Per favore, non frequentate il visionario.
Il mito dell’Aletheia. Istinto e ragione di un nuovo festival nell’anno 2022. La città ideale come palcoscenico dell’uomo nuovo: sei domande alla direzione artistica, l’italo-austriaca Christina Magnanelli Weitensfelder.
Christina chi è così folle in Italia da fondare un nuovo Festival in tempo di crisi?
Tutti coloro che sanno che le basi del mondo vengono sorrette dal moto universale poiché lo slancio verso l’ignoto mantiene la vita stessa e trasporta in avanti. Quindi, chiunque tenga alla conservazione intesa come salvaguardia della specie umana, fa e agisce anche in tempi di crisi, anzi soprattutto, visto che la crisi è moto catartico, fa, fa, guardando molto in avanti.
Perché "festival ideale" e in che senso "il mito come comprensione del mondo" quale sottotitolo?
Il mito nell’immaginario comune è una percezione astratta, in realtà, è alle basi dell’esistenza stessa. È evidente che gli ultimi anni vissuti nell’accelerazione più frenetica si è reso ancora più evidente il problema se così lo vogliamo chiamare, invece che nasconderlo, esistenziale, identità e di appartenenza; l’impellenza ora, nel 2022 è ri-ordinare le basi. E, se prima di noi, altri si sono posti di risolvere cosa è ideale – per noi tutti – è evidente che si riparte proprio da lì.
Urbino: le ragioni di una scelta.
Chiunque sia passato ad Urbino sa di cosa stiamo parlando, i Savi, ad ascoltarli bene, mormorano veramente nei vicoli della città ideale, e sono Savi moderni, sempre in grado di indicare la via. Urbino racchiude e dischiude, come poche altre città, rappresenta in pieno il grande mistero della bellezza assoluta. Nessun rendering nessuna foto-file è in grado di trasmettere le emozioni che si provano in un semplice sguardo dal parco della Fortezza Albornoz, ad esempio. Sospesa protettiva e dialogante, Urbino è Sfinge e Bocca delle Verità, restituisce e risponde.
Il "festival" è una dimensione dell'essere o del linguaggio? Come si rapporta con la percezione del mondo?
Sicuramente è un’espressione, quindi, si inizia dal linguaggio e prende la forma della dimensione poi per chi partecipa, processo inverso per chi lo crea. L’uomo da sempre si esprime in comunità, e mi si perdoni la poco velata critica al sistema, in assembramento: l’Uomo è un animale tribale, come tutto ciò che è vivente su questa terra. A pensarci con attenzione, è tribale anche la Terra, l’universo stesso con i suoi pianeti, le sue frequenze, in quanto interagiscono con l’uomo e tutti gli esseri viventi. In questo senso il Festival Aletheia è volutamente esoterico qb. Poesia e romanticismo gli ingredienti fondamentali, il divertimento è mezzo educativo.
È un'arte scegliere autori e formule organizzative?
Qui siamo alla famosa Bildung. Se l’arte è il rapporto tra pensiero ed azione, sì, qualsiasi scelta umana si basa sull’esperienza della persona che le compie, che è fatta da ricordi, studi, approfondimenti, senso dell’insieme, e tutti provengono dalla visione del mondo che cose, fatti e persone ti hanno trasmesso, compreso, oggi si sa con certezza, dalla memoria delle vite precedenti. E l’arte, come diceva Pannaggi (secondo Futurismo n.d.r.), è una staffetta della vita e dei suoi misteri.
Perchè "Aletheia"? Non c'è un tema settoriale ma una scelta di sguardo e di approccio? In cosa questo Festival è differente?
Credevamo di essere arrivati, noi uomini, ed invece ci siamo trovati sperduti, senza risposte. Questo è il risultato dell’overdose informativa e, restando un pizzico polemica, è evidente che il punto della questione irrisolta sta nel cosa e quale informazione, meglio spiegato da tanti pensatori contemporanei: “Chiediti se ciò che dai o che ti viene dato è ciò che veramente ti serviva per vivere meglio”; il punto dove siamo arrivati è proprio questo. L’aletheia, a differenza della veritas, indica l’approccio critico, cioè pensare e quindi decidere in uno stato di giudizio personale, per mezzo del Sé. Motivo per cui nell’immagine del Festival Aletheia, la boule de neige con al suo interno la rappresentazione multisimbolica delle varie arti e attività del festival (più la scuoti e più realizza il sogno) c’è il lupo a simboleggiare l’istinto, che non deve mai perdere il ‘centro’, citazione esplicita ad un grande classico della letteratura, Herman Hesse, Der Steppenwolf (1927).
La visione è una testimonianza di futuro volontario. Punk’s not dead.