Faccio teatro per vivere.
Quando sono in una conversazione e arrivo a questo punto, di solito c'è un drastico crollo di interesse nei miei confronti o di fiducia nelle mie capacità cognitive. Il che è un peccato, perché a volte capita che le circostanze portino la gente a credere che io sia una persona intelligente e piacevole. Ma non importa quando e come, ad un certo punto, sempre, qualcuno fa la fatidica domanda: "E tu cosa fai per vivere?".
Ho fatto di tutto per evitare di rispondere.
Sapete, scegliere di lavorare nel mondo dell'arte, soprattutto nel caso del teatro, non è mai stata una buona idea: nell'antichità equivaleva praticamente a fare la prostituta.
Nel Medioevo eri una prostituta e anche dannata. Nella storia moderna eri prostituta, dannata e fannullona. E quando, non prima del XIX secolo, emerse improvvisamente il sospetto che la categoria potesse avere un valore intellettuale per la comunità, i miei antenati evidentemente mandarono tutto in malora rispondendo con arroganza alle domande che venivano loro poste sulla loro misteriosa arte (tradizione che è rimasta in gran parte intatta fino ad oggi).
Veniamo, quindi, da un paio di secoli in cui l'attore è fondamentalmente un prostituto, dannato, fannullone e antipatico. La nascita di Hollywood e dell'industria dello spettacolo nel 1910 ha aggiunto una sfumatura decisiva a quest'ultima fase, dando a pochi eletti la possibilità di essere pagati cifre da capogiro, spesso per operazioni commerciali al limite dell'idiozia.
Ma quello che davvero è la piccola grande aggiunta del secolo scorso, un'escalation inesorabile dagli anni '80 ad oggi, è il fattore stupidità.
Cioè, quando nella folle competizione per essere visti a tutti i costi, gli attori hanno cominciato ad essere pagati per fare cose assurde e hanno trasformato la stupidità in valore di mercato.
Così eccoci negli anni 2000, dove se sei un attore sei per forza uno che non era bravo a scuola ma aveva imparato a fare l'imitazione della zia e ora fa le pose nelle fiction.
Se sei di bell'aspetto fai le pose ma hai anche il diritto di biascicare nei microfoni per far finta di avere dei sentimenti. Se non sei bello, fai finta di fare quello che fanno i belli, perché è quello che vuole il mercato.
Infine, ancora più in basso, in una sottocategoria parallela a quella degli stupidi, ci sono gli illusi, cioè tutti gli stupidi che hanno cominciato a recitare non perché erano belli, non perché avevano un ego quadridimensionale, non perché erano incoraggiati da giovani, ma per altri motivi: perché si sono innamorati di un testo, di un'opera, forse di un altro attore, forse anche di se stessi. Ma volevano davvero fare teatro. E invece si ritrovano a scambiarsi sguardi imbarazzati nel pubblico dei talk show.
Questa categoria è quella dei perdenti, ed eccoti qui, al punto di interruzione di quella fantastica conversazione in cui il tuo interlocutore ti credeva normale, magari simpatica o intelligente, persino carina. No. Nel momento in cui sarai costretta a rispondere, quello che dirai è "sono un'attrice", ma quello che entrambi vedrete è una persona spiritualmente instabile, potenzialmente bisognosa, inevitabilmente stupida.
Una volta ho trovato scritto su un muro:
Ricorda, segui sempre la tua passione. Ma se la tua passione non si adatta al capitalismo globale beh, in questo caso sei un fallito.
E questo spiega molto di ciò che intendo.