individuato cosa c’era da migliorare e dove invece mantenere certi standard come zoccolo duro del nostro operato.
Ed ora siamo pronti: sì, pronti a partire per la spedizione che ci vedrà in pista lungo tutta l’estate e che prenderà le mosse dal ghiacciaio della Marmolada e che ci vedrà attraversare i Balcani, la Turchia, il Caucaso, l’Asia centrale per poi transitare in Mongolia e in Russia. Nel Paese più grande del mondo per estensione ci fermeremo sulle sponde del Lago Bajkal, poi proseguiremo in Yakuzia e quindi raggiungeremo Magadan e la Chukotka, la regione autonoma situata sullo Stretto di Bering nel lembo più orientale dell’Eurasia. Di fatto, a qualche decina di miglia marine dall’Alaska- mantenete il segreto, abbiamo una mezza idea di terminare la corsa negli Stati Uniti perché riguardo all’emergenza climatica c’è tanto da raccontare anche in Alaska ma per ora il progetto è quello di concludere la spedizione a Capo Deznev. Seguite i nostri passi se vorrete davvero scoprire il finale ultimo dell’intera vicenda.
L’itinerario che abbiamo predisposto e attentamente pianificato è da mozzare il fiato: prenderemo le mosse da un luogo simbolico, anzi emblematico.
Esordiremo dal ghiacciaio della Marmolada! Vetta più alta delle Dolomiti, Punta Penia osserverà dall’alto dei suoi 3343 metri i climate routers giungere in cima per iniziare la loro spedizione illustrando una delle conseguenze più devastanti dovute ai cambiamenti climatici: lo scioglimento dei ghiacciai. Il fenomeno purtroppo riguarda tutte le catene montuose del pianeta, documentato da rilievi scientifici, statistiche accurate, osservazioni costanti, il tutto documentato da immagini fotografiche che impietosamente mettono a confronto l’estensione attuale dei ghiacciai paragonata alla superficie delle decadi precedenti. Il raffronto è sconfortante…
E dunque un punto di partenza emblematico delle tematiche che andremo a trattare, che ci porteranno attraverso i Balcani per giungere fino in Turchia. Attraverseremo l’intero paese per giungere quindi nel Caucaso. Coerenti ai nostri principi utilizzeremo i mezzi pubblici per non generare ulteriori emissioni, ma anche per entrare maggiormente in contatto con la gente del posto, le cui problematiche e buone pratiche ci preme di portare a conoscenza del pubblico.
Dalla Georgia transiteremo in Azerbaijan, e a questo punto saremo a circa metà strada: è da Baku che la spedizione entrerà davvero nel vivo - adesso si va in Asia centrale! Poiché, infatti, tra gli interventi che ci siamo prefissi, rientra la visita alla “porta dell’Inferno”, e cioè il cratere di Darvaza situato in Turkmenistan, per recarci in questa ex repubblica sovietica - un ermetico territorio che è probabilmente la più originale tra gli “Stan” dell’ex URSS - utilizzeremo una soluzione insolita. Da Baku salpa, più o meno regolarmente, un battello commerciale che collega la capitale azera con Turkmenbashi, il principale porto turkmeno sul Mar Caspio. È da lì che ci inoltreremo appunto nel deserto del Karakum per campeggiare, nel nulla assoluto, a ridosso di questa caverna collassata di gas naturale cui è stato dato fuoco (brucia a cielo aperto in maniera permanente da decenni) per impedire una nociva diffusione di gas metano. Da anni i “rumours” raccontano di imminenti chiusure di un sito che rappresenta la principale attrattiva turistica di un territorio ricco di storia e vestigia di epoche e civiltà remote; illazioni di chiusura sempre poi disattese, noi di The Climate Route ci auguriamo di non dover subire una cocente delusione proprio a ridosso del sospirato obiettivo. Beh, qualsiasi cosa andrà a verificarsi noi ve la racconteremo, questo lo garantisco.
E quindi in Uzbekistan: il Lago d’Aral, e poi l’idea è quella di un lungo tragitto in bus o in treno fino al Kyrgyzstan per transitare in Cina; quindi, la Mongolia e infine, dalla capitale Ulan Bator, il tratto in Transiberiana fino a Irkutsk per raccontare delle problematiche ambientali del Lago Bajkal.
Ci inoltreremo verso Nord, in Yakutia, dove la quotidianità dei residenti è severamente minacciata dallo scioglimento del permafrost, e dunque lungo la famigerata “Strada delle ossa” per giungere a Magadan. Qui il dato geografico ci obbligherà a ricorrere a un volo aereo per raggiungere Uelen in Chukotka, la regione autonoma meta finale della nostra spedizione che terminerà formalmente sullo stretto di Bering, in pratica di fronte all’Alaska. Tutti i nostri sforzi, tutto il nostro lavoro e impegno verrà costantemente ripreso da videomaker, fotografi e postato sui social; se ne occuperanno integralmente i volontari dell’associazione, sia quelli che prenderanno parte alla spedizione sia coloro che rimarranno in Italia, il cui apporto risulterà essenziale quanto quello di chi si recherà sul confine più orientale d’Eurasia. Ma il prodotto più importante del nostro impegno che miriamo a realizzare è un documentario sui cambiamenti climatici che andrà a riassumere il lavoro di due anni e che ci ripromettiamo di divulgare non appena montato: Lia Giovannazi Beltrami è la regista a cui abbiamo affidato il compito di riprendere quel sogno che si è tramutato in progetto e che è divenuto finalmente realtà. L’abbiamo scelta per la sua professionalità, certo (la sua casa di produzione, Aurora Vision di Trento, da anni riscuote consensi e successi in tutto il mondo certificati da importanti riconoscimenti) ma soprattutto per la sua grande carica e ricchezza umana - Lia è stata insignita del Leone d’Oro per la Pace nel 2017 nell’ambito della rassegna cinematografica più importante d’Italia. Ci ha aiutati tantissimo con la sua esperienza e i suoi consigli, e noi siamo contentissimi che in spedizione con noi si recherà anche sua figlia Marianna, che nonostante la giovane età ha già ampiamente collaborato con la madre regista e dunque non potrà non arricchire col suo contributo la caratura del gruppo che partirà tra qualche giorno.
Insomma, vi ho detto tutto: informazioni generali, itinerario, vi ho parlato del nostro spirito e della positività che ci anima e spinge a lottare per un futuro diverso da quello che si prospetta. L’ultimo invito che vi rivolgo è di partecipare alla prima tappa, quella che ci porterà in cima alla Marmolada: abbiamo deciso di renderla aperta ad ogni partecipante interessato, un invito simbolico a chiunque condivida i nostri timori, idee e speranze, a mettersi in cammino con noi lungo gli itinerari climatici che The Climate Route ha studiato attentamente e che intende percorrere negli anni futuri per raccontare instancabilmente dei cambiamenti climatici.
Perché noi non ci fermeremo dopo aver raggiunto lo Stretto di Bering: non avete neanche idea di quello che abbiamo in mente per il futuro: ne seguiranno altre di spedizioni, ve lo garantisco! Ci rivediamo sui sentieri climatici del pianeta…