Sul panorama italiano si staglia sempre più in modo vivido un pittore della provincia di Brescia, Ivo Compagnoni. Nato a Bedizzole negli anni Sessanta, dipinge da quando era ragazzino. Amante del disegno, ma non del colore, ne ha appreso i segreti sperimentando l’uso della materia e osservandola, tanto da diventare padrone di tinte che sembrano trovare forma e vitalità nelle sue opere. Quest’anno, Ivo Compagnoni festeggia i quarant’anni di attività artistica, e lo fa da ragazzino divertito che nasconde bene l’emozione quando capisce che, visitando una sua mostra, la gente apprezza i suoi lavori. Osservare Ivo è facile, sia nella vita di tutti i giorni, che all’opera. Ha tutto dell’artista e niente. La pittura è il suo hobby e non intende che sia nient’altro che questo. È genuino, così come lo vedi, parla e dipinge.
“Lascio parlare le mie opere”, afferma spesso. Ed è vero. Nella mostra antologica vista a Brescia, non per niente chiamata “D’IVO” giocando sull’uso dei segni grafici, sono state raccolte opere che appaiono completamente diverse l’una dall’altra, tanto che i più pensavano esponessero più artisti. E questo perché la ricerca pittorica del nostro deriva dal suo Io profondo, non da ricerche di mercato o da necessità di accontentare un committente. Ha prodotto ben oltre le mille opere, tante ne ha vendute, ma non ha mai cercato di apparire diversamente da quello che si sente. Suo merito è anche quello di sapere vivere la materia: il colore l’ha fatto suo, transitando per diverse tecniche, ma ha fatto suoi anche i supporti, tele e non solo; e carta di giornale, vetri, specchi, legni che compongono effetti cromatici o di rilievo tra i sintetici, in tecniche miste che, in realtà, sono creature che vivono di luce propria. Ogni lavoro è vivace, incorniciato o meno: con la cornice ha un dimensione propria, data dall’artista; senza cornice, come nella serie di quadri di ultima produzione, sembra che il lavoro s’involi verso un orizzonte tutto suo.
In questi ultimi lavori sono inseriti ad arte nidi di vespe o calabroni, ma anche la serie dei pesci ha riscosso grande apprezzamento del pubblico. Oppure le piante che avvolgono, abbracciano, vivono accanto all’uomo senza che questo se ne renda conto, e ne determinano il percorso di vita. Oscillanti tra la stilizzazione pittorica e un’originale costruzione scultorea, le opere di Ivo Compagnoni si differenziano da altre produzioni contemporanee per la strutturazione onirica che sta alla base del disegno su tela, quello che poi viene operativamente sviluppato sul quadro finito. Sulla tela, o su ogni altro supporto tecnico, anche per le opere di sintesi scultorea di recente produzione, si nota la traccia precisa di un disegno mentale che travalica il detto e il vissuto, per accaparrarsi di pezzetti di vita fissati sul supporto a mo’ di appunto, ma anche di ritaglio sul quale trovare una giustificazione esistenziale, un percorso a questo nostro contemporaneo incedere.
La recente sperimentazione di realizzazione di opere scultoree, testimonia di un ulteriore passo avanti del nostro, che espone così l’idea di una nuova dimensione, tridimensionale non per uso prospettico sulla tela, ma sfruttando l’origine dei materiali adoperati che forniscono quel quid in più e dietro al quale si è persa la ricerca personale di Ivo recentemente. Attraverso gli anni, passando dal Figurativo puro a un Astrattismo personalizzato tanto da diventare artistico appieno, senza tralasciare tracce di Cubismo, Dadaismo e di Divisionismo, per poi diventare post contemporaneo nell’utilizzo di materiali di riciclo e di recupero, poveri soltanto per il normale intendere, Ivo rimane carico di emozioni e di storie da raccontare, con un sorriso che emerge dal profondo. E infonde nella tela colore, immagini, sguardi. Ivo comprende la realtà, la interpreta e la regala a chi ha la fortuna di vedere le sue opere, ma non c’è giudizio in quello che fa, nessuna volontà di dare lezioni. Non è diventato “maestro”, anche se sa insegnare quanto ha appreso. Perché è negli occhi di chi guarda l’arte, anche se con Ivo la strada è facile da trovare e da percorrere.
Compagnoni non cerca nel suo lavoro artistico di sublimare qualcosa o di conoscere l’inscandagliato inconscio: si esprime per quello che sa e non perde per strada le sue origini, la sua voglia di fare. In un equilibrio proprio ben evidente nell’equilibrio che dà a ogni suo quadro. Lo stesso materiale di scarto che prende per riciclarlo in opere, non è visto come una missione per salvare il pianeta, ma è un approccio vero a tutto l’intorno con il quale si rapporta alla pari. Imparando tanto quanto riesce, anche senza saperlo, a insegnare. Conoscere Ivo Compagnoni attraverso le sue opere è come conoscere un nuovo amico, dal quale capisci subito che non vorresti separarti più. Ecco allora che l’Italia può vantare un nuovo astro nascente dell’Arte.